Il giallo del suicidio di Katia. Quelle nove chiamate avvolte nel mistero

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Quella mattina del 12 novembre Katia Palagi ha ricevuto nove telefonate sul suo cellulare, tutte partite dallo stesso numero. E quello stesso giorno Katia ha scritto l’ultimo biglietto per la sua famiglia, lasciato sul sedile dell’auto, e poi si è lasciata cadere giù dal viadotto della Bretella a Bozzano. Drammatico epilogo di una storia cominciata due anni prima, nel maggio 2022, quando la donna – che lavorava come segretaria in una scuola di Massarosa – decise di investire i suoi risparmi in criptovalute e col trading on line. Sognava un futuro spensierato con il marito, “forse sperava che potessi lasciare il mio lavoro, così avremmo potuto trascorrere più tempo insieme” ha raccontato Giacinto, il compagno di una vita, ai microfoni di “Chi l’ha visto?“. Ma di quei soldi investiti Katia ha perso ogni traccia, e nel tentativo di recuperarli si è rivolta ad una società che le garantiva di poter recuperare il denaro. Ed è finita invece nel vortice di un raggiro che le ha portato via tutto. Anche la serenità. Per questo, per la morte di Katia Palagi, la Procura di Lucca ha aperto adesso un fascicolo e l’accusa, a carico di ignoti, è per truffa ed istigazione al suicidio.

Viareggio, 19 gennaio 2025 – Chi ha chiamato per nove volte Katia Palagi quell’ultimo giorno? E che cosa le ha detto? Il timore manifestato dalla sorella, Marisa, è che quel giorno di metà novembre, lo stesso giorno in cui Katia si è lanciata nel vuoto, possa avere subito “forti pressioni psicologiche”. E forse “anche delle minacce”. Arrivate al culmine di una persecuzione durata due anni.

Marisa, lei sapeva delle difficoltà che sua sorella stava attraversando.

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“Eravamo a cena in un ristorante quando, a maggio nel 2022, mi raccontò di aver investito dei risparmi, con buoni risultati. Così, almeno, le dicevano. E non mi ha nascosto niente neppure dopo, quando la situazione ha cominciato a prendere una piega sbagliata. Quando è stata costretta a prendere un finanziamento per poter riscattare i soldi investiti, e quando ha sporto la prima denuncia alla Guardia di Finanza di Viareggio perché aveva capito di aver perso tutto. E vedendo che niente si muoveva si è affidata infine ad una società che opera sul mercato finanziario, che aveva trovato su internet. Così ha preso contatto con un sedicente consulente, poi con un presunto avvocato, che le hanno garantito di poter recuperare il denaro. Ma non è andata così”.

E Katia, per ciò che le stava accadendo, ha mai dato segnali di esasperazione tali da far ipotizzare un gesto estremo?

“Io ho avuto timore che potesse succedere, perché quando ha subito la seconda truffa era affranta. Allora la feci venire a casa mia, e parlammo a lungo. Le dissi “Katia, dimmi che non farai cavolate“. Le dissi che i soldi non valgono una vita, che comunque aveva un impiego solido, che anche suo marito aveva un lavoro sicuro. E poi che avrebbe sempre potuto contare su di noi. Su di me, su nostra madre. E Katia mi tranquillizzò. Ricordo ancora le sue parole”.

Cosa le disse?

“Mi disse che sapeva quanto aveva sofferto nostra madre, e quanto anch’io avessi sofferto, quando morì nostro padre. E mi assicurò che mai, e poi mai, avrebbe, potuto darci un dolore così grande”.

Parole importanti…

“Sì, e quelle parole mi tranquillizzarono. Anche l’estate è passata serena. Chiunque abbia frequentato Katia in quel periodo la ricorda quella di sempre. Col sorriso, scherzosa, solare. Per questo credo che a novembre sia successo qualcosa, che la situazione sia precipitata”.

La mattina del 12 novembre sua sorella ha chiesto un permesso ed è uscita da scuola. Ha chiamato il marito, e gli ha chiesto un prestito di 3mila euro. Lui in quel momento era impegnato in ambulanza (è un soccorritore) e le ha detto che l’avrebbe chiamata più tardi. È l’ultima volta che si sentiranno. Un’ora più tardi sua sorella si è tolta la vita.

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“Non sappiamo cosa sia accaduto. Sappiamo però che nel giro di poche ore Katia, quel giorno, ha ricevuto dalla stesso numero di telefono nove chiamate, con conversazioni che si sono prolungate per 20, 25, anche 45 minuti. E poi abbiamo trovato quel biglietto per noi, con un numero di telefono. In cui Katia ci invitata a seguire le indicazioni che ci avrebbero dato e che così tutto si sarebbe risolto».

Per questo avete sporto denuncia.

“Erano passate 14 ore dalla morte di Katia, e avrei voluto soltanto piangere mia sorella. Non so dove ho trovato la forza, ma sono andata nella caserma della Guardia di Finanza di Viareggio per sporgere denuncia”.

Avete ipotizzato sin da subito che qualcuno possa aver istigato quel gesto.

“Credo che mi sorella abbia subito una forma di pressione psicologica. E forse anche delle minacce. Ormai queste persone, con cui era in contatto da ormai due anni, conoscevano tutto della sua vita: l’indirizzo, conti correnti, sapevano che non aveva figli ma che aveva una famiglia. Anche noi in passato abbiamo ricevuto delle telefonate da questi sedicenti consulenti finanziari. Forse Katia ha avuto paura per noi, che potesse accaderci qualcosa. E temo che proprio nel tentativo estremo di difenderci da qualche minaccia possa aver sacrificato la sua vita”.

Il telefono di sua sorella ha continuato a squillare, anche quando lei non c’era più.

“Nei giorni immediatamente seguenti alla sua scomparsa quello stesso numero ha richiamato. Una volta è successo anche mentre eravamo negli uffici della Finanza”.

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E squilla ancora?

“No, forse hanno capito che è successo qualcosa. E il numero del sedicente consulente, così come quello del fantomatico avvocato, ora risultano inesistenti”.

La Procura di Lucca ha aperto un’inchiesta.

“Spero non sia tardi. Che anche se quei numeri, con prefisso italiano, non esistono più sia possibile risalire a chi li ha utilizzati. E mi auguro che Katia possa avere giustizia. Questo è tutto ciò che ci resta. So che non la riporterà a casa, da noi. Ma lo devo a lei, all’amore che ci legava. Mi manca ogni cosa di lei, eravamo capaci di cominciare una conversazione la mattina e arrivarci fino a sera. Parlavamo di tutto, non avevamo segreti, ci siamo sempre state l’una per l’altra. Sono convinta che lei avrebbe fatto la stessa cosa per me, avrebbe fatto il possibile e l’impossibile per me”.

Con la sua testimonianza ha infranto il muro di silenzio che spesso si alza intorno a chi è vittima di truffe.

“Anche mia sorella si vergognava. Era una donna tosta, intelligente, e faticava ad accettare di essere caduta in questa trappola. Ma non sono le vittime a doversi vergognare. E a chiunque si trovi nella stessa situazione che ha affrontato mia sorella consiglio di fermarsi, subito”.

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