Riccardo Magi, segretario di +Europa, fra i promotori del referendum sulla cittadinanza. – ANSA
Per depositare le motivazioni alla base della loro decisione, i giudici della Consulta avranno tempo fino al prossimo 10 febbraio. Ma intanto, con una nota giunta poco prima delle 19.30, la notizia è arrivata: il referendum abrogativo sulla cittadinanza è stato dichiarato ammissibile, perché la richiesta non rientra «in alcuna delle ipotesi per le quali l’ordinamento costituzionale esclude il ricorso all’istituto referendario». Una decisione presa al termine di una lunga giornata, iniziata con l’udienza coi comitati che avevano promosso i rispettivi referendum (sei in tutto, com’è noto), durata due ore e mezza. Poi i giudici si sono ritirati in camera di Consiglio, uscendo verso le 19 con le decisioni.
L’esultanza dei promotori, il silenzio del centrodestra
Per votare per questo e per gli altri 4 quesiti ammessi (in materia di lavoro) i cittadini saranno chiamati alle urne tra il 15 aprile e il 15 giugno, come prevede la legge. Il referendum è stato promosso dal segretario di + Europa Riccardo Magi e sostenuto dai partiti Possibile, Radicali Italiani, Psi, Rifondazione Comunista e da numerose associazioni, che hanno raccolto 637mila firme, validate dalla Cassazione. E a dare lo sprone hanno contribuito volti noti dello sport e della cultura come l’allenatore di volley Julio Velasco, il fumettista Zerocalcare e i cantanti Ghali e Malika Ayane. Fra tutti, il primo a esultare è Magi: «Una grande soddisfazione. Ora inizia la campagna». Il suo auspicio è che le istituzioni, a partire dalla premier Giorgia Meloni, invitino i cittadini a partecipare: «I referendum si uccidono con l’astensione, non con il no». Un invito esplicito al centrodestra – rimasto in silenzio dopo la notizia e nel quale in molti presumibilmente hanno masticato amaro – a non trincerarsi dietro il non voto (che da anni affossa questo tipo di consultazioni, valide solo se votano metà degli aventi diritto più uno). Perciò, Magi auspica un “election day” insieme alle elezioni amministrative e regionali «in una data che non disincentivi la partecipazione». E chiede che «sia garantita l’informazione pubblica e non si ricorra a nessun escamotage per cancellare dal dibattito pubblico l’appuntamento». Gli fa eco il collega di partito Benedetto Della Vedova: «Nella crisi demografica che pregiudica il futuro, l’integrazione di chi sceglie l’Italia come casa è una strada necessaria e positiva». In festa il comitato promotore: «La nostra gioia è immensa. Abbiamo la possibilità di cambiare in meglio il volto del Paese. Il sì della Consulta è l’uscita da uno stallo di oltre 30 anni». In serata anche il Pd, con Pierfrancesco Majorino, promette «battaglia per superare una legge arretrata», al fianco delle associazioni promotrici.
L’intento e la formula del quesito
L’obiettivo dei promotori è di far dimezzare da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia richiesti per poter avanzare la domanda di cittadinanza (che, una volta ottenuta, sarebbe trasmessa ai propri figli minori: in tutto circa 2,5 milioni di persone). Per raggiungerlo, tecnicamente il quesito mira a modificare l’articolo 9 dell’attuale legge sulla cittadinanza, la numero 91/1992, che si basa sul cosiddetto ius sanguinis (il diritto di sangue). Sulla scheda, i cittadini leggeranno dunque questa domanda: «Volete voi abrogare l’art. 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”?».
La legge attuale
Oggi acquista di diritto la cittadinanza alla nascita solo chi è nato da madre o padre italiano. Chi è d’origine italiana, può chiederla in modo agevolato. Mentre lo straniero nato in Italia può divenire cittadino solo se vi risiede legalmente e ininterrottamente fino ai 18 anni e dichiara, entro un anno dalla maggiore età, di volerlo essere.
Ius soli e Ius scholae
Da tempo, la politica si confronta su alcune proposte: quelle basate sullo ius soli riguardano chi nasce in Italia, (500mila persone l’anno); quelle sullo ius scholae o ius culturae, sono per chi completa un ciclo di studi quinquennale (135mila persone l’anno). Per inciso, un eventuale esito positivo del referendum allineerebbe l’Italia alla maggioranza delle normative europee. Pure la Germania all’inizio del 2024 ha approvato una legge che collima con l’ipotesi derivante dal quesito italiano, fissando a 5 anni il periodo di residenza necessario per l’ottenimento della cittadinanza.
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