Informarsi per integrarsi, la lingua italiana usata come mezzo  

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Le innovazioni linguistiche nei giornali influiscono sulla ricchezza della lingua parlata.


Ti-Press

La stampa e i media hanno un ruolo importante nella creazione di una propria identità nazionale. Chi negli anni è migrato in Svizzera dall’Italia ha avuto il vantaggio che, almeno a livello federale, la propria lingua è anche quella del Paese ospitante. Questa peculiarità non è però sempre stata sfruttata per inserirsi. Ne abbiamo parlato con due professionisti del mestiere.

In alcuni articoli recenti abbiamo parlato, sotto varie sfaccettature, dell’italianità in Svizzera. Partendo dal ruolo della promozione del plurilinguismo e della presenza dell’italiano nelle istituzione siamo passati poi ad analizzare l’eventuale senso di appartenenza comune tra persone italofone in Svizzera. Ma quanto sono importanti i riferimenti giornalistici, politici e culturali nel coltivare la propria identità linguistica e nazionale?

Secondo ricercatori come Douglas Kellner, che ha ampiamente studiato il legame tra la stampa e l’alfabetizzazione, la prima contribuisce alla formazione di una popolazione a proprio agio con la lingua, non solo per la comprensione di testi, ma anche per la comprensione della società.

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Italofone e italofoni in Svizzera, un senso di appartenenza comune c’è anche se non è scontato




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Complici le nuove tecnologie e un mondo più veloce, le nuove generazioni spesso sentono di appartenere a un intreccio di realtà. Un aspetto da considerare nell’ottica di salvaguardare e promuovere le lingue minoritarie in Svizzera.

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Di più Italofone e italofoni in Svizzera, un senso di appartenenza comune c’è anche se non è scontato


La fruizione dei media gioca un ruolo anche nell’evoluzione e nell’adattamento della lingua a nuovi contesti e situazioni. Le innovazioni linguistiche nei giornali e nelle pubblicazioni influiscono infatti sulla lingua parlata, in particolare nel creare nuovi termini e nel modificare il significato delle parole esistenti.

Abbiamo parlato di questi meccanismi all’interno della società svizzera – e in particolare quella di lingua italiana – con due professionisti che da anni si interfacciano con l’informazione in lingua italiana.

Il ruolo della stampa italiana in Svizzera

Fabio Lo Verso, giornalista di origini palermitane, è recentemente diventato direttore del Corriere dell’italianità, un foglio fondato nel 1962 e rivolto alle italiane e agli italiani in Svizzera. Sul ruolo che la stampa italiana in Svizzera ha avuto nel coltivare un’identità italofona, Lo Verso ha un’opinione ben definita.

“In passato, ha rafforzato l’idea di italianità. Di un’italianità, però, da prima immigrazione. L’effetto di queste testate è di aver radicato la comunità italiana in una prospettiva di vecchia immigrazione. Ha, in un certo senso, congelato la definizione stessa dell’italianità in questa dimensione”. I tempi sono però cambiati e anche il modo e le circostanze delle migrazioni si sono evolute.

“Nel sentire comune, esistono due tipologie di italiane e italiani all’estero: i migranti, di cui faccio parte, cioè chi era sprovvisto di risorse finanziare e sociali sufficienti per vivere in Italia; e le persone expat, ovvero chi ha risorse sufficienti (o anche più che sufficienti) per vivere in patria ma ha bisogno di andare all’estero per mettere a frutto il potenziale della carriera professionale”, asserisce il giornalista.

“L’identità italo-svizzera è come una ‘realtà aumentata’, chi la vive pienamente combina le due in modo da prendere il meglio da ognuna”


Fabio Lo Verso, giornalista italiano in Svizzera

Si tratta tuttavia di tipologie ben diverse, constata, “i migranti spesso non guardano di buon occhio gli expat, e questi a volte considerano i migranti, soprattutto quelli di ‘lunga data’, troppo ancorati al passato”.

In ambito universitario, gli studi migratori includono sia i migranti cui Lo Verso si riferisce qui sopra, sia gli expat. I cosiddetti migranti sono però molto più numerosi e presenti sul territorio da più tempo. “Costituiscono la base più larga per la ricerca sociologica. Ma c’è da dire che gli studi osservano un ritorno (da più di un buon decennio), delle persone che migrano. Questa volta si tratta però di migranti di nuova generazione, persone giovani senza formazione o laureate, alla ricerca di un lavoro: quasi o totalmente per una questione di sopravvivenza”, osserva il direttore del Corriere dell’italianità.

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Una comunità… o forse no

Gli italofoni in Svizzera possono in qualche modo sentirsi parte di uno stesso gruppo, di una stessa comunità?, gli chiediamo. “Un sociologo dirà magari che, malgrado ci siano dei distinguo, si potrebbero considerare una comunità. Da giornalista, dico invece che sono due pubblici differenti”.

Sull’eventualità che alcune persone, anche dopo molti anni, continuino a sentirsi prima di tutto immigrati italiani in Svizzera, il giornalista sostiene che ci sono delle distinzioni.

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“Dal punto di vista di direttore di una testata italiana all’estero che osserva il pubblico italofono suscettibile di leggere il suo giornale posso dire che:

1. Esiste un pubblico italiano refrattario, che non vuole integrarsi, non lo farà mai oppure a piccole dosi, non si interessa alla realtà svizzera, a casa guarda soltanto la tv italiana, sa poco o nulla del sistema politico elvetico, eccetera.

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2. Esiste invece un pubblico italo-svizzero, di cui anch’io faccio parte, composto da italiani che vivono da anni in Svizzera, chiedono e ottengono la cittadinanza elvetica, parlano il francese o il tedesco, o entrambi, molto bene; conoscono il sistema politico italiano e quello svizzero, la storia e la geografia dei due Paesi. Ma soprattutto si sentono italo-svizzeri, coltivano le due identità nel migliore dei modi e le vivono profondamente”.

Vedere il mondo con lenti diverse

Anche chi è molto legato alle proprie origini, non per forza vive come se quell’identità nazionale fosse predominante. “Da molti anni predico questo: l’identità italo-svizzera è come una ‘realtà aumentata’, chi la vive pienamente porta due paia di occhiali, vede il mondo attraverso due culture, e le combina in modo da prendere il meglio dell’una e il meglio dell’altra”, continua Lo Verso.

illustrazione che raffigura Dante e una cartina della Svizzera

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Italiano, una lingua svizzera



“Come parlate bene l’italiano!”. Un’affermazione che gli svizzeri si sentono spesso ripetere quando viaggiano all’estero, soprattutto in Italia.



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“L’identità italiana non rimane predominante in questo caso – conclude poi il giornalista – ma porta a un’identità italo-svizzera in cui le due parti non soltanto si bilanciano ma si rafforzano vicendevolmente.Questo fenomeno è per così dire trasversale, è presente nelle prime generazioni, nelle seconde e nelle terze”.

In quest’ottica, differenziare le fonti mediatiche da cui si attinge e scardinarsi un po’ da quelle in arrivo da o riguardanti unicamente l’Italia diventa quindi fondamentale.

I tempi cambiano

Malgrado in passato, la florida stampa italiana in Svizzera possa avere avuto anche un ruolo controproducente, come quello di rimanere ancorati al proprio Paese di origine; oggi non è per forza così. Nel caso dell’immigrazione italiana, poi, la possibilità di informarsi – anche a livello istituzionale – nella propria lingua madre, rappresenta una fortuna che la maggior parte delle altre comunità migranti non hanno.

Poter riceve in un Paese straniero materiale in italiano relativo alla sanità, alle assicurazioni, alla posta e, soprattutto, ai diritti civili, è un lusso che concerne poche realtà migratorie.

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“Quella svizzera è un’identità che va cercata, richiede uno sforzo”


Anna Riva, presidente dell’Associazione dei giornalisti a Palazzo federale

Di quanto questo alimenti o incoraggi la possibilità di diventare cittadini politicamente interessati e attivi, ne abbiamo parlato anche con Anna Riva. Oltre ad essere corrispondente a Berna per la Radiotelevisione della Svizzera italiana (RSI), Riva è anche la presidente dell’Associazione dei giornalisti di Palazzo federale.

Nel suo ruolo a capo dell’associazione, la giornalista ticinese svolge quello che potrebbe essere definito un lavoro diplomatico a cavallo tra il mondo del giornalismo rossocrociato e quello dell’amministrazione federale. Si tratta cioè per esempio di negoziare le condizioni per gli accrediti dei professionisti dei media a Palazzo, costruire una rete di giornalisti insieme ai quali difendere le esigenze del proprio mestiere, eccetera.

Un’identità nazionale voluta e cercata

Malgrado ci sia molto lavoro dietro le quinte, nei corridoi sotto la cupola Anna Riva respira la Willensnation che è l’essenza della Confederazione elvetica. Ossia quella volontà comune alla popolazione di rimanere unita e che è alla base di un Paese marcato da differenze culturali, linguistiche e religiose.

Quella svizzera “è un’identità che va cercata – dice – , richiede uno sforzo. Noi svizzeri non abbiamo una lingua o una cultura che ci accomunino; costruiamo il concetto di nazione e ci identifichiamo in esso perché vogliamo farlo. E la volontà, l’intenzione, costano fatica”.

Tutti siamo toccati, prima o poi

Questa ricerca passa anche dalla conoscenza del Paese in cui si vive. “È fondamentale anche solo perché, di regola, votiamo quattro volte all’anno – continua Riva –. Sono temi che ci coinvolgono e riguardano tutte e tutti, anche se magari a un primo sguardo può sembrare vero il contrario”. Basti pensare alle iniziative sul sistema pensionistico.

Poi però, c’è chi non si interessa ai temi politici, ai cambiamenti nella società in cui abita. Alcune persone vivono con grande stress gli impegni e le preoccupazioni di tutti i giorni, e l’idea di doversi aggiornare anche sull’attualità e i lavori di legislativo ed esecutivo suona come lavoro extra.

“Sicuramente c’è anche chi non segue questo tipo di temi, non si informa – termina la giornalista – e vive bene comunque. È comprensibile. Poi bisogna capire che cosa voglia dire vivere bene: il rischio di non informarsi, alla fine, è rimanere a volte un po’ in trappola, sospesi in una bolla”.

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