si può (e si deve evitare) il rischio marginalità

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Conto e carta

difficile da pignorare

 




Un murale per Ramy, morto al Corvetto durante un inseguimento dei carabinieri – Fotogramma

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

Un brivido sta facendo fibrillare le cronache e inquieta l’opinione pubblica in questo inizio del 2025: stanno formandosi anche in Italia delle banlieues abitate da una popolazione di giovani di origine immigrata emarginati e ribelli? Dal caso Ramy alla cosiddetta “gang dei Navigli” sale l’allarme per furti, scippi, risse, atti di vandalismo. Si sta imponendo persino un neologismo, non esattamente benevolo, per etichettare i nuovi protagonisti negativi delle notti metropolitane: i “maranza”.

Il punto da cui partire è che un patto d’integrazione subalterna è stato sostanzialmente accettato dai genitori immigrati, ma va stretto a molti dei loro figli. I genitori hanno sopportato un inserimento lavorativo nei livelli più bassi del mercato del lavoro (2,4 milioni di occupati regolari), come addetti – quasi sempre – a lavori manuali con scarse opportunità di avanzamento. I figli invece, cresciuti in Italia, tendono ad assumere i gusti e le aspirazioni dei loro coetanei di origine italiana. Serpeggia fra loro non una mancanza d’integrazione ma un’integrazione illusoria: molto avanzata negli stili di vita e di consumo, ma non sostenuta da risorse adeguate. A livello urbano, confinati nei quartieri poveri, in abitazioni anguste e di bassa qualità, vedono le vetrine scintillanti del centro città come una fiera dei desideri che difficilmente potranno realizzare.

Milano è l’esempio paradigmatico di città disuguale: è la città italiana con le più marcate differenze di reddito tra quartieri benestanti e quartieri marginali.

Qualche dato relativo alla scuola può illustrare la portata del problema. Dei 915.000 ragazzi con cittadinanza non italiana (2022-2023) quasi i due terzi sono nati qui (65,4%). Questo fatto ha migliorato i risultati scolastici, ma persistono seri problemi. Nella secondaria di secondo grado gli studenti “stranieri” in ritardo sono il 48,0%, contro il 16,0% per gli “italiani”. Fino a 16 anni rimangono a scuola (94%), ma poi crescono gli abbandoni. Nell’ultimo biennio scendono al 74,8%, contro 81,6% per gli studenti “italiani”.

I maschi incontrano maggiori difficoltà: a 18 anni, il 59% è in ritardo scolastico, contro il 47,4% per le ragazze. Ne discende un preoccupante fenomeno: nel 2021-2022, gli “Elet” (Early Leaving from Education and Training, i ragazzi che abbandonano precocemente i percorsi scolastici e non si inseriscono nel lavoro) tra i giovani non italiani sono più di uno su tre: 35,4%, a fronte di una media nazionale del 13,1%, ed è il tasso il più alto in Europa.

Da ultimo, persiste, pur calando, una canalizzazione nei rami meno prestigiosi dell’istruzione superiore: mentre tra gli studenti “italiani” uno su due frequenta un liceo, tra gli studenti “stranieri” il dato si colloca poco sopra il 30%, pur raggiungendo il 36,6% per i nati in Italia, il 43,2% per le ragazze, il 49,1% per le ragazze nate in Italia. I successi educativi non mancano: 28.300 hanno ottenuto il diploma di maturità nel 2021/2022, e il 38,5% è passato all’università. Si tratta però del 5% circa del totale dei diplomati, e il tasso di prosecuzione degli studi è decisamente inferiore a quello degli studenti “italiani”, che supera il 50%.

Possiamo chiederci quali siano le possibili traiettorie di uscita dalla condizione di marginalità sociale in cui questi giovani rischiano di rimanere intrappolati. C’è il rischio che una frangia sperimenti una stentata sopravvivenza, tra lavori precari, devianza predatoria, ribellismo senza sbocchi.

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C’è l’alternativa dell’investimento educativo, con i dati che abbiamo ricordato. Ma va notato che circa il 20% degli italiani espatriati negli ultimi due anni sono naturalizzati: ex immigrati che cercano miglior fortuna all’estero grazie al passaporto italiano. Significa che qui non hanno trovato ciò che cercavano. Il governo sta preparando un nuovo pacchetto sicurezza, anche per rispondere al presunto rischio banlieues. Sia permesso di sognare, per rispondere davvero alla sfida che abbiamo davanti, di vedere prima o poi un serio dibattito su un ambizioso pacchetto integrazione.





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