Ho vissuto in prima persona il dibattito sul tema dei programmi della scuola italiana all’inizio degli anni 2000. Le due tifoserie in campo vedevano, da una parte, chi difendeva “le conoscenze” e, dall’altra, chi puntava sulle “competenze”. Come se fosse possibile essere competenti, in qualsiasi ambito, senza avere le conoscenze necessarie per esserlo. Leggere Dante o Topolino non è indifferente, ed è un diritto fondamentale delle nuove generazioni non perdere il nostro patrimonio artistico, scientifico, tecnologico, storico e culturale. Ma si può anche insegnare Dante ottenendo, come unico risultato, quello di farlo odiare.
Penso che il ministro Valditara, quando parla della necessità di dare spazio alla letteratura fin dalla prima elementare, si riferisca alla necessità di mettere in contatto i più piccoli con quei testi che stupiscono e fanno innamorare, quelli nei quali le parole sono delle perle che sbalordiscono. Penso alle favole di Gianni Rodari, a quelle di Italo Calvino o ai racconti di Narnia scritti da Lewis. Non certo a quei testi “spezzettati” accompagnati da domande a risposte chiuse che si trovano in molti sussidiari delle elementari e che tolgono qualsiasi voglia di leggere, immedesimarsi e capire.
Credo che il ministro voglia intervenire su questo stesso problema quando parla di “narrazione” a proposito della storia. In fondo, chi può entusiasmarsi per un schema? Entrare dentro la storia attraverso il racconto è decisivo. Nessuno avrebbe mai pensato che uno storico come Alessandro Barbero potesse diventare una star, seguita anche dai più giovani. La sua chiave? Un racconto che rende vivo, interessante e pertinente il passato.
Negli ultimi dieci anni si sono affrontate altre due tifoserie che hanno interessato la scuola: da un lato quelli che la vedono lassista, poco rigorosa; dall’altro chi la reputa incapace di appassionare e di entrare in relazione con gli alunni. Anche qui occorre essere onesti. Solo appassionando e lasciando lo spazio agli studenti per essere protagonisti dell’ora di lezione è possibile chiedere rigore, studio e lavoro.
Appena due giorni fa ho avuto un colloquio con un ragazzo di terza liceo che voleva ritirarsi da scuola per presentarsi da privatista alla fine dell’anno, nonostante il buon profitto in tutte le discipline. Il motivo? «Nelle ore di lezione non si possono fare domande. A questo punto, preferisco studiare da solo sui libri, tanto i professori ripetono quello che c’è scritto lì». Ci possono essere mille motivi per cui quel ragazzo è arrivato a un giudizio così perentorio ma, sicuramente, rivela una difficoltà che mette in luce un punto importante nel fare scuola: la strada attraverso la quale ci si mette in relazione con i propri allievi è decisiva. Perché mettere in contrapposizione delle cose giuste? È indispensabile sapere la matematica per insegnarla, ma occorre anche possedere il metodo per essere capaci di farlo e avere quell’apertura e quella stima nei confronti dei propri alunni che permette di costruire, insieme, un percorso di conoscenza e di crescita.
Venendo poi agli altri temi posti. Chi può obiettare sul fatto che l’arte e la musica siano essenziali per maturare uno sguardo profondo e creativo sul mondo? Chi può contestare l’importanza dello studio della lingua italiana e la necessità di insegnare a scrivere? Chi può negare che imparare il latino voglia dire andare alle radici della lingua italiana e del significato delle parole?
Quando Luca Serianni ha redatto le indicazioni di italiano per i Licei nel 2012 , aveva ben in mente la necessita di indicare autori e testi fondamentali della nostra tradizione, aveva chiaro che la grammatica è uno strumento essenziale per acquisire la padronanza della nostra lingua e sapeva bene che uno degli obiettivi fondamentali dell’insegnamento è introdurre gli alunni al gusto della lettura. Sono certa che una revisione intelligente delle indicazioni non potrà che confermare tutto questo.
Di sicuro chi se ne sta occupando starà prendendo in considerazione anche i quadri di riferimento delle prove Invalsi. In quei preziosi documenti la capacita di lettura e di comprensione di un testo, la competenza lessicale, grammaticale e argomentativa sono indicate anno per anno, dalla prima elementare alla quinta superiore. Non sono indicazioni esaustive ma fanno capire come, su alcune dimensioni, si possano raggiungere livelli ben diversi. La scuola italiana ha delle eccellenze, ma ci sono ancora tanti divari. Sono importanti gli indirizzi che vengono forniti nei documenti ministeriali, ma è fondamentale chi poi li interpreta all’interno del lavoro in classe. Per questo la figura del docente è decisiva.
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