«Cultura e design, così ho aperto le porte del mondo arabo»

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L’amore per la bellezza e il design, in Cristina Romelli Gervasoni, 52 anni, si sposa con la sua capacità di accogliere spunti dalle culture più disparate, il che la fa sentire come a casa in ogni Paese presente sulla cartina geografica. Nata a Clusone nel 1972, dopo aver frequentato il Liceo linguistico Fermi, si è iscritta alla facoltà di Lingue e letterature straniere, assecondando il suo vivo interesse per tutto ciò che è diverso. Dopo esperienze in Bulgari e Saatchi & Saatchi, da dodici anni vive negli Emirati, a Dubai, dove è consulente per strategie di alto livello per il posizionamento di alcuni Paesi. «Lo faccio soprattutto attraverso la cultura, e mi occupo anche di start-up, anche nel lato di consulenza – spiega Cristina –. Ho un mio team, ma spesso mi trovo a formarne altri a cui lasciare in gestione i progetti. Cerco di mantenere il rapporto con l’Italia e anche con le aziende italiane che vogliono aprirsi al mondo mediorientale».

Da 12 anni negli Emirati

Durante gli anni universitari, che ricorda con felicità – «è stata una grande gioia e devo dire che la parte umanistica è quella che oggi, soprattutto per chi lavora all’estero, dà veramente quell’impronta in più dell’Italia» –, vive un’esperienza di Erasmus in Francia. «Da lì – racconta – ho sempre viaggiato lavorando: ho lavorato a Roma per tanti anni, sono stata in Francia e in Inghilterra. E adesso sono negli Emirati da 12 anni. Ci sono arrivata un po’ per caso, poi sono stata reclutata dal governo e da una società partecipata, “Art Dubai”, che hanno fatto affidamento sulle mie competenze per organizzare la prima fiera del Design di Dubai».

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La fiera del Design a Dubai

Inizialmente intesa come «piccolo salone del mobile», la Downtown Design, ancora oggi è la fiera d’ambito leader in Medio Oriente, oltre che catalizzatore per la crescita della scena creativa della regione.

Lanciata nel 2013, quando si tenne tra il 29 ottobre e il 1° novembre nei pressi del Burj Khalifa, è ancora il cuore pulsante del mondo del design nella regione ed è capace di attrarre sia brand affermati nel panorama internazionale che nomi emergenti degni di nota. «Nell’ambito della Downtown Design – racconta Cristina – mi sono occupata di tutta la strategia di posizionamento necessaria. L’ho condotta per due anni: l’obiettivo era poi farla diventare una design week, che oggi è la design week del Medio Oriente. Come concept è nata perché il governo a suo tempo aveva un’esigenza importante, una necessità di posizionamento per Dubai. Infatti, la fiera sarebbe stata l’ultimo evento pubblico prima della candidatura a Expo di Dubai. Dall’altra parte – spiega ancora Cristina –, si voleva portare qualità in una città che era stata costruita così rapidamente. L’intento del governo era proprio quello di portare qualcosa di qualitativamente molto alto e coinvolgere i più grossi costruttori locali».

Nell’organizzazione e nella gestione di quest’importante evento le è tornata utile la sua passione per il design e la bellezza in generale. «Mi ha aiutata molto la conoscenza del design, che è un po’ la mia passione. Penso che come italiani, quando andiamo all’estero, ci rendiamo conto che il design, il fashion e il food fanno veramente parte della bellezza della nostra vita di ogni giorno e quindi è bello portare anche quella parte di Italia in maniera più completa».

Il sito archeologico di Al-Ula

Uno dei lavori più recenti – che ancora sta seguendo – la porta invece in Arabia Saudita, dove dal 2019 Cristina collabora con la Royal Commission for Al-Ula, una commissione saudita istituita nel 2017 per la salvaguardia e lo sviluppo del sito archeologico di Al-Ula, risalente a circa 2.000 anni fa, nel nord-ovest dell’Arabia Saudita. «In questo caso, il mio compito era quello di favorire il posizionamento dell’Arabia Saudita da un punto di vista culturale, organizzando anche alcune mostre. Sempre in riferimento all’Arabia Saudita, due anni fa ho collaborato con il ministero della Cultura nella realizzazione del Padiglione Saudita alla Biennale di Venezia e ho seguito anche il progetto della prima Biennale islamica».

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Dal 2015 al 2018, la bergamasca è stata anche Ceo per il Medio Oriente, l’Africa e la Turchia di «La Perla». Risale invece all’ottobre del 2023 uno dei progetti che l’ha resa più celebre. Questa volta non Medio Oriente, ma Africa, precisamente Ruanda, a Kigali. «Un Paese che mi ha colpito molto, perché dopo il 1994 ha abbracciato il perdono per superare il dramma del genocidio e quindi per vivere il loro presente e futuro. Allora abbiamo ideato un progetto culturale, sulla scia di quelli fatti negli anni precedenti, ma a livello più filantropico».

Si chiama «Interlude Ruanda» e ha l’obiettivo di «riconnettere la memoria attraverso l’arte, il design, l’architettura». «Abbiamo ristrutturato due musei – dice Cristina –, commissionato più di cento opere d’arte ad artisti locali e creato il primo itinerario culturale in mezzo al Lake Ruhondo. Nonostante budget molto limitati, abbiamo avuto un ottimo riscontro anche dalla stampa».

«È un progetto prettamente culturale, una sorta di rinascita del Ruanda dopo il genocidio attraverso la cultura. L’idea del progetto è nato perché sono rimasta veramente colpita dai suoi abitanti: ogni persona parla di speranza e futuro. Una bellissima lezione che forse il mondo dovrebbe conoscere. Sino a ora le persone andavano in Ruanda un giorno a vedere i gorilla, questo è il primo itinerario culturale che rende possibile un rilancio del Paese» spiega.

«Mondo arabo da scoprire»

«È giusto spezzare una lancia a favore di questi Paesi, che molto spesso vengono visti solo per i loro eccessi. Sono Paesi che hanno un modo di lavorare diverso, sembra di lavorare a un sogno. Dubai è un paese che apre le porte, dispiace vedere come ancora la stampa quando ne parla sia particolarmente superficiale. Sono arrivata a Dubai 12 anni fa e mi sono state offerte possibilità che in Italia non avrei mai avuto. E nelle posizioni chiave ci sono delle donne: Expo era guidata da una signora di 34 anni di Dubai».

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In un futuro, Cristina si vede tornare in Italia, magari a Bergamo. Chissà, forse con qualche tappa intermedia: «La fortuna è che sono abituata a lavorare senza confini e senza barriere».

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