Un mondo più a destra – Intervista a Piero Ignazi

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Piero Ignazi è politologo, già docente di Scienze Politiche presso l’Università di Bologna, conosciuto per i suoi studi su partiti politici e politica comparata. Ha analizzato a fondo la trasformazione del sistema partitico italiano, con un particolare focus sul populismo e sulle dinamiche di polarizzazione. Domenica 10 novembre 2024, nel corso di un evento organizzato da Giovani Reporter, con l’A.N.P.I. di Bentivoglio (Bologna), Gaia Marcone ha avuto l’occasione di moderare un evento dal titolo “Cos’è il fascismo oggi?”.


Gaia Marcone: Si sta verificando un grosso revival di destra estrema in tutto il mondo: in Italia con il governo Meloni, Lega e Forza Italia; il governo Orban in Ungheria; il nuovo elettorato di Trump; o, ancora, uno spaventoso secondo posto della AfD in Germania. Tutto ciò è sintomo di un’insofferenza dei cittadini verso una sinistra che non sembra dare sufficienti risposte, oppure c’è una vera e propria radicalizzazione del pensiero verso destra e verso valori che si credevano ormai superati?

Piero Ignazi: Il primo punto è: come siamo arrivati a questo governo? Casualmente. Questo governo si è potuto insediare perché determinati partiti [Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, ndr] hanno stretto un’alleanza.

Questa maggioranza di destra, però, non riflette gli orientamenti dell’opinione pubblica. In Italia, dal 1994, siamo spaccati in due: una componente di destra e una componente non di destra, dal centro alla sinistra estrema. Lo dico non soltanto sulla base dei risultati elettorali ovviamente, ma anche sulla base di tanti studi e sondaggi di opinioni.

I temi considerati i più importanti da parte degli italiani riguardano l’economia, il livello dei salari, la sanità pubblica. Prendiamo ad esempio l’evasione fiscale: è un tema molto sentito dall’opinione pubblica, ma che non esiste sull’agenda politica per incapacità, da parte delle forze di sinistra, di politicizzare questo tema.

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Anche la questione dell’immigrazione, quando è stata politicizzata, è diventato un tema importante, anzi: la punta di lancia di tutto il mondo di destra. E rispetto a un tema così fondamentale, qual è la risposta forte della sinistra?

Non c’è, perché la sinistra non ha nessuna idea. Se di fronte al tema in questione balbetti, te lo fai sottrarre e quindi lasci spazio politico agli altri.

Locandina dell’evento.

In Italia, quindi, non c’è un’ondata di destra: c’è stata semplicemente la capacità, da parte dei partiti di destra, di trovare un accordo e una leadership in Giorgia Meloni. Il che dimostra che non c’è un ‘rigurgito fascista’, ma solo un ottimo lavoro di ingegneria elettorale che può essere ribaltata anche nel breve periodo – ma a patto che la sinistra riesca a crearne una altrettanto efficiente.


Gaia Marcone: Vorrei soffermarmi sull’attuale elezione di Trump. L’America, il grande Paese della libertà, è tornato verso i repubblicani dopo quattro “disastrosi” anni di Biden. Per quale motivo? Semplicemente per il fatto che Kamala Harris non è risultata abbastanza efficiente?

Piero Ignazi: Penso che Biden sia stato il presidente più a sinistra nella storia degli Stati Uniti a partire da Lyndon Johnson, che fece il famoso Civil Rights Act.

Biden è stato probabilmente uno dei migliori presidenti della storia degli Stati Uniti del Dopoguerra, perché è riuscito a riattivare l’economia americana dopo il Covid, a rimetterla sulle posizioni più avanzate nei settori tecnologici, recuperando nella sfida cinese grazie agli investimenti statali.

Infine, quando mai si è visto un presidente americano che va in una fabbrica della UAV, si mette il cappellino del sindacato e dice non solo che lo sciopero è giusto, ma che hanno ragione le operaie a chiedere il 42% di aumento?

Biden è un grande presidente che ha impedito che questa America arrivasse, quattro anni fa, alla guerra civile, mentre Trump aizzava la folla contro il Campidoglio. E, a questo proposito: il fatto che il Tycoon non sia stato preso, portato in galera ed espulso dal mondo politico non fa altro che dimostrare la debolezza dell’America.

Io credo che gli Stati Uniti siano caduti in una spirale autodistruttiva, da guerra civile. Vi do soltanto un dato: oggi ci sono più matrimoni tra bianchi e neri che tra democratici e repubblicani. Solo il 4% dei matrimoni sono politicamente misti. Negli USA non si vuole condividere la propria vita con uno che ha un’idea politica diversa.

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Perché non ha trionfato la Harris? Non lo so, però certamente nel dibattito lei ha vinto a mani basse, mentre il suo avversario affermava che gli immigrati mangiano cani e gatti.

E anche qui, come in Italia, non c’è una valanga a favore dei repubblicani: se andiamo a vedere le statistiche, Trump ha perso 3 milioni di voti rispetto all’altra volta; ma la sua vittoria è stata in discesa perché Harris ne ha persi addirittura 12 rispetto a Biden. Evidentemente, Kamala Harris non è stata convincente per una parte dell’ex-elettorato di Biden.


Gaia Marcone: Che cosa pensa del tema della bassa scolarizzazione degli elettori di Trump?

Piero Ignazi: Attenzione: è un pensiero pericoloso ritenere la propria parte quella degli ‘intelligentoni’, e considerare cretini tutti gli altri. Nelle analisi del 2016 sì è visto un voto molto differenziato per livello di studi, ma oggi la vittoria di Trump è stata molto più trasversale.

Anche in due contee particolarmente ricche, Nassau da un lato e Orange County dall’altro, da sempre fortemente democratiche, Trump è cresciuto moltissimo. Se prima il differenziale tra i democratici e i repubblicani in questi Stati era 80%-20%, oggi si è ridotto a 60%-40%.

La vittoria di Trump non è più il trionfo dei ‘bifolchi’, non è un voto che prende solo le persone dibassa istituzione e a basso livello di reddito, ma è diventato molto più trasversale – e molto più preoccupante.


Gaia Marcone: Vorrei leggere una citazione dal suo libro Il polo escluso. La fiamma che non si spegne: da Almirante alla Meloni (Bologna, Il Mulino, 2023): “Per caratterizzarsi rispetto agli anti-partner di centrodestra, a Fratelli d’Italia non rimane che percorrere la strada sicura di un più o meno velato nostalgismo, irrorato da abbondanti dosi di sovranismo euroscettico e di pulsioni xenofobe e securitarie” (p. 441). In Italia non abbiamo mai avuto un processo di Norimberga e, a causa del trasformismo politico, c’è stato il reinserimento di figure strettamente legate al PNF o al pensiero fascista in tutti gli àmbiti amministrativi, universitari, politici, da parte di quelli che in teoria dovevano essere prigionieri politici. Il Movimento Sociale Italiano, antenato di FdI, è l’emblema di una mancata epurazione? Questo passaggio di testimone da un partito dichiaratamente neofascista è semplicemente un retaggio formale o è realtà nell’ideologia attuale di Fratelli d’Italia?

Piero Ignazi: Innanzitutto, la mancata epurazione in Italia è una storia nota. Alcuni lo consideravano necessario, altri l’hanno considerato un errore storico. Io rientro nella seconda categoria. Si tratta di un errore di proporzioni storiche, cioè di quelli che hanno impedito alla democrazia italiana di andare su una direzione meno continuista rispetto al regime.

Ormai non si torna indietro, ma credo che in Italia ci sia stato al massimo un condannato a morte. Al contrario, in un paese come la Danimarca che non ha avuto resistenza, non ha avuto probabilmente problemi di nessun tipo perché si sono arresi subito nel 1939 ai tedeschi, alla fine della guerra hanno arrestato 40mila persone e ne hanno fucilate 44mila, tanto per dire che bisognava tracciare una riga. In Italia quindi sì, c’è questo problema che noi ci portiamo dietro, perché non abbiamo mai fatto i conti col fascismo.

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So di dire una cosa impopolare, ma la colpa è stata proprio dei partigiani. Perché? Perché ci hanno salvato l’anima: gli eroi che hanno combattuto la Resistenza e sono morti, tuttavia, erano una minoranza rispetto alla grande platea dell’Italia; una minoranza che non è riuscita a far sì che il dibattito sul fascismo diventasse una questione profonda che investisse tutti.

In Germania, invece, i Paesi di occupazione hanno imposto a tutti i cittadini maschi con più di 16 o 18 anni la compilazione del questionario, in cui dovevano dire cosa avevano fatto nella guerra; poi, a campione, erano chiamati e interrogati dalle potenze sia all’est che all’ovest.

I tedeschi sono stati obbligati a guardarsi allo specchio: è stato un forte lavacro interno che è incominciato negli anni subito dopo la guerra e che si è rinfiammato dopo il ‘68, in cui i figli hanno chiesto conto ai padri e ai nonni delle loro azioni nel conflitto. La Germania ha fatto i conti con il nazismo, e oggi c’è una società che è profondamente antinazista.

Perché l’Italia non ha questo?

Il fascismo in Italia è stato il più lungo regime autoritario tra le due guerre, è stato un regime che ha provocato non solo una guerra disastrosa, ma ha anche causato una guerra civile di due anni; è qualcosa in cui la parte sconfitta ha coltivato sempre la memoria.

Del resto, se si va ad esaminare il profilo dei dirigenti del Movimento Sociale, di Alleanza Nazionale e in parte anche dei Fratelli d’Italia, si nota che c’è una biografia personale di individui che erano coinvolti, a diversi livelli, nei partiti e nell’amministrazione fascista prima, e della Repubblica Sociale poi.

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Nella mia vita ho condotto studi sui singoli partiti, e ho cominciato dal Movimento Sociale perché era il più lontano da me. Quindi ho dovuto cominciare a leggere le loro pubblicazioni e andare in alcune biblioteche strane, come quella famosissima a Roma.

Piero Ignazi libro Il polo escluso.
Il polo escluso. La fiamma che non si spegne: da Almirante alla Meloni (Il Mulino, 2023.

Quando sono entrato in quel mondo, ho capito quanto era forte la riproposizione della memoria del fascismo, e questo perché esprime esattamente quello che dice Giorgia Meloni: le sue radici affondano nella cultura fascista, nel neofascismo. Che Meloni sia neofascista non c’è dubbio alcuno, semplicemente perché la sua cultura è quella: ha letto quei libri, è cresciuta con quei testi, ha avuto quei riferimenti.

Ha partecipato anche ai funerali di un terrorista dei NAR, che si svolse con quasi tutti i rituali classici dei funerali neonazisti. Ci pensate se oggi si scoprisse che un dirigente della sinistra ha partecipato al funerale di un brigatista? E, invece, tutto questo passa sotto silenzio.

Oggi si sta verificando una curvatura della democrazia: abbiamo a che fare con una democrazia illiberale: due parole e due concetti che non possono stare insieme perché si contraddicono.

Per capirci, un sistema in cui si vota, anche in maniera decentemente liberale, ma in realtà i diritti sono alla carta a seconda di chi è al governo. Questo vuol dire essere equiparati alla Russia di Putin, dove quegli eroi che, dopo l’invasione dell’Ucraina, si erano seduti sulla piazza Rossa leggendo gli articoli della costituzione russa venivano presi e buttati in un cellulare della Polizia. Noi andiamo in quella direzione.


Gaia Marcone: Adesso vorrei fermarmi su un altro punto fondamentale per la democrazia liberale: il tema del premierato, che Giorgia Meloni vuole portare a referendum.

Piero Ignazi: Il premierato è una delle stelle polari della filiera di estrema destra, che ha sempre avuto una certa simpatia per la figura dell’uomo solo al potere. Per dirla in breve: vogliamo un Duce.

Il premierato, però, è una stupidaggine: anche in Israele hanno tentato di inserire questa figura circa 25 anni fa, ma hanno capito che era una sciocchezza.

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Gaia Marcone e Piero Ignazi (foto: Giovani Reporter).
Gaia Marcone e Piero Ignazi (foto: Giovani Reporter).

Anzi; il premierato è un’aberrazione, perché riduce il ruolo del Parlamento auna sorta di “aula sordida e grigia”, e il ruolo di Presidente della Repubblica a meno che notaio, a un semplice passacarte.

Io mi auguro che questa proposta vada avanti, così ci sarà un referendum e sarà, finalmente, una bella sconfitta per il governo. Su questo non ho dubbi: se c’è una cosa che credo sia ormai abbastanza chiara è che, in questo Paese, c’è un fortissimo attaccamento alla Costituzione. Per questo, secondo me, l’opinione pubblica voterà massicciamente contro.


Gaia Marcone: In un’intervista di qualche mese fa, Giorgia Meloni ha affermato che, anche se il referendum non andrà a buon fine, non rassegnerà in alcun modo le dimissioni.

Piero Ignazi: Non c’è bisogno che le rassegni lei! Glielo faranno fare gli altri.


Intervista a cura di Gaia Marcone, in collaborazione con Francesco Faccioli; trascrizione di Mattia Pallotta.

(In copertina e nell’articolo Gaia Marcone e Piero Ignazi, foto di Davide Lamandini)


Cos’è il fascismo oggi?” è un evento a cura di Davide Lamandini per Giovani Reporter e Moira comunicazione, in collaborazione con A.N.P.I. Bentivoglio (Bo) e con il contributo dei circoli del Partito Democratico di Bentivoglio e di CGIL SPI Bentivoglio. Un ringraziamento particolare a Fabrizio Sarti.

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