Maslennikov (Oxfam): «Un’aristocrazia globale guadagna 2 mila miliardi in più in un anno»

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difficile da pignorare

 


Mikhail Maslennikov, policy advisor di Oxfam Italia, la ricchezza dei miliardari è aumentata di duemila miliardi di dollari nel 2024. Perché nel rapporto che avete pubblicato ieri parlate di «ricchezza immeritata»?
Ai super-ricchi piace dire che per accumulare enormi patrimoni ci vogliono abilità, determinazione e duro lavoro. Ma siamo così sicuri che la ricchezza estrema sia davvero ascrivibile a meriti individuali? Oltre un terzo delle fortune dei miliardari deriva da eredità e il trasferimento generazionale di ricchezza è destinato ad accentuarsi nei prossimi 2-3 decenni. Difficile dare torto a chi parla dell’avvento di una vera e propria «aristocrazia globale». La ricchezza estrema è, in parte, riconducibile a sistemi di relazioni clientelari con la politica e la pubblica amministrazione e, soprattutto, è intrecciata con l’immenso potere di mercato esercitato dai colossi che i miliardari controllano o dirigono. Un potere monopolistico che garantisce rendite ingiustificabili.

 

Mikahil Maslennikov (Oxfam Italia)

Si può capire che i miliardari cerchino di allearsi con Trump che ieri si è reinsediato alla Casa Bianca. Ma perché Trump è votato anche dai poveri che saranno massacrati dalle sue politiche?
È l’effetto della precarizzazione economica e della marginalizzazione culturale di ampie fasce della popolazione. Stanno favorendo l’adesione a proposte politiche identitarie di destra che si vanno radicando dagli Stati Uniti fino all’Europa.

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Su cosa si basano quelle che lei definisce come «politiche dell’identità»?
Sulla creazione di artificiose contrapposizioni tra gli emarginati, insistono sul concetto di popolo e nazione, cercano nemici interni ed esterni e fanno leva del razzismo. Queste politiche compensano il mancato raggiungimento di risultati economico-sociali a beneficio dei più vulnerabili con il soddisfacimento di obiettivi di identità. Allo stesso tempo però applicano politiche economiche e fiscali che avvantaggiano chi è già in posizione di privilegio. Sono un pessimo viatico per un’economia più inclusiva e una società più equa.

In questa situazione che futuro ha la vostra battaglia sulla tassazione dei ricchi?
A livello internazionale ci sono barlumi di speranza: il dossier #TaxTheRich è entrato a far parte dell’agenda del G20 e figura tra i possibili protocolli della Convenzione Quadro sulla Cooperazione Fiscale Internazionale delle Nazioni Unite che sarà negoziata a partire da quest’anno. In Italia è fuori discussione un aumento del prelievo sulle grandi eredità e l’ l’imposta sui grandi patrimoni resta un tabù, nonostante goda del supporto di una maggioranza relativa persino nell’elettorato di centrodestra.

Dal taglio del cuneo fiscale alla flat tax. Nel rapporto criticate le politiche fiscali del governo Meloni. Perché?
Mostrano disattenzione all’equità distributiva e tradiscono la democrazia fiscale. Il governo italiano si disinteressa del fatto che i ricchissimi versano, in proporzione al proprio reddito, minori imposte e contributi di un’infermiera o un’insegnante. In più si tende a esasperare la frantumazione del sistema fiscale in molteplici regimi preferenziali e si fanno patti iniqui con i contribuenti ritenuti meno fedeli al fisco. Restiamo un paese in cui sempre gli stessi pagano le imposte per sostenere la sanità e l’istruzione, oggi sotto-finanziati e a rischio di tagli.

Molta enfasi è stata spesa in questi mesi sull’aumento dell’occupazione in Italia. Voi invece siete scettici. Per quale motivo?
Perché non si affrontano di petto le debolezze strutturali del mercato del lavoro come la sotto-occupazione e la bassa qualità lavorativa di giovani e donne, i divari retributivi e le sacche di lavoro povero. Non c’è una chiara politica industriale orientata alla creazione di buona occupazione. Non si rafforza a contrattazione collettiva e il salario minimo legale è stato affossato. Sono stati però liberalizzati i contratti a termine e sono state ridotte le tutele del lavoro negli appalti con il rischio di aumentare saltuarietà e precarietà lavorativa.

Con Meloni la povertà è aumentata ed è tornata al record storico. Come mai?
Con la «riforma» del reddito di cittadinanza il governo ha abolito di fatto – un unicum in Europa – il diritto di ogni cittadino in difficoltà di accedere in modo continuativo a un sussidio pubblico che gli permetta di condurre un’esistenza dignitosa. Il nuovo «Assegno di Inclusione» ha comportato una contrazione del 37,6% del numero delle famiglie beneficiarie, una riduzione dell’importo medio mensile erogato a nuclei numerosi e uno scostamento maggiore, eccezion fatta per le famiglie con i minori, tra i nuclei che beneficiano del sussidio e quelli in povertà assoluta.



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