Nuovi interrogatori per Carmine Gallo e Samuele Calamucci, entrambi agli arresti per l’inchiesta sui presunti dossieraggi condotta dalla procura di Milano. Ma stavolta l’ex superpoliziotto e l’hacker, accusati a vario titolo di accesso abusivo ai sistemi informatici, associazione per delinquere e corruzione, sono stati sentiti dai pm romani Stefano Pesci e Alessia Natale.
Perché, sì, a carico di Gallo e Calamucci – che tramite la società Equalize del presidente autosospeso di Fondazione Fiera Milano Enrico Pazzali avrebbero bucato banche dati strategiche nazionali con scopo «estorsivo e ricattatorio» – non c’è solo l’inchiesta dei magistrati di Milano: i due sono indagati anche a Roma nell’ambito del fascicolo sulla cosiddetta squadra Fiore.
Spioni rivali
Descritta come una vera centrale di spionaggio attiva nella Capitale nonché caratterizzata da forti legami con gli apparati di intelligence italiani e stranieri, la squadra Fiore era stata citata a gennaio 2024 sulla testata Today.it: era stato lo stesso Calamucci, più in particolare, a raccontare al giornale l’esistenza della concorrenza.
D’altronde, in base al racconto fatto, la “squadra rivale” stava realizzando un dossier su uno dei clienti di Equalize: Leonardo Maria Del Vecchio, giovane erede dello scomparso patron di Luxottica, che per interposta persona avrebbe commissionato alla centrale di spionaggio di via Pattari numero 6 dei lavori per monitorare la modella dell’Arkansas e sua futura moglie Ann Jessica Serfaty.
Qual era, dunque, parlando coi giornalisti, l’obiettivo dell’hacker Calamucci? Sembrerebbe proprio quello di neutralizzare gli spioni che agivano in riva al Tevere, e cioè il gruppo contrapposto che avrebbe potuto rappresentare un “problema” nel mare magnum del mercato delle informazioni segrete.
È così che i magistrati della procura di piazzale Clodio hanno aperto un’indagine per accesso abusivo ai sistemi informatici e violazione della privacy in relazione alle presunte attività illecite della squadra Fiore. Un fascicolo che, a oggi, dopo l’incrocio con le evidenze investigative riguardanti l’indagine su Equalize, non risulta più senza indagati.
Ma chi sono i membri della squadra Fiore? All’apertura del fascicolo, secondo le prime indiscrezioni, i pm avevano già individuato cinque persone che ne avrebbero fatto parte, tra loro anche ex appartenenti alle forze dell’ordine. È poi lo stesso Calamucci, così come emerge dagli atti dell’inchiesta della procura meneghina, a tirare in ballo qualche nome. «Mancini è un componente doppio, l’ho chiamato doppio Mike. È un componente della squadra Fiore, un traditore», le parole dell’hacker, intercettato dalle cimici dei carabinieri.
In altre parole, stando alle registrazioni captate di Calamucci, tra gli esponenti della squadra Fiore, con sede non solo a Roma, ma anche in altre città italiane e all’estero, ci sarebbe l’ex 007 del caso Abu Omar e poi di quello degli spioni di Telecom Italia, Marco Mancini. Una ricostruzione che l’agente in pensione, per mezzo dei suoi legali, ha al tempo smentito.
Interrogatori
Nel procedimento incardinato a Roma, Carmine Gallo e Samuele Calamucci sono inoltre indagati sempre con le accuse di associazione a delinquere, accesso abusivo a sistema informatico, intercettazioni illegali, corruzione. È molto probabile che i due “spioni” dell’Equalize siano stati iscritti nel fascicolo dei pm capitolini anche a fronte di quanto detto, nel corso dei vecchi interrogatori, davanti ai magistrati milanesi.
Uno dei verbali relativi ai vecchi interrogatori di Calamucci è stato secretato: che ci fossero riferimenti alla politica, ai legami con grossi nomi ed Equalize e, ancora, a quanto avvenisse nelle stanze del potere a Roma? Sul punto le bocche di chi indaga sono cucite.
Diversi, tuttavia, i nomi di politici, e non solo di imprenditori, aziende di grande spessore e vip, che emergono dalle carte dell’inchiesta condotta dai pubblici ministeri di Milano. Tra gli altri, quello della ministra del Turismo rinviata a giudizio nei giorni scorsi per lo scandalo Visibilia, Daniela Santanchè.
In base a quanto si legge negli atti giudiziari, Enrico Pazzali, indagato a piede libero, era in possesso di una serie di delicate informazioni e ne «faceva ulteriore uso nei suoi rapporti con Daniela Santanchè». Per quale motivo? A che scopo dunque?
Domani lo ha chiesto, all’indomani dell’esecuzione dell’ordinanza con le misure cautelari per gli spioni di via Pattari, alla diretta interessata. «Pazzali non mi ha mai proposto informazioni riservate. Mai. Lo escludo totalmente. A ogni modo non ho seguito l’operazione», aveva risposto la ministra.
E poi i nomi della senatrice forzista Licia Ronzulli (già sentita su sua richiesta dai pm sul caso “dossieraggi”), del presidente del Senato Ignazio La Russa e dei suoi figli, del governatore della Regione Lombardia Attilio Fontana. Di certo, scrivono i magistrati, l’obiettivo della centrale era quello di «ricattare, estorcere, danneggiare l’immagine degli avversari politici».
Il tutto all’ombra del Duomo, dove il gruppo di hacker, consulenti informatici, imprenditori e appartenenti alle forze dell’ordine avrebbe accumulato dati su dati per carpire informazioni sensibili su centinaia di persone. Con incursioni, molte delle quali ancora tutte da approfondire, nella città del cupolone, dove oggi i magistrati romani in trasferta a Milano per i due interrogatori fiume faranno ritorno.
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