Piazza Bellini a Napoli, accolto il ricorso dei residenti: «Stop al caos movida»

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Il Comune è responsabile dell’inquinamento acustico. E dovrà pagare ben 33mila euro a testa ai residenti di piazza Bellini che hanno fatto ricorso contro il Municipio. Un totale di oltre 230mila euro che dovranno essere sborsati da Palazzo San Giacomo condannato in primo grado dal Tribunale di Napoli, decima sezione civile, «a far cessare le immissioni di rumore provenienti da piazza Bellini e zone limitrofe». Una pronuncia, quella della decima sezione civile, che desta una certa preoccupazione a Palazzo San Giacomo dove i legali stanno studiando le sedici pagine della sentenza pubblicata ieri e si preparano, con ogni probabilità, a fare ricorso in appello.

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Anche perché la sentenza emessa dal giudice monocratico Anna Maria Pezzullo non fa riferimento solo al fenomeno della cosiddetta “movida molesta”, ma alle immissioni di rumore oltre i limiti registrate in strada sia di giorno che di notte. Un principio che se fosse confermato rischierebbe di aprire un vero e proprio vaso di Pandora perché il superamento dei limiti di rumore potrebbe essere rilevato in parecchi contesti cittadini. L’aspetto curioso della vicenda è che gli avvocati del Municipio se la dovranno vedere in sede legale con un consigliere comunale della maggioranza: l’avvocato Gennaro Esposito, oggi esponente di Azione ma eletto nelle fila della lista “Manfredi sindaco”.

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La sentenza

La vicenda legale ha inizio nel 2017. I residenti lamentano di «subire un gravissimo perturbamento della vivibilità delle loro case, a causa dell’inquinamento acustico» dovuto «all’assembrarsi, di notte, di migliaia di giovani» davanti ai baretti e dall’uso di casse, tamburi e bonghi. Un inquinamento acustico accertato, si legge nella sentenza, anche dall’Asl nella notte tra il 17 e il 18 giugno 2017. Il gruppo di ricorrenti ha quindi chiesto il risarcimento danni e l’intervento del Comune perché lesi nel «proprio diritto al pacifico godimento degli immobili di cui sono proprietari oltre che del diritto alla salute».

Una tesi che il giudice di primo grado ha ritenuto valida. La sentenza cita un precedente simile avvenuto a Brescia dove il Comune ha perso contro alcuni cittadini che hanno fatto ricorso per circostanze molto simili. In quel caso i ricorrenti ebbero la meglio in primo grado. Il Comune vinse il ricorso d’appello ma la sentenza fu ribaltata dalla Cassazione che diede ragione ai residenti. «La pubblica amministrazione – si legge nella sentenza della Suprema corte citata anche dal giudice di Napoli – è responsabile dei danni conseguenti alla lesione dei diritti soggettivi dei privati, cagionata da immissioni provenienti da aree pubbliche». Ma come si valuta se l’inquinamento acustico supera la soglia limite? Il tribunale di Napoli ha fatto affidamento a una perizia tecnica attraverso l’analisi fonometrica. Ebbene, questo è l’esito: «In ciascuno degli immobili di proprietà degli istanti i valori delle immissioni sonore registrate superano i limiti della “normale tollerabilità”».

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Ma il Comune ha gli strumenti adeguati per fermare l’inquinamento acustico? Secondo il Tribunale sì. Tre tipi di regolamentazione, in particolare, sono richiesti al Municipio. Uno: «L’interdizione dell’uso nelle aree pubbliche in questione di strumenti musicali di ogni genere». Due: «La predisposizione di un servizio di vigilanza che si adoperi, oltre l’orario di chiusura degli esercizi commerciali, a far allontanare le persone dalle aree pubbliche». Tre: «L’installazione di strutture fonoassorbenti o fonoriflettenti che agiscano sulla via di propagazione del rumore».

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Il risarcimento

Quanto alla richiesta di risarcimento, viene accolta poiché, si legge nella sentenza, il Comune «non ha provveduto ad adottare misure effettivamente idonee a neutralizzare le emissioni acustiche o a contenerle nei limiti della normale tollerabilità così ledendo il diritto degli istanti al riposo notturno e alla vivibilità delle proprie abitazioni». La sentenza cita alcune ordinanze sulla movida messe in campo dall’allora sindaco de Magistris ma che a giudizio del Tribunale «si sono rilevate assolutamente inidonee allo scopo». Soddisfazione viene espressa dall’avvocato Esposito che parla di «sentenza storica».

«Ci auguriamo – dice a nome del comitato per la vivibilità da lui presieduto – che il Comune si attivi tempestivamente per tutelare non solo i diritti dei cittadini che hanno avuto il coraggio di intraprendere questa battaglia legale ma di tutti i residenti che vivono questo gravissimo disagio». Quanto alla sua posizione di consigliere comunale e legale che agisce contro il Comune, Esposito spiega: «Dall’amministrazione non ho trovato ascolto per affrontare la questione per via politica e per questo ho portato avanti la strada giudiziaria, intrapresa quando non ero consigliere comunale, per far sì che i diritti delle persone fossero rispettati».





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