Tremors, perché rimarrà uno dei B-movie migliori di sempre

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Tremors compie 35 anni. Lo fa con ancora addosso una popolarità pressoché intatta e che lo rende uno dei film simbolo del suo tempo. Fu un b-movie leggendario, capace di diventare la base per un franchise immenso. Nacque per caso, dalla penna di uno sceneggiatore un po’ matto, seppe unire in sé più generi in modo divertente, esagerato e geniale. Ogni volta rivederlo è sempre speciale.

Un mix di generi capace di divertire e spaventare in modo unico

La nascita di Tremors la dobbiamo a Steven Seth Wilson, uno degli sceneggiatori più atipici e sicuramente più creativi degli anni ’80, che aveva già firmato un piccolo capolavoro della fantascienza come Corto Circuito, ancora oggi un cult indimenticabile del genere. L’idea per Tremors gli venne quando stava lavorando come documentarista per la Marina americana, dalle parti della Sierra Nevada. In quel territorio roccioso ed ostile, gli balenò in mente quell’idea di una qualche creatura mostruosa che spuntasse dal sottosuolo. L’idea rimase nel cassetto per un po’, poi fu grazie al successo raccolto che gli fu riconosciuto il credito necessario da parte delle Majors, per poter proporre quel survival horror movie. Nella sua mente, quel film doveva riportare in vita le atmosfere de Lo Squalo di Spielberg.

Lo stesso titolo all’inizio era addirittura Land Sharks, poi però fu chiaramente modificato, per evitare eventuali fraintendimenti da parte del pubblico. Nelle mani di Wilson, poi aiutato nella stesura finale da Brent Maddock, quella sceneggiatura diventò un piccolo scrigno, all’interno del quale era possibile trovare una marea di riferimenti alla fantascienza degli anni ‘50 e anni ’60. Era l’epoca in cui il cinema horror e scifi assediava il pubblico con gigantesche formiche, ragni, mantidi e compagnia, metafora dell’incubo nucleare ma non solo, era anche il celebrare la mostruosità come porta verso un mistero che la scienza aveva atrofizzato. Ecco che oltre al film di Steven Spielberg, anche il genere western, l’adventure, l’horror trovarono tutti un piccolo spazio in Tremors.

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Insomma, il film che arrivò sugli schermi americani quel 19 gennaio 1990, era un b-movie ardito, irriverente e fantasioso. Tremors ci fece fare la conoscenza di una delle coppie di eroi più indovinata del cinema di quel periodo: Val McKee (Kevin Bacon) ed Earl Bassett (Fred Ward). Bacon e Ward furono i due volti giusti, al posto giusto, per dare credibilità a una coppia di sfigatissimi cowboy moderni, in realtà due tuttofare sgangherati e pieni di polvere, di fatto delle coppie sputate degli eroi dei fagioli western italiani. Fu soprattutto grazie a loro se Tremors diventò anche una sorta di decostruzione di quel machismo eroico, che negli anni ‘80 aveva fatto la fortuna di Hollywood e di una marea di produzioni sul grande schermo, a maggior gloria di Sylvester Stallone, Arnold Schwarzenegger e compagnia.

Nella California assolata, ecco che fanno la loro comparsa questi giganteschi vermoni, creati dall’allora sconosciuta Amalgamated Dynamics, capaci di diventare dei villain sadici, crudeli, spaventosi e affascinanti. Risvegliatisi dopo milioni e milioni di anni, semineranno il panico in quelle terre, costringendo i due e gli abitanti del piccolo villaggio di Perfection Valley, a fare quello che facevano i pionieri nel far West: resistere ad un assedio. Tremors dalla sua ha un crescendo di tensione perfetto, effetti speciali per l’epoca tutt’altro che disprezzabili e una tensione studiata al millimetro. La regia di Ron Underwood trasforma quel gigantesco deserto in un altro oceano, non dissimile da quello in cui i protagonisti de Lo Squalo scrutavano le onde timorosi di scorgere la pinna del terribile pescecane.

Una formula semplice ma incredibilmente efficace

Come in mare aperto, anche lì nel deserto il rumore può essere fatale, può attirare i vermoni e allora ecco che il film diventa in certi momenti un gioco del silenzio mortale. Ma la cosa più interessante è come Tremors tutto questo lo avvolga in una splendida ironia, sovente dark, irriverente, a tratti quasi fumettistica. Il film riprende del mostro come contenitore semantico, non solo alterazione del naturale ecosistema, ma manifestazione di qualcosa di sepolto nel nostro inconscio, il fascino dell’inspiegabile. In realtà possiamo dire che i vari vermoni non fossero poi così assurdi, anzi non erano altro che l’alterazione (molto fantasiosa per carità) di un vero animale marino: il verme di Bobbit. Tremors però non commette l’errore di appesantire il tutto o di sentirsela troppo.



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