LE SFIDE DEL LAVORO/ Il ruolo cruciale della formazione per far crescere l’occupazione

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Il mercato del lavoro italiano ha dato negli ultimi tempi risultati quasi miracolosi e insieme segnali di aumento delle difficoltà strutturali che lo caratterizzano. A fronte dei risultati storici del numero assoluto di occupati e del massimo storico del tasso di occupazione restano i problemi storici della difficoltà di lavoro per giovani e donne e la crescente difficoltà delle imprese a reperire le competenze necessarie.



Il Rapporto Inapp 2024 ha però preso in considerazione tutti gli aspetti del nostro mercato del lavoro mettendo in rilievo come le politiche avviate hanno inciso nell’affrontare i problemi più rilevanti. Il Sussidiario ha già dato conto nei giorni scorsi di come il rapporto ha affrontato i temi dei dati occupazionali e dei servizi al lavoro. La terza parte del Rapporto prende in considerazione il ruolo della formazione come strumento essenziale per gestire le transizioni che caratterizzano i percorsi lavorativi.

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La situazione del nostro Paese vede nel crescente mismatching fra competenze richieste dalle imprese e formazione della forza lavoro il problema principale. Lato aziende si denuncia che ormai il 50% dei posti di lavoro disponibili resta scoperto a causa della mancanza di lavoratori con la necessaria formazione, con un effetto negativo sull’occupazione ma anche sulla crescita di settori economici in genere a maggior valore aggiunto. Il mismatching formativo risulta amplificato nei suoi effetti dagli andamenti demografici. Le classi di età che arrivano adesso sul mercato del lavoro sono meno numerose di quelle che sono in procinto di andare in pensione e pertanto risulta più difficile il processo di sostituzione.



L’intreccio di fattori demografici e formativi porta a individuare come indispensabile una programmazione del sistema di offerta dei servizi formativi che porti a una collaborazione tutti i livelli coinvolti dall’istruzione passando per la formazione professionale, la formazione continua per gli adulti, i servizi al lavoro e il mondo delle imprese. Due sono i servizi che svolgono un ruolo fondamentale. Per le scelte migliori in fase formativa di base e poi per la scelta dei programmi di occupabilità occorrono servizi di orientamento più efficaci di quelli attualmente presenti nel nostro sistema. Va poi sviluppato il fascicolo socio-lavorativo dell’individuo, una carta di identità dove registrare l’insieme delle competenze formali e non che sono acquisite dalla persona nell’arco della sua vita formativa e lavorativa e che diventa lo strumento guida per programma interventi di upskillig o reskilling di fronte a cambiamenti professionali o nuove competenze da acquisire per rispondere ai mutamenti tecnologici dei sistemi produttivi.

A supporto di questo strumento ritenuto giustamente centrale per il ridisegno e la verifica di integrazione dei diversi strumenti messi in campo si è introdotto nel corso dell’ultimo anno un parametro che racchiude più servizi che ha il compito di individuare validare e certificare le competenze. È strumentale alla compilazione del fascicolo personale e strumento di misurazione e valutazione per le politiche messe in campo.

Questi interventi che cercano di rafforzare e ridisegnare il sistema complessivo della formazione, così come il ruolo potenziato dei servizi al lavoro con il programma Gol per la ricollocazione dei lavoratori e gli investimenti fatti con i fondi Pnrr per i Centri per l’impiego e gli investimenti in programmi per nuove competenze, hanno messo in rilievo il permanere di difficoltà del nostro sistema. Pesano i contrasti fra interventi nazionali e mancato coordinamento delle politiche regionali. In particolare per i cataloghi formativi, offerte ormai arcaiche e tecnologicamente superate, ma soprattutto per i repertori delle professioni, non coordinati e con contenuti di preparazione differenti. In questo campo un maggiore coordinamento nazionale e un dialogo più stretto col mondo delle imprese deve portare rapidamente a superare differenze territoriali inspiegabili.

Per quanto riguarda gli interventi fatti nel campo formativo le offerte avanzate verso i giovani sono rilevanti. Gli investimenti verso la formazione professionale sono stati significativi e hanno portato a una crescita del sistema duale. La sperimentazione della riforma “4+2”, percorso di formazione professionale e poi istituto tecnologico superiore, coglie la necessità di un percorso di istruzione di formazione professionale equivalente ai percorsi scolastici tradizionali mettendo fine a un’anomalia del sistema italiano. Il ritardo di troppi sistemi regionali nel recepire lo spirito della riforma e nel potenziare il loro sistema di Iefp crea squilibri territoriali dannosi per la scelta giovanile di una formazione al lavoro di qualità. Fenomeni di rifiuto della sperimentazione da parte di gruppi corporativi di docenti meriterebbero una maggiore attenzione e da parte delle rappresentanze sindacali e anche nel dibattito culturale.

Vi sono stati poi interventi importanti anche per favorire la crescita a della formazione continua rivolta agli adulti. Significativa l’apertura e il coinvolgimento dei fondi interprofessionali per la formazione rivolta oltre che agli occupati anche agli occupandi. La necessità di nuove competenze indotte dalla digitalizzazione e dall’AI richiede interventi sia per adeguare le competenze di chi già è occupato, sia di chi deve assumere un ruolo in una nuova azienda.

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Assegnare poi a fondi interprofessionali, come a enti bilaterali e Camere di commercio, la certificazione delle competenze acquisite permette di creare un sistema vicino alle esigenze delle imprese.

Un tema da sviluppare è quello legato agli strumenti per la formazione abbinata al lavoro. La diffusione dell’apprendistato anche per gli adulti richiede maggiore attenzione e interventi contrattuali per quanto riguarda i livelli salariali. Per l’uso dei tirocini sarebbe necessario un intervento chiarificatore. Un intervento europeo pone il problema di equipararlo a contratto di lavoro con quindi parità di trattamento con i lavoratori assunti. Pensando ai troppi abusi italiani con il ricorso a contratti di tirocinio per lavori non qualificanti bisogna accelerare nel recepire la sollecitazione europea. Resta da riportare sotto un’altra fattispecie l’uso del tirocinio per reale formazione e per reinserimenti lavorativi. Una formula più simile all’apprendistato di primo livello, contratto di lavoro e salario adeguato, potrebbe essere la via superando il fatto di essere contratti senza la parte contributiva.

Ultima annotazione trasversale a tutti i percorsi formativi è la necessità di lavorare anche su soft skills. Sono sempre più richieste, ma occorre prima di tutto che vi sia una buona offerta di formazione per i formatori.

Valutazione e certificazione delle competenze portano a una migliore personalizzazione degli interventi formativi lungo l’arco della vita e faciliteranno la valutazione anche di piccoli interventi formativi formali e non. Il Rapporto dell’Inapp ci dice che il percorso è stato avviato, una governance sempre più integrata e coordinata è determinante per l’efficacia delle scelte.

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