dalle nozze un colosso, ma si accende la lotta interna

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Completata l’operazione Generali-Natixis: nasce un colosso da 2mila miliardi – Reuters

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Annunciate ormai da tempo e approvate, domenica, anche dal comitato per gli investimenti di Generali, pur se non all’unanimità, le nozze tra il gruppo assicurativo italiano e la compagnia francese Natixis hanno visto ieri il sì all’accordo preliminare anche da parte del cda della stessa compagnia triestina, a dieci giorni dalla presentazione del nuovo piano triennale in programma il 30 a Venezia. Firmato dunque ieri il memorandum che poi porterà all’accordo finale vincolante – dopo un percorso che durerà diversi mesi – si avvicina la nascita di un vero e proprio colosso del risparmio gestito, anche se tra i soci di Generali l’operazione non è completamente condivisa. Da Delfin e dal gruppo Caltagirone le principali perplessità, che potrebbero portare a nuove spaccature interne. Sul tavolo del cda – da cui è comunque arrivato un sì all’unanimità – era arrivata anche una lettera del collegio sindacale che sottolineava come i tempi per assumere una delibera da parte del board di ieri fossero troppo «stretti», lettera che non era giunta invece in tempo utile per essere considerata domenica dal comitato investimenti.

La nuova società italo-francese gestirà asset per circa 2mila miliardi di euro, per una piattaforma che sarà tra i primi dieci asset manager a livello globale e seconda in Europa solo ad Amundi. Il percorso sarà lungo non solo per i necessari passaggi regolamentari, ma anche a causa delle tante società coinvolte che gestiscono attualmente i risparmi dei clienti del gruppo transalpino e di quello italiano: sono 16 per Natixis e 14 per Generali. La joint venture vedrà una società di nuova costituzione, fra Natixis Investment Managers e Generali Investments Holding (Gih) con quote paritetiche del 50 per cento ciascuna. Natixis, controllata dal gruppo bancario Bpce (Groupe des Banques Populaires et des Caisse d’Epargne), conferirà circa 1.200 miliardi di euro di attività, mentre Generali, che in partenza ha dimensioni minori malgrado il recente acquisto di Conning, 650 milioni, anche se potrebbe aggiungere ogni anno una parte della nuova raccolta netta generata dalle sottoscrizioni delle polizze assicurative, in modo da garantire un peso equivalente ai due protagonisti anche nella governance.

Perché unirsi? Logica industriale, economie di scala: costi più ridotti, sinergie, miglioramento dei rendimenti e delle opportunità di investimento per i clienti, oltre ad una maggiore capacità di attrarre masse da gestire da altri investitori. Generali e Natixis manterrebbero il controllo sui premi e il risparmio conferito, definendo le strategie e le politiche di investimento sulla base di mandati circoscritti. Essere “grossi” sul mercato ha letteralmente un peso da poter far valere. Per il ceo di Generali Philippe Donnet, la creazione della joint venture rappresenta “un’opportunità unica per dare vita all’asset manager leader in Europa e tra i primi dieci a livello globale”. Bpce e Generali manterrebbero piena autorità sulle decisioni di asset allocation per i rispettivi asset. Secondo una nota di Genrali, la governance della nuova realtà prevede una “equilibrata struttura che riflette il controllo condiviso, con il Ceo di Bpce, Nicolas Namias, nominato Presidente del Consiglio di Amministrazione e il Ceo di Generali, Philippe Donnet, in qualità di Vicepresidente. Woody Bradford, attuale Ceo di GIH, ricoprirebbe il ruolo di Ceo della società e Philippe Setbon, oggi Ceo di Natixis IM, il ruolo di Vice Ceo”.

Tutti d’accordo sull’operazione, dunque? Non proprio. La valutazione positiva dell’operazione Generali-Natixis non è stata infatti adottata all’unanimità dai sei componenti del comitato per gli investimenti di Generali. Stefano Marsaglia, secondo alcune fonti, non avrebbe condiviso le considerazioni della maggioranza del comitato. Marsaglia era l’unico componente del comitato proveniente dalla lista presentata dal gruppo Caltagirone, critico, al pari di Delfin, verso un’integrazione con Natixis. Delfin è titolare del 9,9% di Generali, mentre a Caltagirone fa capo un altro 6,9%. Quali i timori? Soprattutto il rischio che Generali possa perdere la presa su decine e decine di miliardi di euro di risparmio italiano, dirottato lontano dal nostro Paese, dalla sua economia e dal suo debito pubblico. A ciò si aggiungono le perplessità sulla effettiva pariteticità della governance, sull’assenza di patti parasociali che offrano vie d’uscita, sulla competenza dell’assemblea in merito all’operazione, che non passerà al vaglio dei soci dopo il voto del cda: non è prevista alcuna assemblea straordinaria.

L’accordo verrà ora trasmesso e notificato alla Presidenza del Consiglio dei ministri e Palazzo Chigi valuterà se ci sono gli estremi per attivare la procedura del golden power. Difficile ancora capire se i dubbi di Delfin e Caltagirone possano tramutarsi in uno scontro legale. Nel frattempo si avvicina il rinnovo dell’intero cda di Generali all’assemblea dell’8 maggio. In vista dell’appuntamento, prima del quale i soci auspicano vengano chiarite dalla Consob le nuove regole della Legge Capitali sulla lista del cda, Donnet – che si prepara a un nuovo mandato – potrà presentarsi all’Investor Day del 30 gennaio sul nuovo piano con in mano l’intesa coi francesi.





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