Il frantoio che vuole riportare l’olivicoltura in Friuli Venezia Giulia. Anche grazie al riscaldamento globale



Quando pensi al Friuli Venezia Giulia l’albero di ulivo non è probabilmente la prima specie arborea che viene in mente se non per le contrade collinari del litorale triestino, ma la tradizione dell’olivicoltura ha radici antiche. Nella Venezia Giulia si presume si producesse olio già in epoca romana, come se ne deduce dal ritrovamento di un frantoio di quell’epoca a San Dorligo della Valle, e le anfore olearie dell’Aquileiese fanno dedurre che anche in altre aree si commercializzasse olio in gran parte proveniente dalla penisola istriana.
In epoca medioevale, in particolare nei pressi dell’Abbazia di Rosazzo, si è continuato a produrre olio perpetrando le pratiche agricole romane e c’è chi riconduce il toponimo Oleis, borgo risalente al 1084 non lontano dall’abbazia e frazione di Manzano, al latino olea (ulivo) che nel friulano medievale prende forma in “Uelis”. La produzione è continuata a fasi alterne ma causa della gelata del ’29 e la moria della maggior parte delle piante l’olivicoltura regionale in alcune zone è scomparsa quasi totalmente.

A partire dagli anni ’90 l’ERSA (Agenzia Regionale per lo Sviluppo Rurale) ha iniziato a regalare piante di ulivo facendo sì che l’olivicoltura riprendesse forza, ma l’andamento della produzione è stato altalenante anche a causa di alcune gelate e alcuni periodi di siccità invernale e primaverile.

foto: Consorzio Olio FVG

Supportato dai finanziamenti dalla regione è nato da poco più di un anno il Consorzio Produttori Olio Extravergine di oliva del Friuli Venezia Giulia che attualmente vede la partecipazione di 32 aziende (con alte aspettativa di crescita) e produce a proprio marchio un olio che punta all’eccellenza anche grazie ad un frantoio ultramoderno 4.0. Intervistiamo Bruno Della Vedova, presidente del Consorzio, oltre che dell’Unione Geotermica Italiana (nonché ex docente di geofisica applicata all’Università di Trieste ora in pensione), che ci racconta com’è nato e i suoi obiettivi.

Bruno Della Vedova – Presidente del Consorzio Oli FVG

Dalla geotermia all’olivicoltura. Com’è iniziata quest’avventura?

Avevo un piccolo uliveto (grazie agli ulivi donati dall’ERSA) da cui dal 2002 producevo olio per uso familiare e anno dopo anno mi ero appassionato alla ricerca della qualità. Facevo parte dell’Associazione dei produttori di olio extravergine di oliva della zona collinare della Regione FVG (ASPROEVO) e molti di noi ritenevamo i piccoli frantoi disponibili e i servizi annessi non sufficienti nell’ottica di crescita del settore. Sentivamo l’esigenza di un centro di trasformazione per produzione di olio evo di eccellenza, così come ASPROEVO ci siamo presentati in regione dove esisteva un bando per il finanziamento per la filiera agroalimentare e per il sostegno alle imprese post COVID destinato a società consortili.
A seguito da indagini di mercato per la fattibilità siamo riusciti a presentare un progetto con tutti i crismi nel giugno 2022. Dopo la vincita del bando, a gennaio 2023 abbiamo ricevuto il primo 50% dei finanziamenti con cui abbiamo acquistato e riqualificato per il frantoio un edificio nella zona industriale di Martignacco, alle porte di Udine, una collocazione baricentrica per la regione, pensata per la fruizione di aziende olearie anche dell’aerea triestina dove esiste una DOP (Tergeste) che però stenta a camminare. L’obiettivo era creare il frantoio più tecnologicamente avanzato di tutto il Nord-est.

Che frantoio avete scelto?

Arrivati altri contributi entro settembre 2023 abbiamo acquistato l’impianto Mori-TEM Cultivar 1000, scelto dopo una valutazione oculata della concorrenza perché garantisce tecnologie di monitoraggio avanzate con regolazione delle temperature e velocità di frangitura nonché produzione automatizzata di livello 4.0. Dotato di tre gramole verticali da 500kg cadauna e un decanter DMT 12, è in grado di lavorare 10-12 q l’ora. Il sistema è in rete e interconnesso con il SIAN (Sistema Informativo Agricolo Nazionale) grazie al software gestionale Extravirgin (dell’azienda pugliese Nextfuture) che consente la tracciabilità completa dall’albero alla bottiglia.

L’impianto Mori-TEM Cultivar 1000 con tre gramole verticali

Piantare ulivi in Friuli Venezia Giulia, un ambiente non tipicamente mediterraneo, ha un senso?

Il cambiamento climatico accelera la migrazione delle culture mediterranee verso e oltre le Alpi. Stanno iniziando a piantare olivi anche nei dintorni di Vienna, oltre che in Francia continentale. Le olive friulane sono più ricche d’acqua rispetto alle controparti meridionali, vivendo in un contesto caratterizzato da latitudini estremi e clima a volte avverso, ma se raccolte al momento giusto prima di raggiungere la completa maturazione riescono a dare un olio di grande raffinatezza organolettica, con note importanti di amaro e piccante.

Che servizi offrite ai vostri soci?

Noi facciamo da riferimento per tutta la filiera, assistenza tecnica, formazione e ci occupiamo della vendita dell’olio consortile. Il socio che aderisce al consorzio può produrre il proprio olio nel nostro frantoio (anche con certificazione bio) con la propria etichetta scegliendo i propri parametri di spremitura in base alle qualità organolettiche che vuole ottenere.

Il decanter che separa olio, acqua e sansa

Il vostro frantoio è aperto anche ad aziende non associate?

Sì, sono un centinaio le aziende conferenti, delle quali una ventina provenienti da fuori la provincia di Udine, per circa 1000 quintali di olive. Abbiamo subito iniziato a frangere dimostrando dopo due stagioni di molitura che si può fare un passo avanti verso l’eccellenza anche grazie al nostro frantoio e ai nostri rigorosi standard di lavorazione. Una riprova l’abbiamo avuto con l’azienda Luciano Breda di Susegana (TV) che con la stessa partita di olive ha utilizzato tre frantoi diversi ottenendo dal nostro la migliore qualità, riconosciuta da diversi premi per il suo Riva Jacur (tra cui le Tre Foglie nella guida Oli d’Italia 2024 per il monocultivar Frantoio).

Conservazione dell’olio sotto azoto per evitare l’ossidazione

Com’è il vostro olio consortile?

Ci proponiamo di produrre un olio di eccellenza secondo stretti protocolli di tracciabilità. I requisiti ai quali poniamo attenzione sono la qualità della materia prima, l’epoca di raccolta, la frangitura calibrata e accurata, il filtraggio in linea e lo stoccaggio con atmosfera di Azoto. Quello attuale è un blend con prevalenza di Bianchera e altre cultivar di zona collinare (come Maurino, Pendolino, Frantoio, Leccino  e Leccio del Corno).

Avete in programma una certificazione?

A fianco della  DOP Tergeste che dal 2005 tutela l’olio extravergine di oliva prodotto sul territorio giuliano, noi stiamo cercando di ottenere una certificazione IGP per la quale sono in definizione l’areale e i criteri, ma sicuramente avrà al suo interno varietà autoctone, fra le quali la principale è Bianchera. L’etichetta del Consorzio è il marchio che garantisce la massima autenticità e vorremmo che ogni goccia del nostro olio raccontasse al meglio l’essenza del nostro territorio.

Olio a marchio del Consorzio

Come vi ponete in ottica di sostenibilità?

Abbiamo installato quest’anno dei pannelli fotovoltaici che ci servono a mantenere l’olio in stoccaggio a temperatura controllata. Inoltre tutto il processo di produzione è a scarto zero. Dalla molitura si producono il nocciolino che ha alto potere calorifico ed è utilizzato come biomassa combustibile pellet e la sansa che viene recuperata per il biogas. Collaboriamo anche con l’Università di Udine a cui forniamo materiale di studio nell’ambito del progetto internazionale VALOstones Prima Project, che sperimenta nuovi utilizzi per i noccioli delle olive: si punta a creare delle farine alimentari, farmaci e prodotti per la cosmetica. Per il riutilizzo della sansa invece siamo in contatto con il Prof. Bruno Stefanon, docente di Biotecnologie Animali.

Il nocciolino ottenuto come scarto

Quali sono le vostre prossime iniziative?

La regione ha concesso recentemente nuovi finanziamenti agevolati anti-crisi del comparto agroalimentare (anche a seguito del conflitto russo-ucraino) a sostegno dell’olivicoltura finalizzati a far funzionare la filiera destinate a micro, piccole o medie imprese che sono socie del Consorzio per l’acquisizione di uliveti, impianti di irrigazione e anche macchinari e attrezzature per utilizzo condiviso tra i soci. Come Consorzio stiamo per acquistare una nuova macchina cingolata che permette di raccogliere in continuo su piante fino ai 5 metri tra i 100 e 150 quintali di olive defoliate in giornata, consentendo di portarle in frantoio tempestivamente per la molitura nel momento ottimale di maturazione, abbattendo le spese di raccolta.

E quali sono i vostri obiettivi per il futuro?

Siamo sempre aperti ad accogliere nuovi soci interessati a produrre con noi un olio di nicchia di alta qualità. Vorremmo arrivare in qualche anno ad un centinaio di soci. Il nostro obiettivo è riuscire in alcuni anni a mettere a dimora 60-80 ha di nuovi oliveti con sesti di impianto semi-intensivi (500-550 piante/ha) per produrre in media 60-80 quintali/ha che permetta di avvicinarsi alla sostenibilità economica con un prezzo di vendita del prodotto di circa 30 euro al litro.



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