“La ricetta? Creare poli per materia” 

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Milano, 20 gennaio 2025 – “Creiamo poli scolastici specializzati su determinate materie, in modo da permettere la sopravvivenza di tutti: serve una conferenza dei dirigenti”.

A lanciare la proposta è Alessandro Gullo, preside dell’istituto di istruzione superiore Varalli, in zona Chiesa Rossa, nominato presidente della struttura Milano Sud del sindacato DirigentiScuola.

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“Stiamo entrando negli anni del forte calo demografico: cominciamo a vederlo adesso, ma tra due anni sarà dirompente e metterà in discussione tutti. Le iscrizioni, poi, tendono a polarizzarsi ancora di più verso il centro e a perderci sono soprattutto le periferie. Ma le scuole proprio qui sono un presidio importantissimo, non possiamo rischiare di perderle”.

Che fare per scongiurarlo?

“Dobbiamo differenziare l’offerta formativa e ragionare per poli scolastici. Possiamo creare gruppi di riforma, trovandoci tra presidi che condividono gli stessi indirizzi, e ripensare meglio l’offerta. Per esempio, pensiamo alle lingue. Possiamo ipotizzare che il tedesco si studi in una scuola, in un’altra il francese, un’altra sia più specializzata nello spagnolo. Si evita di pestarsi i piedi, insomma, con una visione più ragionata e senza rischiare di perdere per strada alcuni indirizzi”.

Per esempio?

“Torno al tedesco, che è molto in sofferenza, ma credo sia ancora cruciale anche in virtù degli scambi economici e dei legami con il mondo produttivo tedesco. Il tedesco lo portai anche al Kandinsky e c’è ancora, dopo dieci anni. Se in tante scuole lo proponiamo, ma non si raggiungono i numeri minimi per formare una classe, non parte. Unendoci invece ne garantiremmo la sopravvivenza concentrando le domande in una scuola. Parliamone, ragioniamoci. Abbiamo anche una direzione dell’ufficio scolastico regionale illuminata con la quale possiamo confrontarci”.

Come sono distribuite oggi le iscrizioni?

“Già l’anno scorso abbiamo notato tre grandi flussi: l’iscrizione a gennaio, la fase degli “smistamenti“ per distribuire gli esuberi che ci sono in alcune scuole e indirizzi e poi arrivano le domande di chi vuole cambiare percorso. Questa fase si è spostata sempre più in là, verso ottobre, novembre e alcune domande arrivano anche a dicembre”.

Come mai?

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“Perché gli studenti provano un indirizzo, trovano subito posto, ma poi si rendono conto che non fa per loro. E non è un male, perché almeno non ci sono rimpianti, anche se questo ci deve interrogare sulla necessità di un migliore orientamento. Quella che però va anticipata, a mio avviso, è la fase dello smistamento delle domande: non è mai bello sentirsi non accettati da una scuola. I flussi vanno gestiti prima. Anche in questo caso, ragionando tra presidi, possiamo indirizzare meglio le famiglie su altre scuole quando si sa che si è raggiunta la capienza massima, dando alle famiglie la possibilità di guardarsi meglio intorno, senza mantenere le domande in più lì, ferme a giacere fino alla chiusura delle iscrizioni”.

I poli scolastici divisi per materie, evitando doppioni, permetterebbero anche di limitare la fuga verso il centro?

“Sì. I nostri ragazzi sono abituati a muoversi. Si creerebbe un movimento anche dal centro alla periferia pur di seguire certi corsi. A Milano, per fortuna, i collegamenti funzionano abbastanza bene anche se va risolto qualche problema e soprattutto va potenziato il trasporto pubblico dal Sud Milano”.

Ci sono linee particolarmente penalizzate? 

“Penso ai collegamenti da e per Binasco, dove mancano gli autisti ed è stata evidenziata una difficoltà a garantire le corse. Dobbiamo ragionare come città metropolitana, anche analizzando il flusso degli utenti”.

Altro tema: ogni anno le domande di iscrizione si concentrano sui licei – scientifici in testa – scelti da uno studente su due. Come rilanciare gli istituti tecnici?

“Creando un rapporto con le università, che potrebbero a loro volta creare un anno post diploma per la specializzazione nelle professioni tecniche e artigianali che risultano statisticamente più bisognose di manodopera. Spesso i giovani non accettano certi lavori perché non li conoscono e potrebbero essere le università a tenere dei corsi di livello universitario per far conoscere percorsi lavorativi costruiti sulle svariate esigenze tecniche del mercato che la scuola superiore non conosce”.

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Quale deve essere oggi la priorità per lei?

“Garantire la sopravvivenza delle scuole di periferia. Non solo perché qui si combatte davvero la dispersione scolastica, ma anche perché sono davvero dei presidi sociali e dei punti di riferimento per i ragazzi e le loro famiglie. Tante ci chiedono aiuto, il disagio si sente. Al Varalli abbiamo da anni uno sportello psicologico e sono contento che oggi se ne aprano in tante scuole. I ragazzi guardano ancora alle scuole con una certa fiducia, si rivolgono a noi quando qualcosa non funziona. Perdere tutto questo sarebbe assurdo. Salviamo le scuole di periferia”.  



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