«Non siamo in vendita. Sono le risorse minerarie il vero obiettivo di Trump»

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La titolare del dicastero dell’Economia: «La retorica del presidente eletto è inaccettabile. Per quanto riguarda i nostri minerali, siamo disposti a rinnovare l’accordo con gli Stati Uniti. L’invasione? Il discorso del tycoon era soprattutto rivolto agli americani»

Premette che la retorica usata da Donald Trump è «inaccettabile», assicura che la Groenlandia non è in vendita. Poi dedica buona parte dell’intervista a rassicurare il prossimo inquilino della Casa Bianca, sia sul fronte militare che su quello economico. Naaja Nathanielsen, 49 anni, al momento è forse la ministra più importante del governo di Nuuk: ha la delega alle risorse minerarie, vero tesoro dell’isola ora che il mondo è a caccia delle materie prime necessarie per la transizione energetica e per quella digitale. Nathanielsen fa parte del partito di sinistra Inuit Ataqatigiit, ambientalista e favorevole all’indipendenza totale dalla Danimarca.

Ministra Nathanielsen, il presidente eletto Trump non ha escluso l’uso della forza militare per ottenere il controllo della Groenlandia. Cosa ne pensa?

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Che questa retorica che ha caratterizzato le ultime due settimane è inaccettabile. Voglio che sia chiaro: la Groenlandia non è qualcosa che si può comprare o vendere. Detto questo, se proviamo a capire ciò che il presidente entrante ha voluto comunicare, due sono i punti da sottolineare. Uno riguarda la sicurezza nazionale: la Groenlandia riconosce pienamente di fare parte della sfera di interessi degli Stati Uniti; abbiamo anche una base militare americana qui. Quindi questa esigenza la comprendiamo e siamo d’accordo. L’altro punto riguarda il nostro settore minerario.

Infatti Trump ha detto che gli Usa hanno bisogno della Groenlandia per questioni di «sicurezza economica».

Noi abbiamo già un accordo con il dipartimento di Stato per il settore minerario, formulato durante la prima amministrazione Trump, e da tempo stiamo cercando di convincere gli americani a rinnovarlo. Con l’amministrazione Biden non ce l’abbiamo fatta. Dato quello che ha detto Trump, mi aspetto che lui sia interessato a rinnovare.

Di che accordo si tratta?

Comprende diversi progetti. Ad esempio, ne abbiamo avviato uno per mappare il sottosuolo, perché in realtà solo una piccola parte è mappata. Gli Usa ci hanno aiutato in questo e anche nell’analisi dei vari processi minerari. Inoltre il dipartimento di Stato ha finanziato una campagna di marketing, diretta dalla Groenlandia, per promuovere le possibilità nel settore in diverse città del nostro paese. Quindi abbiamo avuto una buona collaborazione iniziale, tant’è che vorremmo rinnovare l’accordo.

Trump ha detto però che non esclude di invadervi.

Non voglio rispondere su questa ipotesi, preferisco fare politica e ascoltare i segnali inviati. Credo che Trump sia interessato ai nostri minerali e ad assicurarsi che la domanda degli Usa venga soddisfatta. Sia l’Ue che gli Usa hanno problemi a soddisfare la domanda di minerali.

Crede che il vero obiettivo di Trump sia quello di ottenere più concessioni minerarie per aziende americane?

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Siamo assolutamente aperti agli investitori americani e abbiamo cercato di attrarli per molti anni. Al momento però c’è solo una concessione americana attiva. Per fare un paragone, ne abbiamo 23 del Canada, 23 del Regno Unito, credo 10 della Danimarca e poi anche di altri paesi. Ciò che voglio dire è che finora gli Usa non hanno mostrato grande interesse concreto, anche se le possibilità ci sono. Dalla prospettiva americana, se vuoi essere più coinvolto nel settore minerario della Groenlandia, puoi iniziare a impegnarti.

Quindi pensa che il discorso di Trump fosse più rivolto ai suoi elettori che alla Groenlandia o ad altri Paesi?

Sì, penso fosse rivolto agli americani.

Il suo partito è a favore dell’indipendenza totale dalla Danimarca. Quando si terrà il referendum?

Troppo presto per dirlo. Ora stiamo cercando di capire cosa vorrebbe dire concretamente indipendenza, dal punto di vista economico, legale, della sicurezza nazionale, dei partner internazionali. Non ci sono risposte facili e siamo solo all’inizio.

Ma il referendum ci sarà?

Sicuramente.

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La Danimarca contribuisce a due terzi delle entrate pubbliche della Groenlandia. Se doveste ottenere l’indipendenza, come compensereste la mancanza di questi fondi?

Stiamo lavorando per diversificare la nostra economia. Il settore minerario è uno di quelli che ci possono aiutare. Non siamo ancora un paese minerario, abbiamo solo una miniera in funzione, infatti stiamo lavorando per attrarre investitori. Poi c’è la pesca, che continuerà a essere importante per molti anni, c’è il turismo che si sta sviluppando bene, c’è l’energia idroelettrica. Sono tutte risorse utili per garantire più benessere alla nostra popolazione e, in futuro, anche l’indipendenza.

Esclude che il vostro governo possa accettare un’offerta economica dagli Usa per sostituire i finanziamenti della Danimarca?

Penso che il nostro premier abbia risposto bene su questo punto: non siamo in vendita, ma siamo aperti agli affari. Nell’ipotesi in cui l’America offrisse denaro alla Groenlandia, bisognerebbe prima capire a quali condizioni.

Preferirebbe che il vostro principale partner commerciale fossero gli Usa, la Cina o l’Ue?

Finché vengono rispettate le nostre leggi per investire nel paese, non vedo perché dovremmo limitarci a un solo partner commerciale. La nostra politica estera prevede di sviluppare relazioni soprattutto con paesi che la pensano come noi, che sono in gran parte già nostri alleati. In questo si possono leggere molte cose. Ad esempio, pur non facendo parte dell’Ue abbiamo applicato le sanzioni alla Russia. Al contempo è anche giusto ricordare che siamo la Groenlandia, non l’Italia o il Regno Unito, e dobbiamo prendere decisioni basate sulla nostra realtà. È come se il mondo fosse una grande aula scolastica: noi dobbiamo andare d’accordo con tutti.

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