Perché Trump può essere lo schiaffo che finalmente sveglia la sinistra

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I giorni del tuono, li ha chiamati Steve Bannon, il primo ideologo di Donald Trump, ma forse c’è un errore: perché sono bastate poche ore al neo presidente americano per travolgere l’America e il mondo a colpi di ordini esecutivi: deportazione di milioni di immigrati irregolari, trivellazioni senza limiti alla ricerca di gas e petrolio, fine di ogni politica di lotta al cambiamento climatico, dazi alle importazioni, fine di ogni politica contro le discriminazioni di razza e genere. 

L’intento è chiaro, ed è lo stesso Trump a dirlo nel suo discorso d’insediamento: “Con queste azioni, daremo inizio al completo ripristino dell’America e alla rivoluzione del buon senso. È tutta una questione di buon senso”. In altre parole, il presidente americano e i suoi accoliti vogliono cancellare in un colpo solo ogni politica ecologista, ogni residuo brandello di globalizzazione e di società aperta, accogliente e inclusiva.

Buonsenso, lo chiama. Mutuando le parole del filosofo e ideologo della nuova destra francese Alain De Benoist, secondo cui per conquistare il potere sarebbe stato fondamentale cambiare il senso comune e la percezione di cos’è normale nelle persone. Ed è qua, in effetti, che si annida il vero rischio della rivoluzione trumpiana: che diventi culturalmente irreversibile. Che le sue parole d’ordine, che fino a qualche tempo fa sembravano scabrose, diventino la nuova normalità.

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È un rischio mortale che corrono le destre moderate e popolari, da sempre il primo argine alle destre estreme, che non da ieri – ma ancor più da ieri – vivranno l’incubo di essere disintegrate da chi per primo si farà portavoce delle parole d’ordine del trumpismo. È un processo, questo, che in Europa è già in atto. In Italia, Francia, Austria, Paesi Bassi, Belgio, persino nel Regno Unito, senza parlare dell’est Europa, ormai le destre estreme hanno preso il posto delle destre popolari. E in Germania, Spagna, Portogallo, Svezia, Finlandia, sono già abbastanza forti e in crescita da condizionarne l’agenda. Non bastasse, da domani avranno Trump ed Elon Musk al loro fianco, pronti a soffiare sul fuoco per portarle al governo e fare brandelli di ogni agenda progressista pure nel Vecchio Continente.

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Il rischio, per chi di destra non è, è deprimersi e autocompatirsi, fino alla resa. Accettando che la partita per lottare contro il cambiamento climatico, per l’inclusione sociale, per l’accoglienza di chi scappa dall’orrore, per la parità di genere sia persa per sempre. E cercando di contrapporre a Trump, o al suo corrispettivo di casa, una specie di succedaneo moderato: che la pensa come lui, ma un po’ meno.

Al contrario, questo può essere il momento di mettere in discussione quanto si è fatto negli ultimi trent’anni almeno, di capire dove si è sbagliato, di comprendere tutte le contraddizioni e le ambiguità che hanno caratterizzato i governi di sinistra – o presunta tale – degli ultimi anni. Per poi opporre a Trump e a tutte le destre estreme un’alternativa giocoforza radicale.

È una strada che ha potenzialità elettorali: c’è un pezzo di società che non si rassegna a un mondo di cataclismi come gli incendi di Los Angeles, che non vuole vedere i bambini morire in mare, che non vuole tornare a un mondo di confini, muri e guerre, che non accetta discriminazioni contro chi non è bianco o eterosessaule. E che non crede che un miliardario circondato da miliardari che hanno passato la vita ad arricchirsi a spese di chi è più povero di loro possano diventare improvvisamente i paladini degli ultimi.

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Trump, insomma, può essere il colpo mortale per le sinistre Occidentali, ma anche lo schiaffone in grado di svegliarle dal loro lungo torpore, dalla loro ipocrisia, dalle loro ambiguità. Se non si arrenderanno, questa – magari – verrà ricordata come l’ora più buia prima dell’alba. Se si arrenderanno, arriveranno ore ancora più buie.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell’European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è “Nel continente nero, la destra alla conquista dell’Europa” (Rizzoli, 2024).





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