Ecco chi sono i detenuti palestinesi nelle carceri israeliane

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Di: Modem/M.Mar./Pa.St./Reuters 

“Non ci sono sicuramente personaggi palestinesi di spicco nel primo gruppo di prigionieri scarcerati da Israele la notte del 20 gennaio”, così si pronuncia ai microfoni di Modem Michele Giorgio, giornalista e collaboratore RSI dal Medio Oriente, parlando dello scambio di detenuti previsto nella tregua stabilita tra Israele e Hamas, in atto dal 19 gennaio alle 11.15 israeliane (10.15 svizzere). Sembrerebbe infatti che le prossime scarcerazioni saranno più importanti, poiché Hamas pretende che vengano liberati anche prigionieri all’ergastolo per attentato, ma “sappiamo che Israele vuole evitare queste scarcerazioni, pone un veto su alcuni personaggi di primissimo piano” aggiunge Giorgio.

La prima fase della tregua siglata tra le due controparti durerà 42 giorni, nei quali verranno liberati 33 ostaggi israeliani in cambio del rilascio di detenuti palestinesi per un rapporto di 1 a 30. A partire dal 16esimo giorno dell’intesa inizierà la discussione sulla seconda fase del piano, in cui si prevede il rilascio di tutti gli ostaggi. I palestinesi momentaneamente in arresto nelle carceri israeliane sono 10’400, secondo la Commissione per gli Affari dei prigionieri dell’Autorità palestinese e la Società dei prigionieri palestinesi. Tra questi non vengono però contati i detenuti arrestati a Gaza nei 15 mesi di guerra.

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L’unica prigioniera palestinese di spicco, presente tra le 69 donne ed i 21 minori liberati per ora da Israele, è Khalid Jarrar, deputata del Fronte Popolare per la liberazione della Palestina (PFLP), organizzazione di sinistra. Jarrar è esponente del movimento femminista palestinese e per molto tempo è stata anche attiva in ambito di diritto internazionale. Non si è mai macchiata di crimini, ma è stata arrestata e scarcerata in diverse occasioni, accusata proprio di far parte del PFLP, gruppo politico ritenuto terroristico da Israele.

Il veto di Israele permane su personaggi come Marwan Barghouti, ex membro del gruppo politico Fatah, che ha lasciato a causa di divergenze con l’attuale leader Mahmud Abbas. Barghouti è considerato il “Mandela” dei palestinesi ed è una figura politica prominente. Nonostante sia detenuto da oltre 20 anni, è ancora abbastanza rilevante per poter rappresentare un punto di riferimento in un possibile appianamento del conflitto, portando avanti una politica di compromesso con Israele.

L’altro attore politico, sulla cui liberazione Israele pone forte resistenza, è Ahmad Sa’dat, leader del PFLP, condannato a 30 anni di detenzione nel 2008 dopo che il suo gruppo politico ha dichiarato di aver ucciso il ministro israeliano dei trasporti Rehavam Zeevi nel 2002, come rappresaglia per l’assassinio di Abu Ali Mustafa, predecessore di Sa’dat.

Tra gli arrestati possiamo riconoscere diverse figure di spicco, fortemente legate al movimento islamico di Hamas, i quali hanno commesso reati gravi e omicidi.

Abdahllah al-Barghouti, fedele di Hamas, è stato condannato all’ergastolo nel 2004 per aver organizzato una serie di attacchi kamikaze tra il 2001 ed il 2002. al-Barghouti ha preparato le cinture esplosive usate durante le aggressioni, tra cui quella usata a Gerusalemme nel ristorante Sbarro, in cui son rimaste uccise 15 persone.

Ibrahim Hamed viene invece arrestato nel 2006 a Ramallah, accusato a sua volta di aver organizzato diversi attacchi kamikaze, i quali hanno causato dozzine di vittime israeliane. Hamed è stato a capo delle Brigate Ezzedin al Qassam, l’ala militare di Hamas in Cisgiordania.

Un altro detenuto di risalto è Nael Barghouti, conosciuto come il “decano” dei prigionieri palestinesi, in quanto ha trascorso ben 44 dei suoi 67 anni nelle carceri israeliane. Dopo essere stato arrestato nel 1978 per aver ucciso un soldato a Gerusalemme, è stato liberato assieme ad altri 1’000 palestinesi nel 2011, nell’accordo per la liberazione del giornalista sportivo israeliano Gilad Shalit. Viene arrestato nuovamente nel 2014 e condannato con la reclusione a vita. Nel momento del primo arresto Barghouti faceva parte del gruppo Fatah, che ha abbandonato per unirsi successivamente ad Hamas.

La tregua per ora ha semplicemente portato le due parti ad un accordo riguardo lo scambio tra detenuti ed ostaggi, ma non è stato stabilito in alcun modo un meccanismo che metterà Hamas ed Israele al tavolo della discussione sulla risoluzione del conflitto israelo-palestinese. Il collaboratore RSI Michele Giorgio conclude il suo intervento esternando le sue uniche certezze: “Dopo questo enorme bagno di sangue e tutto quello che è avvenuto e che sta avvenendo in queste ore, dobbiamo amaramente constatare che non c’è nessuna possibilità, al momento, che possa in qualche modo ripartire un negoziato per cercare, anche e soprattutto in ambito internazionale, una soluzione a questo conflitto che va avanti da decenni”.

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