Processo per l’omicidio dell’ereditiera Rancilio: battaglia tra consulenti, sul banco degli imputati il figlio Guido

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Oggi, nell’aula della Corte d’Assise di Milano, si è consumata una vera e propria battaglia tra esperti psichiatrici, chiamati a fornire le proprie conclusioni sullo stato mentale di Guido Pozzolini Gobbi Rancilio, accusato di aver ucciso la madre Fiorenza, 73 anni, ereditiera della più nota famiglia di immobiliaristi che hanno segnato la storia di Cesano Boscone, i Rancilio per l’appunto. L’omicidio risale al 13 dicembre 2023, quando l’uomo avrebbe colpito la madre con un manubrio da palestra all’interno della loro abitazione nel centro di Milano.

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La consulenza del pm e della difesa

Il processo ha preso una piega decisiva grazie alla consulenza disposta dal Pubblico Ministero di Milano, Ilaria Perinu, e affidata allo psichiatra Raniero Rossetti. Secondo la relazione, l’imputato avrebbe agito in uno stato di totale incapacità di intendere e volere, a causa di una grave forma di schizofrenia paranoide. Lo psichiatra Rossetti ha spiegato che l’uomo soffre di una distorsione della realtà che lo porta a vedere i suoi familiari, e in particolare la madre, come nemici da eliminare. Lo psichiatra ha sottolineato che questa patologia cronica avrebbe impedito al 35enne di comprendere pienamente la portata delle proprie azioni al momento dell’omicidio. Anche il consulente nominato dalla difesa di Guido Pozzolini Gobbi Rancilio, il professore Raniero Rossetti, ha condiviso questa visione, confermando che l’imputato, in virtù della sua condizione psichica, non avrebbe avuto piena capacità di intendere e volere durante l’omicidio.

Le tesi della parte civile

Tuttavia, la parte civile, rappresentata dai legali della famiglia della vittima, Salvatore Pino e Federico Cecconi, ha sollevato dubbi sulle conclusioni della consulenza. I familiari di Fiorenza, infatti, ritengono che l’imputato non fosse privo di capacità di intendere e volere. Per supportare questa tesi, sono stati presentati in aula i pareri di due esperti, i professori Stefano Ferracuti e Giuseppe Sartori. Secondo i consulenti della parte civile, sebbene l’imputato avesse mostrato segni di alterazione psichica, ci sarebbero stati comportamenti che suggerirebbero una parziale lucidità, come il fatto che, dopo l’omicidio, abbia “ripulito le macchie di sangue”. Inoltre, i due esperti hanno evidenziato che prima di compiere il delitto, Guido Pozzolini Gobbi Rancilio si sarebbe volontariamente intossicato con alcol, un atto che, a loro avviso, dimostrerebbe una capacità di discernere e agire, anche se ridotta.

Cosa accadrà ora?

La Corte dovrà ora decidere se accogliere o meno le conclusioni delle consulenze psichiatriche e valutare se disporre una nuova perizia psichiatrica. Se dovesse essere confermata l’incapacità totale di intendere e volere, l’imputato potrebbe essere dichiarato non imputabile e, quindi, assolto dall’accusa di omicidio. In tal caso, sarebbe inviato a una Rems (Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza), struttura destinata a chi è considerato socialmente pericoloso ma incapace di comprendere la gravità del proprio reato. Al momento, Guido Pozzolini Gobbi Rancilio si trova già in una Rems, in attesa dell’esito del processo. Il dibattimento continuerà nelle prossime settimane, con la Corte che dovrà esaminare attentamente tutte le evidenze presentate dai consulenti e dalle parti coinvolte, prima di giungere a una sentenza definitiva.

Dinastia maledetta

È una storia tragica quella della famiglia Rancilio. Comincia con Gervaso Rancilio, noto e ricco imprenditore italo-francese costruttore del quartiere Giardino a Cesano Boscone. Il figlio secondogenito, Augusto, fratello più giovane di Fiorenza, architetto di 26 anni, lavorava in diversi cantieri sia in Francia che in Italia, a Milano. Il 2 ottobre 1978 venne aggredito e sequestrato da una banda di calabresi di Buccinasco, affiliati alla ‘ndrangheta, mentre stava entrando nel cantiere del quartiere Giardino.

Ucciso dalla ‘ndrangheta

Il sequestro durò pochi giorni, perché Augusto venne ucciso mentre tentava di sfuggire ai suoi carcerieri. Nonostante i ripetuti appelli del padre, il suo corpo non è mai stato ritrovato. Nel 1993, la confessione fiume del boss Saverio Morabito, boss di Platì trapiantato a Milano, consentì di fare piena luce sul suo sequestro. Saverio Morabito raccontò anche i retroscena del sequestro di Cesare Casella, rivelando che prima di essere trasferito in Aspromonte il ragazzo fu rinchiuso in un box a Buccinasco. Ma ha anche fornito una agghiacciante versione sulla morte dell’architetto Augusto Rancilio: il ragazzo fu ucciso per essersi ribellato ai suoi carcerieri.



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