ex consigliere comunale di Perugia accusato di truffa. «Condannatelo»

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PERUGIA – Venticinquemila euro ricevuti e mai restituiti. Ottenuti per sopperire alcune difficoltà economiche, ma anche raccontando di minacce di strozzini (che per la procura non sarebbero mai esistiti) o facendo arrivare lettere di ricatto alla vittima, spedite da falsi vicini impiccioni. Una serie di episodi che il pm Gemma Miliani traduce in truffa e tentata estorsione, che sono le accuse per cui ha chiesto la condanna a 3 anni nei confronti dell’ex consigliere comunale Michelangelo Felicioni. Sarebbe stato lui, secondo le contestazioni, a farsi consegnare – con varie scuse – tra il 2017 e il 2018 da una ex dipendente della Regione, deceduta due anni fa, una somma importante, parte di un’eredità: «Con plurime condotte, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, con artifizi e raggiri consistiti nel far credere (alla donna) di essere gravato da pressanti difficoltà economiche, alla luce dell’entità esigua dello stipendio percepito (ammontante, a suo dire, a soli 600 euro) rispetto alle spese mensili da sostenere, nonché delle minacce ricevute da soggetti rumeni che, a causa di un affare andato a monte che lo vedeva coinvolto, reclamavano da lui la restituzione di ingenti somme di denaro».

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In base alla ricostruzione delle indagini dei carabinieri, Felicioni in quel momento avrebbe avuto ben altro stipendio, al di là dell’elezione a palazzo dei Priori, dove è stato consigliere per due legislature, dal 2009 al 2019, prima con Forza Italia, poi con la Lega (da cui venne espulso) e infine con Fdi. La procura ha messo in fila tutte le varie dazioni di denaro, dai bonifici periodici alle ricariche di una carta Postepay, frutto di un genuino sentimento di affetto della donna – sposata e con un figlio – che ha raccontato anche nel corso dell’incidente probatorio di essersi affezionata all’uomo e di non volerlo lasciare nei guai. Anche dopo i racconti dell’ex consigliere (primo dei non eletti alle amministrative del 2019) di essere stato raggiunto a palazzo dei Priori da una banda di romeni che volevano soldi da lui. Episodio tradotto nel capo di imputazione come «timore di un pericolo immaginario». Ma non solo. Perché sempre secondo le accuse, nel momento in cui la donna avrebbe iniziato a essere pressante nel chiedere la restituzione dei suoi soldi, Felicioni avrebbe messo nella sua cassetta della posta una lettera di questo tenore: «Sappiamo che hai un amante! Ti abbiamo anche fotografato tante volte con lui. Ora se vuoi che non informiamo tuo marito e al lavoro e a casa e al Pianello e al figliolo rimetti questa busta con questa lettera dove l’hai trovata con dentro 3.500 euro chiusa bene». Firmato, un vicino di casa che ti conosce bene e che ti osserva. È lì che la donna va dai carabinieri, iniziando a credere – come detto in aula – che qualcosa non quadrasse. A sostegno della tesi accusatoria, anche le intercettazioni disposte sul cellulare dell’ex consigliere e i riscontri delle celle telefoniche.

Abbastanza per sostenere la sua richiesta condanna, compresi 800 euro di multa, con gli eredi della donna – assistiti dagli avvocati Elisabetta Curioso Mammoli e Marco Piazzai – a chiedere 25mila euro di risarcimento. «La pubblica accusa ha dato per assodate le dichiarazioni della persona offesa – sostengono invece i suoi legali, Saschia Soli ed Ermes Farinazzo – ma la difesa dell’imputato dimostrerà la non credibilità di queste  affermazioni anche alla luce delle risultanze dell’attività investigativa che è stata valutata solo parzialmente dalla pubblica accusa. Siamo certi che il tribunale saprà fare un vaglio critico e approfondito sui documenti e le testimonianze rese nel giudizio che di certo non avvalorano la tesi accusatoria. L’imputato si professa non colpevole, estraneo ai fatti e, come si evince dalle intercettazioni, ha sempre sostenuto che “ci fosse qualcosa dietro” per ledere la sua immagine anche politica. La sua onesta intellettuale lo ha portato a sparire dai contesti politici in attesa della definizione del giudizio a suo carico». Dopo le repliche delle difese, attesa la decisione del giudice Marco Verola il prossimo 17 febbraio.

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