Un treno per Milano – andata e ritorno da Frosinone – preso a 82 anni con l’entusiasmo di uno che ne ha 60 di meno. Il cuore che batte forte, come quando si sta per incontrare una ragazza, ed invece è solo un appuntamento con la passione di sempre, la politica. Soprattutto con l’impegno quotidiano mai dismesso del laico credente che ritiene di avere una perenne missione di servizio, nei confronti della sua comunità. Lino Diana s’è sentito scorrere una scossa nelle vene prendendo parte al convegno organizzato da Graziano Delrio, con Pierluigi Castagnetti, Romano Prodi e Ernesto Maria Ruffini nell’anniversario numero 106 della nascita del Partito popolare sturziano.
Ha seguito passo passo ogni intervento dalla platea zeppa di amministratori locali, politici nazionali ed esponenti dell’associazionismo giunti da tutta la penisola. Eppure sulle spalle porta l’esperienza di giovanissimo Consigliere Comunale nel suo paese natale, Boville Ernica, poi due volte Consigliere Regionale del Lazio, e infine l’approdo in Parlamento, alla Camera nell’XI Legislatura e al Senato nella XII e XIII Legislatura. Dal 1995 al 2001 è stato anche membro della Delegazione Parlamentare Italiana nella UEO e al Consiglio d’Europa.
- – Cosa l’ha spinta fino in Lombardia?
“Il richiamo del cattolicesimo democratico. Quando è uscita fuori la notizia, ho creduto di capire che fosse estremamente positiva. Mi ha subito convinto la qualità delle personalità coinvolte, come Prodi, dati gli incarichi portati avanti e l’aver battuto tutte le volte Berlusconi; Castagnetti, ultimo segretario del Partito Popolare e poi la splendida persona che è Graziano Delrio, basta solo ricordare i suoi 9 figli per comprendere di chi parliamo, specialmente in una fase di drammatico crollo della natalità nel nostro Paese. Ruffini l’ho conosciuto a Frosinone, quando venne a presentare il suo libro ‘Uguali per Costituzione: Storia di un’utopia’. Ha fatto parte della gestione tranquilla di una posizione pubblica impegnativa, quale ex direttore dell’Agenzia delle Entrate. Lo ricordo per una proposta intelligente quando affermò che, in caso di evasione fiscale di un imprenditore con azienda di parecchi dipendenti, riteneva fosse inutile se non dannosa la sanzione del carcere, che pur avrebbe potuto meritare. Avrebbe comportato l’abbandono dell’azienda, con messa in pericolo dell’occupazione e della stessa sostenibilità finanziaria. Con conseguente perdita di gettito per la stessa Agenzia delle Entrate, per non parlare del sostegno Inps in caso di ammortizzatori sociali. Proponeva sanzioni interdittive ma lasciando l’interessato alla guida della sua azienda”.
“Quelle riflessioni di Castagnetti che hanno commosso me e la platea”
- – Come è andato nel complesso l’evento dal suo punto di vista?
“L’ho scritto anche ad un amico che non è potuto venire con me: è stata una manifestazione bella e in alcuni tratti anche commovente. Come durante l’intervento di Castagnetti che, facendo una disamina della situazione globale, ha evidenziato una circostanza che, probabilmente, ci stava sfuggendo. Vale a dire che né l’Onu e neppure le Corti internazionali hanno più una presa tale da fermare le violazioni più gravi del diritto internazionale, come nel caso dell’aggressione di Putin e dello stop alla guerra in Medio Oriente. Oggi non esiste un livello istituzionale, politico o giuridico che possa sanzionare condotte contrarie all’ordine internazionale. Oltretutto l’Unione Europea non ha un ruolo incisivo ed anche l’azione di moral suasion di un presidente degli Stati Uniti, s’è visto con Biden, non riesce a condizionare i belligeranti. Insomma c’è molto da riflettere e c’è da lavorare da subito”.
- – Lavorare come cattolici a cosa e su cosa?
“Sostengo sempre che, se non ci fose stato da parte della Chiesa il ‘Non expedit’, vale a dire il divieto ai cattolici italiani di partecipare alle elezioni e in genere alla vita politica dello Stato italiano, probabilmente non avremmo avuto il fascismo. Intanto da alcuni decenni non c’è voce del cattolicesimo democratico su argomenti, come ad esempio un welfare moderno ispirato dalla dottrina sociale del cristanesimo. Lungo questo solco Ruffini è parso lucido, discreto ma estremamente determinato. Ha sollecitato un impegno subito per mettere in campo la cultura dei cattolici democratici, per aiutare il Pd ad ampliare il suo perimetro di rappresentanza culturale ed elettorale. Mirando alle sacche dell’astensionismo alimentato anche da quel mondo cattolico che, non ritenendo di avere un luogo nel centrosinistra di ascolto e confronto, va a riempire le file del centrodestra. Centrodestra che, con largo uso di retorica, sembra diventare il difensore della dottrina”.
- – In concreto: nascerà un nuovo soggetto politico?
“Non c’è stata neppure una parola sul far nascere una nuova corrente o un nuovo partito, ma si tratta di avviare la ripresa di impegno politico dei cattolici democratici. Ruffini, poi, ha pronunciato una bella frase: attenzione al trasversalismo. Quando si vince insieme alla destra vuol dire che ha vinto la destra. Non tu. Hai solo dato alla destra un ruolo di governo che non avrebbe avuto. Oltretutto di partiti ce ne sono già tanti. C’è stato quindi l’accenno ad un impegno immediato a coinvolgere amministratori ed eletti per richiamare coloro che sono cristianamente ispirati, all’azione in poitica. Se pur nella laicità più assoluta, perché non c’è nessuna aspirazione teocratica o clericalistica. Che, peraltro, non era presente neppure nella Dc”.
“Demos? Uguale alla corrente che fondammo con Costanzo e Storti”
- – Scatterà una sua rinnovata partecipazione alla vita del Pd provinciale?
“Nonostante sia nato nel 1942 non puó immaginare l’entusiamo che mi ha preso. Ma comunque ho sempre dedicato molto tempo alle discussioni di politica sui marciapiedi, nei colloqui con gli amici. Perfino a casa sono stato benevolmente accusato di parlare come un avvocato e un politico. Ma questo sono e sono sempre stato. Se si tratta di dare seguito allo spirito della manifestazione, continuerò costantemente a ricercare l’occasione su come frequentare organi di partito e partecipare a convegni. Ma guardo anche ad un’entità che affianca il Pd: Demos di Paolo Ciani che rappresenta al 100% la piattaforma culturale e politica nella quale sono nato con Franco Costanzo e Bruno Storti. Fondammo “Impegno sociale”: ecco, Demos ne rappresenta l’essenza ai nostri giorni. Quando parlo con Ciani e con Maccaro non una sola virgola ci distingue. Ma mai cambiare partito anche se condivido ideali e programmi. Dico agli amici di Demos: vi dovete integrare nel Pd non per scomparire ma dovete inserirvi per essere lievito del Partito Democratico e per consentire al Pd stesso di allargare il proprio perimetro di rappresentanza culturale, politica ed elettorale. Perché oggi i cattolici non si sentono rappresentati”.
- – Cosa pensa della fase congressuale della federazione provinciale?
“Sono un elettore ed un militante non istituzionale, non ho incarichi. Ho ricoperto un ruolo nel tribunale interno 10 anni fa e sono stato responsabile cultura. Ma non penso ad attività istituzionali al di fuori di comizi e contributi in qualche convegno. Insomma sono interno al Pd al 100 per cento come animo e condivisione. Ma al contempo sono esterno, non ricerco incarichi, se non altro per motivi di età. Sul congresso dico che quello che so è quello che leggo. E quello che leggo non è la notizia migliore che potrei leggere sul Pd provinciale, da iscritto e militante convinto. Ma non ho nient’altro da dire”.
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