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Come ogni anno, in occasione dell’apertura del meeting annuale del World Economic Forum che si svolge a Davos dal 20 al 24 gennaio 2025, presentiamo un’analisi sullo stato delle disuguaglianze economiche e sociali nel mondo e in Italia. Una fotografia basata su un’accurata rielaborazione di dati rilasciati da autorevoli fonti (internazionali e nazionali) e sulle evidenze derivanti dal lavoro sul campo che svolgiamo in 80 Paesi.
Accompagniamo il rapporto con una serie di raccomandazioni di policy rivolte al Governo italiano, volte a dare un impulso alle politiche di contrasto ai divari economici e sociali.
Il rapporto “Disuguaglianza: povertà ingiusta e ricchezza immeritata”, evidenzia come la crescita della concentrazione della ricchezza non sia in molti casi frutto di merito, ma è ascrivibile a un sistema economico “estrattivo” e come l’acuirsi dei divari economici e sociali sia il risultato di scelte politiche, come nel caso italiano, che vanno caratterizzandosi più per il riconoscimento e la premialità di contesti ed individui che sono già avvantaggiati, che per una lotta determinata contro meccanismi iniqui ed inefficienti che accentuano le divergenze nelle traiettorie di benessere dei cittadini.
I DATI E IL CONTESTO INTERNAZIONALE
Un quadro sempre più allarmante sta emergendo a livello globale: da un lato, miliardi di persone vivono in povertà, mentre, dall’altro, un numero ristretto di super-ricchi continua ad accumulare fortune a ritmi vertiginosi.
- Nel 2024 la ricchezza dei miliardari è cresciuta, in termini reali, di 2 mila miliardi di dollari, pari a circa 5,7 miliardi di dollari al giorno, a un ritmo tre volte superiore rispetto all’anno precedente. Ogni settimana, in media, sono nati 4 nuovi miliardari.
- L’anno scorso la ricchezza dei 10 uomini più facoltosi al mondo è cresciuta, in media, di quasi 100 milioni di dollari al giorno. Qualora il 99% dei loro patrimoni “evaporasse” da un giorno all’altro, rimarrebbero comunque miliardari.
- L’anno scorso prevedevamo la comparsa del primo trilionario entro un decennio, ma al tasso attuale di crescita della ricchezza estrema di trilionari ne avremmo cinque.
- Il tasso di riduzione annua della povertà estrema (condizione in cui versa chi non dispone di risorse giornaliere superiori a 2,15 dollari) è in forte rallentamento. Senza una crescita più inclusiva l’obiettivo di eradicare la povertà entro il 2023 resta un miraggio.
- Il numero assoluto di individui che vivono sotto la soglia di povertà di 6,85 dollari al giorno è oggi lo stesso del 1990, poco più di 3,5 miliardi di persone. Alle tendenze attuali, potrebbe volerci un secolo per riportare la popolazione del pianeta sopra tale soglia. “L’incapacità di contenere la concentrazione di ricchezza tende a consolidare il potere nelle mani di pochi e generare paperoni trilionari. – è il commento del nostro Direttore generale, Roberto Barbieri – Un’inversione di tendenza è necessaria, ma il contesto politico la complica. La precarizzazione economica e la marginalizzazione culturale di ampie fasce della popolazione favoriscono proposte politiche che creano artificiose contrapposizioni tra emarginati e si prodigano nell’imprenditoria della paura. Proposte politiche che si vanno radicando negli Stati Uniti, con la rielezione di Donald Trump, e nel vecchio continente volte a soddisfare obiettivi di identità più che raggiungere effettivi risultati economico-sociali a vantaggio dei propri sostenitori più vulnerabili. Una politica dell’identità che tiene insieme più interessi contrastanti, ma avvantaggia di fatto solo chi è già in posizioni di privilegio. Così, l’obiettivo di un’economia più inclusiva e una società più dinamica ed equa si allontana”.
Ricchezza meritata o rendita di posizione?
La ricchezza globale non solo è fortemente concentrata al vertice, ma in gran parte deriva anche da rendite di posizione. Basti pensare che oltre 1/3 (il 36%) delle fortune dei miliardari deriva da eredità.
La crescita della ricchezza dei miliardari è in parte riconducibile a sistemi di relazioni clientelari e, soprattutto, intrecciata con l’immenso potere di mercato esercitato dalle imprese che controllano o dirigono. Il potere monopolistico garantisce rendite immeritate e contribuisce alla crescita delle disuguaglianze.
“Ai super-ricchi piace dire che per accumulare enormi patrimoni ci vogliono abilità, determinazione e duro lavoro. Ma la verità è che gran parte della ricchezza estrema non è ascrivibile al merito. – ha aggiunto Amitabh Behar, direttore esecutivo di Oxfam International – Molti dei cosiddetti ‘self-made men’ sono in realtà eredi di grandi fortune, tramandate per generazioni. È per questo, ad esempio, che la tassazione irrisoria o nulla delle grandi eredità è contraria a qualsiasi criterio di equità e non fa che perpetuare un sistema in cui ricchezza e potere restano nelle mani di pochi. Nel frattempo risorse pubbliche essenziali per migliorare l’istruzione, la sanità e creare posti lavoro, soprattutto nei Paesi più poveri e sfruttati, continuano a fluire verso i conti bancari più ricchi del pianeta. Questo non è solo un male per l’economia, è un male per l’umanità“.
Gli squilibri Nord-Sud
I Paesi ricchi controllano il 69% della ricchezza globale, pur rappresentando solo il 21% della popolazione mondiale. Le relazioni economiche tra il Nord e il Sud del mondo sono dominate da forme di “moderno colonialismo”. Il predominio delle valute del Nord nel sistema dei pagamenti internazionali e i costi di finanziamento più bassi nei Paesi ricchi sono alla base di forti squilibri nei flussi di redditi da capitale tra le economie avanzate e il Sud: ogni anno il Nord “estrae” circa 1.000 miliardi di dollari dal Sud. Nonostante il Sud contribuisca al 90% della forza lavoro globale, riceve solo il 21% del reddito da lavoro aggregato; i salari nel Sud sono significativamente inferiori rispetto a quelli del Nord, con una differenza, a parità di competenze dei lavoratori, tral’87 e il 95%. Inoltre, i Paesi a basso e medio reddito spendono quasi la metà delle proprie risorse pubbliche per rimborsare il debito estero, che ha raggiunto 307.000 miliardi di dollari a metà del 2023, e 3,3 miliardi di persone vivono in Paesi che pagano più per il servizio del debito di quanto stanziano per l’istruzione e la sanità.
I DATI E IL CONTESTO ITALIANO
Le ultime stime disponibili, relative a metà del 2024, fotografano ampi squilibri nella distribuzione della ricchezza delle famiglie italiane:
- In Italia, a metà del 2024, il 10% più ricco dei nuclei familiari (titolare di quasi 3/5 della ricchezza netta del Paese) possedeva oltre 8 volte la ricchezza della metà più povera delle famiglie.
- Il 5% più ricco delle famiglie italiane, titolare del 47,7% della ricchezza nazionale, possedeva quasi il 20% in più della ricchezza complessivamente detenuta dal 90% più povero.
- La metà più povera delle famiglie italiane deteneva appena il 7,4% della ricchezza nazionale.
- Con uno sguardo ancor più granulare, nel 2024 la ricchezza dei miliardari italiani è aumentata di 61,1 miliardi di euro – al ritmo di 166 milioni di euro al giorno – raggiungendo un valore complessivo di 272,5 miliardi di euro detenuto da 71 individui. L’ammontare permetterebbe di coprire l’intera superficie della città di Milano con banconote da 10 euro.
- Il 63% della ricchezza miliardaria in Italia è frutto di eredità.
Il paese delle “fortune invertite”
In 14 anni, la ricchezza del 10% più ricco delle famiglie italiane è aumentata di oltre 7 punti percentuali, mentre quella del 50% delle più povere è diminuita di quasi 1 punto percentuale.
È il quadro di un Paese delle fortune invertite con traiettorie di benessere familiare profondamente divergenti. Cristallizzando le differenze di opportunità nell’accesso a credito ed investimenti, a migliori istruzione, formazione e posizioni lavorative, le disuguaglianze definiscono strutture di cittadinanza differenziate. Persistendo nel passaggio da una generazione all’altra, impediscono all’ascensore sociale di ripartire.
Povertà assoluta oltre il livello di guardia
In poderosa crescita da oltre un decennio, nel 2023, la povertà assoluta è rimasta stabile, coinvolgendo oltre 2,2 milioni di famiglie (5,7 milioni di persone) che non avevano risorse sufficienti per acquistare beni e servizi essenziali. L’incidenza della povertà familiare è leggermente aumentata dall’8,3% all’8,4%, mentre quella individuale è rimasta al 9,7%.
“L’andamento positivo del mercato del lavoro nel 2023 non ha comportato la riduzione dell’incidenza della povertà assoluta, ostacolata dall’impatto dell’inflazione ancora elevata e con effetti più marcati sulle famiglie meno abbienti. – ha commentato Mikhail Maslennikov, Policy advisor su giustizia economica – La dinamica del 2024 risentirà verosimilmente del rallentamento dell’economia nazionale, ma peserà anche la portata delle misure di contrasto alla povertà che hanno sostituito il reddito di cittadinanza. Rispetto al RDC, l’Assegno di Inclusione ha comportato una contrazione del 37,6% del numero dei nuclei beneficiari e uno scostamento maggiore – eccezion fatta per i nuclei con i minori – tra le famiglie che beneficiano del sussidio e quelle in povertà assoluta nel nostro Paese. Fallimentare fin qui è anche l’esperienza del Supporto per la Formazione ed il Lavoro che va prefigurando, per i suoi percettori, una lenta transizione dall’occupabilità alla disperazione”.
Mercato del lavoro: non è tutto oro quel che luccica
Nel periodo post-pandemico, l’occupazione in Italia è migliorata, con un tasso di occupazione al 62,4% (grazie soprattutto all’occupazione over-50) e una disoccupazione al 5,7% (in parte dovuta alla crescita degli inattivi).,. Tuttavia, persistono problemi strutturali, come forti squilibri territoriali e ritardi occupazionali rispetto all’Unione Europea, con giovani e donne che soffrono di sotto-occupazione e bassa qualità del lavoro. A fronte dei miglioramenti occupazionali, i salari rimangono stagnanti: il salario medio annuale reale è invariato negli ultimi 30 anni. Tra il 2019 e il 2023, le retribuzioni lorde sono aumentate del 6-7%, ma l’inflazione del 17-18% ha ridotto il salario lordo reale di oltre 10 punti percentuali.
“Piuttosto che adottare toni acriticamente trionfalistici sulla crescita dell’occupazione, il Governo dovrebbe affrontare con maggior vigore le datate debolezze strutturali del mercato del lavoro italiano, favorendo la riduzione dei divari retributivi e delle sacche di lavoro povero. – aggiunge Maslennikov – Non sembra tuttavia questa l’intenzione dell’esecutivo. Una chiara politica industriale, orientata alla creazione di buona occupazione, resta del tutto assente, accompagnata da un immobilismo sul rafforzamento della contrattazione collettiva e sulla revisione del sistema di fissazione dei salari, nonché dall’affossamento del salario minimo legale come tutela dei lavoratori più fragili e meno protetti. Insistere sulla liberalizzazione dei contratti a termine, di somministrazione e stagionali e ridurre le tutele del lavoro negli appalti rischia di esasperare ulteriormente saltuarietà, discontinuità e precarietà lavorativa”.
La democrazia fiscale tradita
Il Governo appare poco preoccupato dal fatto che i contribuenti italiani più ricchi versino al fisco, in proporzione al proprio reddito, meno imposte dirette, indirette e contributi, rispetto ai cittadini con redditi più bassi e che l’85% degli italiani, trasversalmente a tutti i partiti, ritenga il nostro sistema fiscale profondamente iniquo.
Il sistema fiscale italiano è frammentato in regimi favorevoli per alcune categorie, garantendo migliori condizioni fiscali a chi ha più potere o appartiene a specifici elettorati. Ciò prefigura un tradimento del contratto sociale, con le stesse categorie che continuano a finanziare beni e servizi pubblici, come sanità e istruzione, sottofinanziati e permanentemente a rischio di ulteriori tagli. Preservare la frantumazione del sistema fiscale italiano in molteplici regimi preferenziali e scendere, in nome della lotta all’evasione, a patti iniqui con i contribuenti ritenuti meno fedeli al fisco è indicativo della poca attenzione dell’esecutivo per il basso grado di equità del nostro sistema fiscale e la tenuta sociale.
Lo #SpaccaItalia
La legge sull’autonomia differenziata ha rappresentano nel 2024 un ulteriore elemento di forte preoccupazione e sconcerto, ponendosi in netta antitesi ad un’azione di contrasto alle disuguaglianze. Il regionalismo competitivo cui è improntata la legge Calderoli, invalidato alla radice dalla Corte Costituzionale, ha messo ulteriormente a repentaglio l’uguaglianza dei cittadini che già oggi scontano gravi divari nella disponibilità e nella fruizione di servizi pubblici, marcatamente differenziati a seconda del territorio di residenza. In contrasto con l’idea di un regionalismo solidale, le scelte del Governo rischiano di trasferire, senza valide motivazioni, alle Regioni a statuto ordinario molteplici competenze esclusive su temi fondamentali delle politiche pubbliche e prefigurano un passaggio dal bilancio dello Stato a quello delle Regioni di una porzione consistente della spesa pubblica con un incentivo all’utilizzo poco efficiente e trasparente delle risorse.
LE RACCOMANDAZIONI DI POLICY AL GOVERNO ITALIANO
Chiediamo un cambio di rotta in Italia a partire da politiche di contrasto alla povertà a vocazione universale, maggiore equità del sistema fiscale, politiche a sostegno del lavoro dignitoso.
AMBITO NAZIONALE
Misure di contrasto alla povertà a vocazione universale
- Ripensare profondamente le misure di contrasto a povertà ed esclusione lavorativa garantendo la possibilità di accedere a uno schema di reddito minimo a chiunque si trovi in difficoltà.
Misure per contrastare il lavoro povero e promuovere un lavoro dignitoso per tutti
- Disincentivare l’utilizzo dei contratti non standard.
- Definire i contratti collettivi principali.
- Introdurre un salario minimo legale.
- Perseguire politiche industriali che favoriscano la buona occupazione.
- Introdurre condizionalità alle imprese per l’accesso agli incentivi pubblici.
Misure in materia fiscale per una maggiore equità del sistema impositivo
- Favorire una generale ricomposizione del prelievo e rafforzare l’equità orizzontale del sistema impositivo.
- Introdurre un’imposta progressiva sui grandi patrimoni.
- Aumentare il prelievo sulle grandi successioni.
- Promuovere una revisione del prelievo immobiliare.
- Non perseguire interventi condonistici.
- Dare impulso a una serrata lotta all’evasione fiscale.
Misure in materia di decentramento delle politiche pubbliche
- Abrogare il disegno di legge sull’autonomia regionale differenziata.
AMBITO INTERNAZIONALE
- Supportare interventi di riduzione/ristrutturazione e cancellazione del debito dei Paesi a basso e medio reddito.
- Definire un percorso programmato di progressivo aumento dei fondi per l’aiuto pubblico allo sviluppo.
- Sostenere l’emissione regolare di Diritti Speciali di Prelievo e favorirne una maggiore allocazione a beneficio dei Paesi del Sud del mondo.
- Supportare l’istituzione di uno standard globale di tassazione dell’estrema ricchezza che renda più equo (ed effettivo) il prelievo a carico degli ultra ricchi.
- Favorire un processo di riforma delle Nazioni Unite e delle istituzioni finanziarie internazionali che assicuri una governance più trasparente, democratica ed equilibrata.
- Trasporre e, laddove possibile, rafforzare la direttiva europea per la due diligence delle grandi imprese su ambiente e diritti umani.
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