Non chiamatelo Zar: «Con tutto quello che è successo negli ultimi anni in Ucraina, non è bello…». Molto meglio Re Pietro: «Anche perché me l’hanno dato molti anni prima e ci sono affezionato». Il capocannoniere della Serie B, con lo stesso numero di gol (10) del cesenate Cristian Shpendi, indossa la maglia numero 9 e la fascia di capitano del Catanzaro che, oggi pomeriggio, ospita al Ceravolo il Pisa. La squadra di Pippo Inzaghi sembra essere l’unica in grado di tenere il passo del favoritissimo Sassuolo, il club con il quale Pietro Iemmello esordì in Serie A, togliendosi la soddisfazione di abbattere l’Inter a San Siro con una doppietta: «Rimpianti? No. Sicuramente potevo fare qualcosa di meglio per restarci qualche anni in più, ma non è un rimpianto, bensì uno stimolo per provare a tornarci». Magari con il Catanzaro, la squadra della sua città.
L’anno scorso ci siete andati vicini, ci riproverete anche questa primavera?
«Quest’anno l’importante è mantenere la categoria come lo era, del resto, l’anno scorso. Poi, però, ci siamo trovati a un certo punto che eravamo costantemente in zona playoff e abbiamo iniziato a pensare in grande. Una cosa che non dobbiamo fare quest’anno, perché la classifica è corta».
E rimanere in B è fondamentale per il progetto del presidente Noto.
«Da quando ha preso in mano il club dopo un fallimento e alcune stagioni alternanti ha dato una certa stabilità, creando una società che, oggi, per gestione è un fiore all’occhiello».
Le manca solo la A per raggiungere Massimo Palanca.
«Sì, sicuramente è una cosa che potrebbe avvicinarmi ancora di più a lui. Sinceramente, però, non ci penso: è un sogno che poi, chissà, potrebbe anche… Me lo ricordo Palanca, è stato un idolo d’infanzia perché da ragazzini si ricordava il Catanzaro della Serie A e, quindi, lui».
Giallorosso a vita?
«Non so quando smetterò, ma il mio obiettivo è quello di finire qui».
Iemmello profeta in patria?
«I fatti dicono di sì, ma non è facile. In tanti non ce l’hanno fatta, però, ad oggi, le statistiche dicono che io ci stia riuscendo».
La passione dei tifosi del Catanzaro, che lei conosce bene, è da A. Spesso giocate in casa anche in trasferta.
«I tifosi del Catanzaro sono davvero emozionanti perché non si fanno sentire solo in casa, ma sono numerosi anche fuori. Per noi è una carica in più e un motivo di orgoglio poterli rappresentare sebbene questo ci dia una responsabilità maggiore perché vogliamo renderli orgogliosi di noi».
Molti di loro non sono “trasfertisti”, ma emigrati. Anche lei lo è stato per qualche anno.
«Sì, anche io sono andato via presto. Sono tornato tre anni e mezzo fa e devo dire che ho trovato una Calabria migliorata sotto tanti punti di vista e, questo, non può che farmi piacere».
Chi è il più forte attaccante della B?
«Ce ne sono tanti, sia esperti che giovani. Non ce n’è uno in particolare. Fare un solo nome, poi, è sempre antipatico».
Glielo faccio io: Pippo Inzaghi.
«Beh, di certo, se ci fosse lui sarebbe stato sicuramente uno dei migliori. È stato un grande campione».
Si aspettava un Pisa così in alto?
«Conoscendo Inzaghi, sì, perché so come lavora e cosa dà la squadra. Il Pisa, poi, è una squadra forte a livello individuale e lui è stato bravo a proseguire il lavoro di Aquilani».
Chi sono gli attaccanti a cui si è ispirato?
«Mi è sempre piaciuto Ronaldo, il Fenomeno. Poi, ce ne sono tanti: Lewandowski, Benzema…».
Un giorno vorrebbe fare l’allenatore. Dai maestri che ha avuto, le sue squadre non potranno che essere offensive.
«Sì, mi piace il calcio offensivo e mi piacerebbe proporlo dalla panchina. De Zerbi e Vivarini sono allenatori simili su certi punti e distanti su altri, ma hanno il pregio di far giocare bene le proprie squadre. Roberto è stato quello che ha innovato e portato questo modo di giocare in Europa».
Per restare ai suoi ordini scappò dal ritiro del Lanciano per forzare il suo ritorno a Foggia.
«La mia intenzione era di tornare, ma loro non volevano e per questo ho forzato un po’ la mano. Sentivo che lì si era aperto un ciclo e, infatti, poi quell’anno feci 37 gol e arrivai al Sassuolo in A. Con Roberto ci sentiamo ancora spesso».
Non era semplice per Caserta prendere in mano la squadra di Vivarini dopo due anni incredibili.
«Assolutamente no. Il mister, però, ha investito su sé stesso con coraggio, partiva con un handicap e hagià ribaltato la situazione. È stato umile, ha lavorato, si è tappato le orecchie e sta dimostrando il suo valore».
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