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di Anna Balestrieri
Nelle prossime ore, nell’ambito dell’accordo tra Israele e Hamas, si procederà al rilascio di un altro gruppo di prigionieri palestinesi. Tra questi, figurano donne e minorenni arrestati per attività di supporto logistico o per il coinvolgimento in attacchi contro civili e militari israeliani. Questi individui non sono necessariamente accusati di reati di sangue, ma il loro rilascio continua a suscitare forti reazioni emotive e politiche in Israele.
Parallelamente, l’accordo prevede la liberazione di alcuni individui coinvolti in atti violenti, tra cui membri di organizzazioni come Hamas, Fatah e la Jihad Islamica, che hanno svolto ruoli chiave nella pianificazione di attacchi terroristici o che hanno commesso reati contro la sicurezza dello Stato di Israele. Si stima che la maggior parte dei prigionieri rilasciati sia stata condannata a pene minori o sia in attesa di processo.
Tra i profili discussi, vi sono detenuti con una lunga storia di attività contro Israele, spesso celebrati come “eroi della resistenza” nei territori palestinesi. La loro scarcerazione non solo provoca tensioni interne in Israele, ma rafforza anche la narrativa di Hamas, che utilizza il rilascio dei prigionieri come un successo politico per consolidare il proprio potere.
Gli ostaggi israeliani: il prossimo rilascio
Nell’ambito dell’accordo tra Israele e Hamas per il rilascio degli ostaggi israeliani, è previsto che Israele liberi un numero significativo di detenuti palestinesi, tra cui individui condannati per gravi atti di terrorismo. Nella prima fase dell’accordo, Israele dovrebbe rilasciare un totale di 1.904 detenuti palestinesi, compresi numerosi terroristi condannati all’ergastolo per omicidio, tra cui membri di Hamas, della Jihad Islamica Palestinese e del movimento Fatah. Inoltre, saranno liberate donne e minorenni. Israele rilascerà anche 1.167 palestinesi arrestati nella Striscia di Gaza durante l’offensiva di terra, ma che non hanno direttamente partecipato all’assalto del 7 ottobre 2023.
A fronte della liberazione di questi prigionieri, Hamas procederà al rilascio di un nuovo gruppo di ostaggi israeliani. Tra questi si prevede la presenza di donne, bambini e anziani sequestrati durante l’attacco del 7 ottobre 2023. Le autorità israeliane hanno dichiarato che ogni nuovo rilascio rappresenta un delicato bilanciamento tra il recupero degli ostaggi e le implicazioni di sicurezza.
L’identità specifica degli ostaggi in procinto di essere liberati rimane riservata per motivi di sicurezza e per proteggere la privacy delle famiglie. Tuttavia, si sa che molti di loro hanno trascorso mesi in condizioni estremamente difficili, spesso privi di comunicazione con il mondo esterno e sottoposti a pressioni fisiche e psicologiche.
Mentre il paese attende con ansia il ritorno di tutti gli altri ostaggi, crescono le discussioni sulla sostenibilità di tali accordi, che vedono coinvolti detenuti con un passato criminale importante. Israele si trova a dover gestire una delle sfide morali e strategiche più complesse della sua storia recente.
I precedenti con Sinwar
Questo scambio ha suscitato preoccupazioni all’interno della società israeliana, poiché molti dei detenuti che saranno liberati sono stati condannati per atti di violenza contro civili. Ad esempio, Yahya Sinwar, attuale capo di Hamas a Gaza, era stato precedentemente rilasciato in uno scambio di prigionieri nel 2011 ed è considerato responsabile di ulteriori atti terroristici successivi alla sua liberazione, oltre al 7 ottobre.
I termini dell’accordo
L’accordo prevede che, per ogni civile israeliano rilasciato, Israele liberi 30 detenuti palestinesi; per ogni soldatessa, 50 detenuti; e per ogni ostaggio malato, 110 detenuti. La terza fase dell’accordo include lo scambio di circa 30 salme in cambio di un piano di ricostruzione per la Striscia di Gaza.
Le prime tre donne israeliane rilasciate da Hamas sono Emily Damari (28 anni), Romi Gonen (24 anni) e Doron Steinbrecher (31 anni), che erano state sequestrate nell’ottobre 2023. Dopo 15 mesi di prigionia, sono state liberate e accolte con gioia dalle loro famiglie e dalla nazione intera.
Questo scambio di prigionieri solleva interrogativi sulla sicurezza futura e sulla possibilità che alcuni dei detenuti liberati possano tornare a compiere atti di terrorismo. Tuttavia, per le famiglie degli ostaggi, la priorità rimane il ritorno dei propri cari.
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