il Pil 2025 sale dello 0,8%

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Il 2025 per l’Italia si apre all’insegna di una congiuntura economica non semplice, tra prezzi del gas in rialzo, pericolo dazi dagli Usa, inflazione lievemente in rialzo e Pil fiacco. La crescita economica stenta a ritrovare vigore anche nel quarto trimestre del 2024, secondo l’immagine di sintesi del Bollettino economico trimestrale della Banca d’Italia. La debolezza, in linea con gli altri Paesi dell’Eurozona, risente della debolezza della manifattura e dei servizi. I consumi delle famiglie, dopo la ripresa estiva, sono nuovamente diminuiti. La Banca d’Italia conferma quindi le stime sulla crescita diffuse a dicembre: +0,5% il Pil nel 2024, con un prodotto «debole» anche nel quarto trimestre.

La crescita per quest’anno è stimata dall’istituto di via Nazionale allo 0,8%, in accelerazione all’1,1% nel 2026 e in relativa flessione allo 0,9% nel 2027. Stime che però hanno una «incertezza elevata» sia per lo scenario internazionale sia per gli eventuali inasprimenti dei dazi Usa ai quali l’Italia, e in particolare le pmi, sono molto esposti. Debole è l’aggettivo anche che definisce la produzione industriale nel quarto trimestre: il calo progressivo va avanti da 22 mesi.

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LE PREOCCUPAZIONI
Banca d’Italia sottolinea però che si stanno abbassando i costi di mutui e prestiti per famiglie e imprese, visti i tagli dei tassi da parte dalla Banca centrale europea. Tra agosto e novembre, secondo i tecnici di Via Nazionale, «si sono ridotti i tassi sia sui nuovi prestiti bancari (dal 5,1% al 4,5%), rispecchiando il calo del tasso di riferimento privo di rischio, sia su quelli già in essere, per via dell’ampia quota di operazioni a tasso variabile». Anche il costo medio dei nuovi mutui alle famiglie per l’acquisto di abitazioni è sceso (dal 3,6% al 3,2%), come quello del credito al consumo (all’8,5%). La domanda di prestiti, tuttavia, resta debole da parte delle imprese, mentre per le famiglie si registra una lieve accelerazione dei mutui per la casa. In linea con questa analisi anche il Fondo monetario internazionale, che lima leggermente al ribasso la crescita del Paese quest’anno, riducendola allo 0,7%, ovvero 0,1 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni precedenti.

Per il 2026 il Fmi alza invece la sua stima di 0,2 punti percentuali, per un aumento complessivo dello 0,9%. Nelle sue nuove previsioni economiche, comunque, l’istituto di Washington rivede al ribasso le previsioni di crescita per il 2025 e il 2026 anche di Germania e Francia. La locomotiva tedesca è attesa crescere quest’anno dello 0,3% (-0,5%) e il prossimo dell’1,1% (-0,3%). Il Pil francese segnerà un aumento dello 0,8% nel 2025 (-0,3%) e un rialzo dell’1,1% nel 2026 (-0,2%).

Confindustria, nel frattempo, sottolinea che in Italia i prezzi del gas in aumento «pesano sull’inflazione e i costi delle imprese mentre salgono i timori di dazi che inciderebbero sull’export, già debole». È quanto scrive il centro studi dell’associazione degli industriali nella congiuntura flash, secondo cui «nel quarto trimestre 2024, la dinamica del Pil è stata fiacca, tra crescita modesta dei servizi e industria ancora in affanno», anche se ora si vedono «timide luci». In calo anche gli investimenti.

I COSTI
Confcommercio, invece, vede segnali di miglioramento negli ultimi due mesi dello scorso anno, sia per i consumi che per il Pil. Per quanto inseriti in uno scenario ancora incerto e contraddittorio, infatti, l’associazione del mondo del commercio valuta positivamente gli indizi di crescita rispetto a quelli di riduzione dell’attività economica. L’indicatore dei consumi di Confcommercio sarebbe infatti in aumento sia a novembre sia a dicembre (+0,2% per entrambe le variazioni mensili). Mentre il Pil, dopo un’accelerazione a ottobre, risulta in crescita rallentata a novembre (+0,1% congiunturale) e stazionario a dicembre e a gennaio.

Nel frattempo Eurostat, nella nuova stima sull’inflazione, conferma che l’indice dei prezzi è salito nell’Eurozona al 2,4% a dicembre, dal 2,2% di novembre (in tutta l’Ue è salita dal 2,5% al 2,7%). L’Italia rimane comunque tra i Paesi con l’inflazione più bassa (+1,4%, dopo gli aumenti record del biennio 2022-2023). Indice di aumento dei prezzi basso anche in Irlanda (+1%) e Lussemburgo, Finlandia e Svezia (tutti a +1,6%). L’inflazione più alta si registra invece in Romania (+5,5%) e Ungheria (+4,8%).

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