Rischi e vantaggi dell’Intelligenza Artificiale, possibile arma per asservire l’uomo al mercato e condizionare le menti

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Per ora è stata l’Ue ad approvare nel 2023 una specie di statuto di regolazione delle grandi piattaforme digitali. Ma gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, l’India, il resto del mondo?

Di gran lunga, il più grande pericolo dell’intelligenza artificiale è che le persone concludono troppo presto di capirlo.
(E. Yudkowsky)

“Intelligenza artificiale”? No, dice il mio amico superesperto: è più veritiero definirla “Intelligenza statistica”. Vale a dire: gli algoritmi che, immagazzinata una infinità di dati, sono capaci di combinarli, con una velocità quasi incredibile, per dare risposte, creare immagini, discorsi ecc. con, appunto, medietà (“sapienza”) statistica. Il mio amico si chiama Stefano Santo Sabato: è un salentino geniale, creatore di due aziende, la Mediasoft in Italia e la Fyberloom in California (come il venditore di ghiaccio agli eskimesi… e il bello è che ci riesce…). La sua competenza non è dunque solo teorica, ma particolarmente pratica. Agli americani che gli chiedono come l’IA cambierà l’uomo, egli risponde che il quesito va rovesciato, e bisogna porsi la domanda più importante: come l’uomo potrà cambiare l’IA.

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È noto che l’intelligenza artificiale-statistica può aiutarci in vari modi e in diversi campi, per esempio migliorando le diagnosi e le cure mediche, facendo rapidamente calcoli complessi, svolgendo funzioni fin qui affidate agli esseri umani (nella pubblica amministrazione, nelle banche e in molte altre attività) ecc. Il rovescio della medaglia è la creazione di una disoccupazione crescente e, soprattutto, il divenire l’IA una ulteriore, sottile, insinuante arma per asservire l’uomo al mercato, attraverso una sorta di mercificazione e condizionamento delle pulsioni e delle menti. Il pensiero non più critico, ma a senso unico, inconsapevolmente omologato. E inoltre: l’IA come strumento più efficace per atomizzare le esistenze, isolare gli individui dando a ciascuno la sensazione di una apparente onnipotenza telematica. Il nuovo Dio che cercherà di soppiantare quello delle religioni.

Oltre agli usi militari – già ampiamente sperimentati nella carneficina di Israele contro i palestinesi e nella guerra Russia-Ucraina-Usa-Nato – fra i pericoli più insidiosi c’è quello di fabbricare e usare in modo intensivo fake news, per condizionare gli orientamenti, culturali e politici, dei cittadini, compresi quelli elettorali. Pericolo accresciuto dal possesso oligopolistico dell’IA, dalla sua impostazione e sviluppo conseguenti. L’impostazione: non è certo ininfluente la scelta dei dati che servono a “nutrire” l’algoritmo e, ovviamente, non lo è nemmeno la cultura che sta dietro e dentro quei dati, immagazzinati dai programmatori inevitabilmente non neutrali. Lo sviluppo: Noam Chomsky, il pensatore statunitense severo fustigatore dell’IA, ritiene essa “cosa piccola e banale rispetto alla mente umana”, e propone a sua volta di cambiarle nome perché ritiene che non sarà mai in grado di “essere veramente intelligente”.

E però la questione rimane aperta. Dall’IA attuale si potrà giungere all’Agi, “Intelligenza artificiale generale” (generativa)? Vale a dire: l’Agi come capacità di imitare le qualità cognitive del cervello umano, quali il ragionamento, la pianificazione, la correlazione e risoluzione di problemi, l’immaginazione, le emozioni ecc. ecc. In generale gli esperti, compreso il mio amico, sono piuttosto scettici al riguardo, anche se non escludono che l’evoluzione degli algoritmi dell’IA, attraverso il deep learning (l’apprendimento profondo), possano un giorno dare vita all’Agi o, almeno, avvicinarvisi. Ne è convinto, per esempio, Geoffrey Hinton, lo scienziato anglo-canadese considerato uno dei padri dell’IA, che ha vinto il premio Nobel per la fisica nel 2024 proprio per i suoi studi in materia. Il suo è un punto di vista improntato a profonda preoccupazione. Ha dichiarato recentemente: “Allo stadio attuale, l’opinione dominante degli esperti è che probabilmente nel giro di vent’anni svilupperemo un’Intelligenza artificiale più intelligente di quella umana”.

Intervistato poi dalla Bbc, si è espresso in questi termini allarmanti: “C’è una probabilità del 10-20 per cento che entro i prossimi trent’anni l’Intelligenza artificiale provochi l’estinzione dell’umanità”. E ha aggiunto: “Il fatto è che non abbiamo mai dovuto fare i conti con cose più intelligenti della nostra specie”. Anche senza prendere alla lettera la previsione, non c’è dubbio che si tratta di una prospettiva inquietante. Resa più pericolosa dalla tecno-allegria dominante, per cui ogni invenzione tecnologica è ritenuta di per sé positiva, e dunque viene rimossa, nei più, la consapevolezza dei rischi. Sicché: oltre ai guasti del profitto e del suo sfruttamento planetario, oltre i mutamenti climatici distruttivi, la guerra che annichilisce la pace, l’umanità si trova a dover affrontare la nuova, insidiosa sfida dell’IA.

Saremo in grado di affrontarla e contenerla? Hinton afferma a chiare lettere che “lasciare l’IA nelle mani di grandi aziende motivate soltanto dai profitti non è sufficiente a garantire che la svilupperanno in modo sicuro”. Aggiunge:” L’unica cosa che può costringere quelle aziende a fare più ricerca sulla sicurezza dell’IA è una regolamentazione del settore da parte dei governi”. Questo, però, è un problema nel problema. Si pensi, per esempio, al rapporto esistente fra Trump e Musk, per cui non si sa bene chi è il presidente reale degli Usa: sarà il primo a condizionare il secondo o viceversa?

Per ora è stata l’Ue ad approvare nel 2023 una specie di statuto di regolazione delle grandi piattaforme digitali. Ma gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, l’India, il resto del mondo? Stefano Santo Sabato è consapevole che, lasciata senza controllo, l’IA potrebbe contribuire a determinare una “schiavitù informativa, in cui il potere dell’informazione è monopolizzato e manipolato in modo polarizzante”. Per affrontare e superare la sfida sostiene che “l’unico antidoto è tornare a parlarci: dobbiamo unirci, discutere e collaborare in modo multidisciplinare”. È convinto che solo così potremo padroneggiare lo strumento, anziché farci condizionare. Forse questa è la strada giusta. Ma il tempo non lavora a nostro favore. Dobbiamo affrettarci.



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