Ibis Eremita abbattuto da un cacciatore che ha provato a occultarlo ma è stato incastrato dal Gps: ”I cacciatori non sono vittime del bracconaggio sono parte del problema”

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TRENTOPuck si stava alimentando nei pressi di una fattoria prima di posarsi su un albero per riposare. Nel pomeriggio, si è spostato sul tetto di un edificio della fattoria, dove è stato colpito, ucciso da uno sparo. Poco dopo, il suo corpo è stato trasportato in auto in un sito e abbandonato per occultare il crimine. Il colpevole? Un cacciatore membro di un’associazione venatoria italiana. La vittima? Un rarissimo (e protettissimo) Ibis eremita parte del progetto di ripopolamento che da qualche decennio sta cercando di reintrodurre questa specie scomparsa in passato proprio per l’attività spietata dei cacciatori. Ora ”il cacciatore – spiega Roberta Peroni, membra del progetto di reintroduzione europeo Life e responsabile della campagna per la caccia illegale in Italia – dovrà rispondere delle accuse di uccisione ingiustificata di una specie protetta e di aver causato un danno significativo a una popolazione di un animale in via di estinzione. Speriamo in una sentenza che renda giustizia alla gravità del caso. Intendiamo anche chiedere un risarcimento per il progetto di conservazione europeo in una causa civile”.

 

La vicenda risale a novembre 2024 ed è avvenuta sugli Appennini. Tutto è conosciuto perché ormai circa il 90% degli Ibis Eremita che migrano attraverso i nostri cieli è dotato di dispositivi Gps avanzati che forniscono dati sulla posizione in tempo reale e tracciano parametri come l’orientamento del corpo e l’accelerazione. Uno di questi uccelli, il maschio di nome “Puck”, incarna appieno il successo del progetto. Nato in natura nel 2021, Puck ha imparato la rotta migratoria dai suoi simili, migrando tra le zone di riproduzione a Salisburgo e l’area di svernamento in Toscana. Purtroppo, nel novembre 2024, durante una sosta sugli Appennini, Puck è stato colpito e ucciso da un’arma da fuoco e subito il Gps ha trasferito il segnale.

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Questa segnalazione, ricevuta da un membro dello staff del progetto, includeva dettagli precisi sulla posizione, consentendo ai Carabinieri Forestali di Forlì-Cesena di indagare rapidamente sulla scena del crimine. Una perquisizione domiciliare disposta dall’Autorità Giudiziaria ha portato al ritrovamento dell’arma utilizzata per sparare a Puck. L’arma è stata confiscata e al cacciatore è stata ritirata la licenza di porto d’armi. Questo incidente evidenzia un problema più ampio: circa un terzo delle perdite di Ibis eremita in Italia è causato dalla caccia illegale. Altri uccelli migratori protetti sono esposti a minacce simili.

 

Nonostante le associazioni venatorie dichiarino di sostenere la conservazione, le prove dimostrano che i bracconieri sono principalmente cacciatori e membri di associazioni venatorie. Johannes Fritz, responsabile del progetto LIFE Ibis eremita, osserva: “Per oltre 20 anni abbiamo lottato contro l’uccisione insensata degli Ibis eremita in Italia. Il caso di Puck offre una speranza, dimostrando come la tecnologia avanzata possa aiutare a combattere i crimini contro la fauna selvatica. Man mano che andiamo avanti, soluzioni innovative come queste saranno fondamentali per proteggere le specie in via di estinzione”.

 

In un recente comunicato stampa, la Federazione Italiana della Caccia (FIdC) si è presentata come un partner impegnato nella protezione di specie minacciate come l’Ibis eremita. Tuttavia, i dati attuali del progetto europeo LIFE mostrano un quadro diverso e sollevano seri interrogativi sul ruolo effettivo delle associazioni venatorie. Mentre la FIdC parla di una cooperazione di successo con le organizzazioni di conservazione e si posiziona come pioniere nella lotta al bracconaggio, i dati del progetto europeo LIFE per la reintroduzione dell’Ibis eremita mostrano che le uccisioni illegali continuano a rappresentare una grave minaccia per gli uccelli. Circa il 30% delle perdite in Italia sono chiaramente causate dal bracconaggio. Solo durante la migrazione autunnale del 2024, è stato confermato che otto uccelli sono stati uccisi illegalmente in Italia. Poiché la causa della morte rimane sconosciuta in circa il 50% dei casi, gli esperti ritengono che il numero effettivo di perdite dovute al bracconaggio sia ancora più elevato.

 

Il bracconaggio durante la migrazione autunnale rappresenta una minaccia enorme per l’Ibis eremita – spiega Johannes Fritz -. Dobbiamo supporre che anche per molte altre specie di uccelli migratori, circa un terzo delle perdite in Italia sia dovuto al bracconaggio”. Nel suo comunicato stampa, la FIdC considera i cacciatori come vittime del bracconaggio. Secondo la dichiarazione, l’illegalità e il bracconaggio non hanno nulla a che fare con la caccia e i cacciatori, che sono in realtà le parti più colpite.

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”Tuttavia – queste le evidenze del progetto LIFE – il bracconaggio si verifica quasi esclusivamente durante la stagione di caccia legale e nelle aree di caccia designate. Sono stati identificati diversi sospetti. Erano tutti cacciatori con licenze di caccia valide e iscritti ad associazioni venatorie italiane. Un esempio recente è l’uccisione di Puck. Grazie alla moderna tecnologia GPS, il colpevole è stato rapidamente identificato e ha confessato il crimine. Egli, come un altro autore condannato nel 2016, è un cacciatore con licenza e membro di un’associazione venatoria italiana”.

 

I cacciatori non sono affatto solo vittime innocenti del bracconaggio. I responsabili sono nelle loro stesse fila – sottolinea Fritz -. È responsabilità delle associazioni venatorie intervenire con coerenza contro questi membri criminali”. ”L’elevato numero di bracconaggio da parte dei cacciatori – proseguono i responsabili del progetto LIFE – indica un problema profondamente radicato all’interno della comunità venatoria. Per proteggere l’Ibis eremita e altre specie in pericolo, sono necessarie misure coerenti per combattere il bracconaggio all’interno della comunità venatoria e un rafforzamento della cooperazione tra le organizzazioni di conservazione e le associazioni venatorie. La discrepanza tra le dichiarazioni pubbliche della FIdC e la situazione reale sul campo è evidente. Mentre le associazioni venatorie parlano del loro impegno per la conservazione, contribuiscono in modo significativo al declino delle specie minacciate attraverso il comportamento dei loro membri che violano la legge. Il loro comportamento non solo mina la fiducia nelle associazioni venatorie, ma danneggia anche la credibilità dell’intera comunità venatoria”.

 

Fritz conclude: “È tempo che le associazioni venatorie si assumano le proprie responsabilità, combattano senza compromessi il bracconaggio all’interno dei loro gruppi e si impegnino attivamente per proteggere la biodiversità”.

 

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