Dall’economia all’ambiente, l’Occidente che ha paura di Trump

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Dalle questioni economiche, al cambiamento climatico fino a passare per la risoluzione dei conflitti internazionali, cosa si aspettano oltre 1380 esperti provenienti da 125 paesi sugli effetti della seconda amministrazione targata Trump

L’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca è uno degli eventi più attesi di questo 2025 e i leader mondiali – sia quelli amici che quelli meno amici – sono in attesa di capire come si evolverà la sua agenda politica, spesso contraddittoria e provocatoria, ma che inevitabilmente avrà un eco anche in altre parti del mondo.

Trump si è presentato all’Inauguration day con cento nuovi ordini esecutivi per adottare nuove misure economiche, combattere l’immigrazione, rafforzare la sicurezza dello stato e investire sui combustibili fossili. Ma quali sono le preoccupazioni legate alla seconda amministrazione Trump? Alla domanda ha provato a rispondere l’autorevole istituto di ricerca economica Ifo di Monaco, che insieme allo Swiss economic policy institute ha intervistato 1398 esperti economici provenienti da 125 paesi in un sondaggio condotto dal 4 al 18 dicembre.

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Economia

Il sondaggio parte dall’economia, pilastro del programma politico di Trump che durante la campagna elettorale ha promesso l’aumento dei dazi nei confronti dei prodotti stranieri e il taglio alle imposte per rafforzare l’industria interna.

Tra i paesi più preoccupati c’è il Canada, dopo l’acceso confronto tra Trump e il premier canadese Justin Trudeau. Ma oltre l’80 per cento degli intervistati dall’Ifo in Europa occidentale prevede effetti negativi sulla crescita economica dei loro paesi, tra questi ci sono Francia, Belgio, Austria e Germania.

Diverso è il parere di chi vive in altre parti del mondo come Africa e Asia, dove gli esperti economici non prevedono un impatto distruttivo per paesi come Egitto, Tunisia, Marocco, Libia, Iran e India. Per quanto riguarda le politiche commerciali, invece, il discorso cambia. In Nord America, Europa e Oceania, quasi tutti gli intervistati prevedono che lo scambio internazionale di beni e merci diventerà più impegnativo. Opinioni simili sono diffuse anche in Asia, Africa e Sudamerica ma con preoccupazioni minori.

Clima

Quasi tutti gli esperti, circa il 78 per cento, sono preoccupati per le politiche climatiche che terrà Washington nei prossimi quattro anni. Le paure è più diffuse sono quelle di azioni climatiche meno ambiziose e prioritarie, basti pensare che nel suo discorso di insediamento Trump ha detto di voler porre fine al Green deal e di aumentare l’estrazione di combustibili fossili. 

Questa prospettiva pessimistica è soprattutto diffusa in Nord America, Europa, Asia centrale e orientale. Le preoccupazioni aumentano in Francia e Germania, ma riguardano anche gli intervistati russi. Tuttavia, ci sono delle eccezioni. Gli esperti africani sono meno pessimisti, soprattutto chi proviene dai paesi centrali e meridionali.

Guerre

Se in ambito climatico ed economico le preoccupazioni sono diffuse, diverso è il discorso sui conflitti internazionali. Fin dall’inizio della sua campagna elettorale, Donald Trump si è presentato come colui che porterà la pace in Medio Oriente tra Hamas e Israele, e porrà fine all’invasione russa dell’Ucraina. In suo favore giocano i buoni rapporti con il presidente russo Vladimir Putin, che ha già accolto con soddisfazione l’insediamento del tycoon.

Rispondendo al sondaggio, gli esperti esprimono aspettative più neutre o addirittura positive sull’approccio di Trump nella risoluzione dei conflitti internazionali. Solo il 40 per cento di questi si aspettano effetti negativi e fanno riferimento al Nord America, all’Europa e all’Oceania.

Secondo i ricercatori dell’Ifo, sono opinioni dettate soprattutto dalla paura che Trump riduca i fondi delle organizzazioni internazionali, come già accaduto in alcuni casi durante il suo primo mandato. Tra gli esperti provenienti dal Medio Oriente c’è invece grande ottimismo sul ruolo di Washington per risolvere i conflitti internazionali più delicati nei prossimi quattro anni. Un primo esame ci sarà con la tregua per Gaza.

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