Il discorso all’inaugurazione dell’anno accademico: «Il soffitto di cristallo non è ancora del tutto infranto. Abbiamo più laureate, ma poche nelle materie scientifiche». La rettrice ha poi ricordato Anelli, il predecessore da poco scomparso
Dal luglio scorso Elena Beccalli è rettrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ateneo che il 17 gennaio ha festeggiato l’apertura dell’Anno accademico 2024/25 alla presenza della ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini. Cresce il numero delle rettrici lombarde, che arrivano a sette: Maria Pierro, eletta a luglio al primo turno di voto, ha iniziato il suo sessennio all’Università dell’Insubria di Varese e Como, affiancandosi alle quattro rettrici milanesi già in carica: Giovanna Iannantuoni a Milano Bicocca, Donatella Sciuto al Politecnico, Beccalli appunto alla Cattolica e Marina Brambilla all’università Statale. Si sono aggiunte Valentina Garavaglia alla Iulm e Anna Gervasoni alla Liuc di Castellanza.
Rettrice, come va inteso questo cambiamento?
«Si tratta di un segnale positivo e per certi versi epocale, ma il cammino da compiere è ancora lungo perché il soffitto di cristallo non è ancora del tutto infranto. Abbiamo più laureate, ma poche nelle materie scientifiche».
Qual è la sua idea di università?
«Un luogo di incontro e confronto libero, per costruire il bene comune e nella ricerca continua della verità intellettuale. Fino a oggi il sistema universitario milanese e lombardo ha beneficiato di una forte attrattività che oggi però è messa in crisi dai costi delle residenze per studenti, un problema che deve essere senz’altro risolto con una sinergia fra pubblico e privato».
Che ruolo hanno oggi gli studenti nel sistema universitario?
«Non sono semplicemente i destinatari ma i protagonisti della nostra missione educativa. E non sono nemmeno “utenti”, ma interlocutori attivi che devono spingerci a fare sempre meglio sia a livello di programmi educativi sia a livello di accoglienza. C’è poi il tema del loro futuro: ritengo che le università debbano preparare le classi dirigenti e le generazioni future consapevoli che diventare professionisti non è il solo fine da indicare come orizzonte nel percorso universitario che include anche empatia e umanità. Dovrebbero essere persone animate dalla speranza di vivere un’esperienza educativa che valorizzi le loro intelligenze multiple, ossia i tre linguaggi della testa, del cuore e delle mani spesso evocati da Papa Francesco. Complessivamente gli iscritti sono 45.441, di cui 13.596 nuovi immatricolati nei corsi di laurea, segnando una crescita sulle magistrali. Sono invece oltre 22 i milioni di euro investiti in borse di studio».
In che cosa consiste il Piano Africa sul quale state puntando con determinazione?
«Si tratta di una struttura e di un sistema di azione che mette il continente africano al centro della ricerca e dei nostri obiettivi di terza missione. Seguendo uno spirito di reciprocità, la Cattolica vuole ampliare i percorsi per la formazione di giovani africani nei loro Paesi o qui in Italia, con l’ambizione di diventare un polo formativo anche per coloro che sono di seconda generazione e che vivono in Europa. La nostra ambizione è diventare l’università con il più rilevante numero di partnership con atenei e istituzioni locali, da Tunisi a Johannesburg. Il nostro Piano Africa può contare su 123 progetti attivi con 40 Paesi africani».
Quanti studenti stranieri sono iscritti all’ateneo?
«I dati più recenti ci dicono che abbiamo avuto un aumento del 18 per cento (provenienti da tutti i continenti, sono oltre 2.000 iscritti) che hanno scelto Cattolica per i loro studi all’estero, mentre sono circa 3.000 quelli che stanno frequentando a vario titolo programmi in altri Paesi. Ed è molto estesa anche la rete di partner a livello internazionale, con 600 università in 82 nazioni che collaborano con il nostro ateneo. Voglio ricordare che questo significa opportunità non solo di studio ma soprattutto di ricerca, cogliendo le migliori chance in giro per il mondo».
Come si è arricchita l’offerta formativa negli ultimi anni?
«Attualmente i corsi di laurea sono 107, di cui 57 magistrali e 29 condotti in lingua inglese, un altro segnale della nostra spinta verso l’internazionalizzazione».
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