Pubblichiamo di seguito la lettera che Elisabetta Nigris, Ordinario presso l’Università di Milano Bicocca dove insegna “Progettazione didattica e valutazione”, ha rivolto ai suoi studenti dopo la pubblicazione dell’ordinanza sulla nuova valutazione alla scuola Primaria.
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Care studentesse e studenti,
Cari docenti,
come abbiamo letto è uscita la Nuova Ordinanza Ministeriale sulla valutazione che ha messo in allarme molti di voi. Con la Nuova Ordinanza, che come tale va rispettata, dal punto di vista legislativo “le disposizioni dell’Ordinanza Ministeriale n.172 del 4 dicembre 2020 cessano di produrre effetti”.
Credo che questa sia, per tutti i docenti, l’ennesima richiesta di cambiamento normativo, senza che ci sia stato il tempo di sperimentare quella precedente, nei tempi e nei modi più propri e, soprattutto, di verificarne i risultati; e questo non è certo un bene per la scuola.
Molti di voi ci hanno già scritto e contattato chiedendoci come conciliare gli studi che state conducendo in questi anni con le nuove disposizioni e soprattutto, per chi già lavora, cosa si può fare per proseguire con il percorso di ripensamento del modo di fare scuola avviato con l’Ordinanza n. 172.
Che fare dunque? Buttare a mare tutto e ricominciare da capo? Tornare indietro nel tempo, come ci scrive qualcuno? Ritornare a pensare che la valutazione, a seconda delle prospettive, è una ‘questione puramente statistica’, è un modo per ‘controllare la disciplina in classe’, una maniera per ‘motivare’ o ‘spingere allo studio’? O, magari, un modo per ‘punire chi non sta alle regole’?
Chiaramente il nostro ateneo e il mondo della ricerca pedagogica non possono sostenere questa impostazione, allo stesso tempo, il disfattismo non ha mai aiutato nessuno, né tantomeno, prodotto risultati costruttivi. Credo, invece, che la nuova Ordinanza possa lasciare spazi di movimento e, dunque, il consiglio che posso dare, innanzitutto, è quello di leggerla attentamente. Ogni nuovo documento viene conosciuto da molti docenti attraverso stralci di articoli, voci di corridoio, diktat di colleghi e/o esperti più che dalla lettura attenta.
Per questo ci tengo a dire che, se leggiamo bene la nuova Ordinanza, riscontriamo che fa intravedere degli spazi di continuità con la 172
Proviamo ad analizzarla insieme.
QUALE IDEA DI VALUTAZIONE?
L’articolo 1 recita che: “La valutazione ha per oggetto il processo formativo e i risultati di apprendimento degli alunni, ha finalità formativa ed educativa, documenta lo sviluppo dell’identità personale e promuove la autovalutazione di ciascuno in relazione alle acquisizioni di conoscenze, abilità e competenze, concorrendo al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo”.
Questo significa che siamo nell’ambito della “valutazione per gli apprendimenti”, che ha per scopo non tanto e non solo la certificazione dei risultati finali, ma l’osservazione e la rilevazione costante dei processi di apprendimento che si manifestano, con la finalità di concorrere al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo. Infatti, suggerisce di documentare i processi promuovendo, come meta ultima,
l’autovalutazione di bambini/e.
Inoltre, nell’articolo 2 si ricorda che la valutazione degli apprendimenti nella scuola primaria concorre, (…) alla maturazione progressiva dei traguardi di competenza definiti dalle Indicazioni Nazionali ed è coerente con gli obiettivi di apprendimento declinati nel curricolo di istituto.
In questo modo, si riaffermano alcuni principi:
a) la valutazione ha come orizzonte ultimo il raggiungimento dei traguardi di competenza delineati alla fine del quinto anno di scuola primaria e quindi non può limitarsi a verificare conoscenze nozionistiche e/o abilità meccanico riproduttive, ma deve accompagnare bambini nell’affrontare compiti complessi (Pellerey) – che vengono (come sapete) anche definiti dalla letteratura pratico complessi (Hadij), situazioni non note (Perrenoud), oppure ancora, compiti concettuali (Cohen).
b) La valutazione è strettamente legata alla progettazione ossia:
– alla formulazione di obiettivi di apprendimento, declinati nel curricolo di Istituto e coerenti con i traguardi di competenza.
– alla riflessione su quali attività, compiti, proponiamo ad allievi/e. (Torneremo su questi punti).
c) Si richiama, inoltre, il tema della continuità (nei cinque anni) ma anche nella pratica quotidiana, perché le competenze non si possono né acquisire, né tantomeno valutare, con “un numero congruo di prove di verifica”, ma richiedono l’osservazione e la documentazione attenta dei processi di apprendimento messi in atto da tutti/e bambini/e all’interno di un continuum formativo.
I CRITERI DI VALUTAZIONE
Se andiamo ad analizzare l’allegato con la descrizione dei giudizi sintetici (torneremo poi anche su questo aspetto), e prendiamo in esame i criteri emergenti che descrivono e distinguono i diversi giudizi, possiamo notare che si riprendono i criteri dell’Ordinanza 172: ad esempio per il distinto e ottimo, si parla proprio di capacità di “affrontare situazioni complesse”, anche se queste ultime non sono solo e tanto situazioni non proposte in precedenza” (in termini di “novità”), ma situazioni che comportano l’impiego di processi socio-cognitivi superiori.
Nei diversi gradi di giudizio si fa cenno al fatto che l’acquisizione di conoscenze e abilità deve essere mostrata con continuità.
E da ultimo, dall’insufficiente all’ottimo, si descrivono diversi livelli di autonomia con cui bambini/e mostrano di saper affrontare problemi o svolgere attività (e quindi mettere in atto conoscenze e abilità) come criterio discriminante per assegnare un giudizio piuttosto che un altro.
ASSEGNARE LA VALUTAZIONE ALLA MATERIA O AGLI OBIETTIVI
Questo mi sembra l’elemento più delicato, in quanto nell’art. 3 si afferma che “i giudizi sintetici, sono da riportare nel documento di valutazione per ciascuna disciplina del curricolo”.
Non posso non evidenziare che questo elemento rappresenti un grande passo indietro in quanto chiede di riferirsi alla “disciplina” come a un blocco monolitico e unidimensionale, identificabile attraverso un’unica tipologia di conoscenze e/o abilità. Si rischia maggiormente di etichettare i bambini, senza fare riferimento ai loro punti di forza e debolezza, rendendo meno rigorosa la valutazione. Torno a fare gli esempi che abbiamo portato durante tutto il lavoro di formazione: bambini/e possono conoscere il lessico, scrivere correttamente dal punto di vista ortografico, ma non avere sviluppato quella che i linguisti definiscono competenza testuale; possono sapere fare le operazioni in colonna e non sapere risolvere un problema di logica o un problema matematico. Il pericolo, ancora una volta, è dimenticarsi che gli obiettivi sono l’insieme di un processo e di un contenuto ed appiattarsi solo sui contenuti, o invece confondere obiettivi e competenze. Persino i risultati delle prove internazionali IEA e le prove Invalsi, peraltro, mettono in luce che le lacune maggiori si evidenziano nelle abilità complesse (competenza testuale, competenza logico matematica).
La Nuova Ordinanza, però, ci permette indirettamente di mantenere fede al fatto che non si può progettare (e dunque valutare) senza definire gli obiettivi: infatti al punto 3, sempre dell’art. 3, si afferma che “le istituzioni scolastiche possono riportare nel documento di valutazione i principali obiettivi di apprendimento previsti dal curricolo di Istituto per ciascuna disciplina”.
Ricordandoci dunque che il documento base di riferimento di ogni docente, rimangono sempre le Indicazioni Nazionali come per ora le conosciamo, insieme alla legge sull’autonomia scolastica. Quello che è importante ribadire – che forse questa nuova Ordinanza afferma solo
indirettamente – è che la valutazione non può essere disgiunta dalla progettazione perché le attività proposte e i compiti assegnati a bambini/e – come ci hanno insegnato gli studiosi che si sono occupati di curricoli e come ci chiede la valutazione formativa – possono essere pensati SOLO in base agli obiettivi di apprendimento che il docente si pone e alle competenze alla cui acquisizione, questi obiettivi concorrono.
Quindi invito ognuno di voi a lavorare pensando alla progettazione e alla valutazione come un processo continuo e ricorsivo, che parte della formulazione corretta degli obiettivi e dalla predisposizione di contesti, attività, compiti coerenti alle mete che ci prefiggiamo.
MA ALLORA I GIUDIZI VANNO BENE?
No i giudizi non vanno bene. La ricerca e l’esperienza dei paesi (in particolare europei) in cui si raggiungono i migliori risultati scolastici ci dicono che lo strumento che aiuta maggiormente gli studenti a progredire nei loro percorsi di apprendimento è costituito dalla descrizione dei processi che vengono messi in atto.
La ricerca ci dice che sarebbe meglio fornire solo la descrizione dei processi acquisiti, ma che i voti (o i giudizi, o i livelli, le faccine, …) non sono completamente nocivi, se accompagnati dalla valutazione descrittiva degli apprendimenti. In altre parole, invece di concentrarci sul passaggio finale dovremmo prenderci cura, con molta serietà, della valutazione in itinere. Fra i dieci fattori che contribuiscono maggiormente all’efficacia della didattica (secondo la ricerca internazionale) al quarto posto c’è il Feedback, ossia il riscontro descrittivo che noi diamo innanzitutto dei miglioramenti mostrati rispetto ad un certo obiettivo, ma anche della segnalazione di criticità su cui lavorare e, soprattutto, delle strategie attraverso cui procedere per migliorare.
La valutazione in itinere deve essere espressa in base a criteri chiari, descrivendo il percorso di acquisizione progressiva dell’apprendimento, attraverso una restituzione puntuale e tempestiva ad alunni/e del lavoro svolto. La restituzione dei risultati della valutazione in termini descrittivi – se accompagnata da osservazioni mirate, spiegazioni e suggerimenti per il miglioramento dell’apprendimento – risulta efficace per sostenere la motivazione, l’impegno e per aiutare tutti/e gli/le allievi/e ad apprendere in modo sempre più efficace; viceversa, la semplice conoscenza dell’esito finale di un percorso non è sufficientemente esplicativa e non è in grado di retroagire positivamente sul percorso stesso, quindi non è detto che sappia ri-orientare efficacemente il percorso di apprendimento.
È attraverso la cura della valutazione in itinere che possiamo riprendere tutto il grande lavoro fatto dalle scuole, nell’ottica della valutazione formativa, mantenendo l’ancoraggio tra valutazione e progettazione. E dunque, continueremo a lavorare così. Perché l’aspetto più importante non è il “segno sintetico” che mettiamo alla fine (né i giudizi né i livelli, né le faccine), ma il processo di valutazione in itinere, coerente con le modalità didattiche che i diversi obiettivi e le attività/compiti ad essi coerenti. Inoltre, molte esperienze condotte in questi anni (persino quando erano richiesti i voti numerici) mostrano che nulla vieta al docente di accompagnare un documento alla scheda di valutazione ufficiale, con la valutazione descrittiva (Feedback formativo) formulata di base agli obiettivi, rivolta sia a bambini/e sia alle famiglie.
Per concludere
Quello che è davvero nocivo è usare il voto come ricatto, come modalità di valutare la persona, come metro di confronto fra bambini/e, come strumento di controllo e/o punizione. La valutazione è un modo per “dare valore” al lavoro di allievi/e e non per etichettarli e classificarli.
Finisco dunque, ricordando alcune indicazioni sintetizzate da Cristiano Corsini, che vi possono guidare, nell’ambito della libertà di movimento che questa Ordinanza vi offre.
• La valutazione educativa si concentra sui progressi individuali. Ci dice quello che abbiamo appreso e ci spiega come procedere, un numero o un giudizio sintetico non indica nulla di simile.
• La valutazione educativa è guidata da criteri comunicati in anticipo alla classe, un numero non è un criterio.
• La valutazione educativa non è basata sul confronto con le valutazioni altrui (anche se è ci utile, mentre apprendiamo, il confronto con compagne e compagni), un numero (e un giudizio sintetico) può indurci a stilare classiche deleterie, sviluppando una motivazione estrinseca all’apprendimento.
• Una buona valutazione non usa l’errore come stigma o come penalizzazione (“tolgo un punto a errore”), ma lo individua in maniera rigorosa, lo condivide e lo impiega come occasione di apprendimento, un voto numerico non fa nulla di simile.
• La valutazione educativa non assegna premi o sanzioni, ma la sua posta in palio è un’informazione ricca, che indichi come procedere, un numero non indica nulla di simile.
• La valutazione educativa insegna ad autovalutarsi, fornendo criteri di riflessione e azione, un numero no.
Credo che la valutazione non possa essere ridotta né ad un voto, né ad un livello, né ad un giudizio. Come suggeriscono le Indicazioni Nazionali, La valutazione precede, accompagna e segue i percorsi curricolari. Nella sua preminente funzione formativa, di accompagnamento dei processi di apprendimento e di stimolo al miglioramento continuo.
Noi siamo al vostro fianco in questo percorso e organizzeremo iniziative per sostenervi nella costruzione della vostra professionalità.
Buon lavoro!
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