Forum Turismo 2025 “Destination Management domani”: territori e marketing

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In vista del Forum Turismo 2025: “Destination Management domani”, due giornate di approfondimenti e workshop con esperti, istituzioni, enti del turismo, associazioni di categoria del territorio locale e nazionale, organizzato da Manageritalia Puglia, Calabria e Basilicata (31 gennaio/1° febbraio a Bari, Fiera del Levante, Padiglione 152, Regione Puglia), abbiamo intervistato Sonia Ferrari, docente di Tourism Marketing e Place Marketing Università della Calabria. Ferrari interverrà nella tavola rotonda “Attrattori Turistici: Integrazione del patrimonio culturale nella promozione turistica”. Informazioni e programma quiRegistrati qui.

Quali sono oggi le principali leve attraverso cui il turismo può generare un impatto economico positivo e duraturo sulle regioni italiane, in particolare quelle del Sud?

«Il turismo può ancora dare un apporto molto positivo al tessuto economico e sociale italiano, in particolare nel Mezzogiorno. Naturalmente bisognerebbe investire per attrarre specifici segmenti e nicchie di mercato, anche forme di turismo legato a specifici interessi (special interest tourism), piuttosto che limitarsi a mirare a raggiungere elevati flussi turistici in alta stagione. Per contenere il dannoso fenomeno dell’overtourism, infatti, bisognerebbe distribuire in modo più equilibrato i flussi in termini spaziali e temporali, valorizzando destinazioni e risorse meno note o nuove e riducendo la stagionalità della domanda. Essendo una studiosa di event marketing ritengo che, in particolare, alcuni eventi speciali potrebbero essere molto utili per queste finalità.

Il Sud d’Italia richiama una percentuale ancora piuttosto modesta dei flussi complessivi di turisti che raggiungono il nostro paese, soprattutto con riferimento ai visitatori stranieri (lo scorso anno il Nord-est ha attratto quasi il 43% delle presenze straniere, Fonte: Istat). Quindi, il Sud potrebbe crescere molto, soprattutto alcune regioni, ancora poco note all’estero, come la Calabria».

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Si sottolinea spesso come il turismo abbia “effetti moltiplicativi” su altri settori economici, come l’agricoltura, l’artigianato e il commercio: quali sinergie dovrebbero essere messe in campo, dal suo punto di vista?

«Le sinergie sono già tante ma potrebbero diventare ancora più numerose se progettate strategicamente. Oggi i turisti sono più informati e consapevoli e molti di loro si avvicinano alle destinazioni desiderosi di conoscerne meglio cultura e stile di vita, grazie anche al successo dello ‘slow tourism’. Sarebbe dunque necessario pianificare iniziative volte a stimolare lo sviluppo turistico attraverso la valorizzazione di risorse locali ‘autentiche’, soprattutto quelle legate alla produzione agricola e alla filiera agro-alimentare. Penso al turismo enogastronomico e alla possibilità che si offre a tanti produttori del settore agroalimentare di aprirsi al turismo. Ciò può rappresentare un importante strumento di sviluppo per le aree rurali e interne, oltre che un percorso verso la diversificazione e la crescita per molte imprese del settore agricolo. Considerato che il turismo enogastronomico è un segmento di visitatori in grande crescita negli ultimi anni, nel Mezzogiorno d’Italia, tanto ricco da questo punto di vista, potrebbe divenire uno dei principali target turistici, oltre che uno strumento di sviluppo sostenibile che potrebbe rivitalizzare piccoli comuni ed aree rurali, coinvolgendo l’intera comunità e, in primo luogo, le giovani generazioni.

Il connubio fra turismo e agricoltura è importante solo anche per promuovere la qualità in entrambi i settori. Spinge, infatti, l’agricoltura verso modelli di gestione più efficienti e mette in luce risorse del territorio di grande valore. Inoltre, favorisce la sostenibilità turistica e la salvaguardia del patrimonio culturale e naturale delle destinazioni. Infine, non bisogna trascurare che spesso i turisti che conoscono ed apprezzano prodotti agroalimentari locali durante la vacanza li acquistano per portarli con sé a casa e li promuovono successivamente, con un effetto estremamente positivo in termini di “passaparola”. Lo stesso si potrebbe immaginare per l’artigianato di qualità , il commercio e così via».

Qual è il ruolo delle infrastrutture per uno sviluppo strategico dei territori?

«Le infrastrutture hanno un ruolo primario per il settore turistico, poiché la qualità dei servizi, oltre che l’efficacia e l’efficienza delle azioni degli operatori del comparto, sono strettamente interrelati ad esse. In primo luogo, per essere competitive le destinazioni devono essere accessibili, sia in termini fisici che digitali; dunque, le reti di trasporti e di connessioni e, più in generale, la dotazione infrastrutturale locale dovrebbero essere ottimali, così come gli altri servizi sui territori (in particolare, quelli sanitari). Purtroppo, l’impoverimento dell’offerta di servizi durante la bassa stagione acuisce il fenomeno della stagionalità, rendendo le destinazioni poco accoglienti in alcuni periodi dell’anno e dando vita ad un vero e proprio circolo vizioso che aggrava il fenomeno e i suoi effetti».

Nel mondo c’è molta “fame d’Italia”. Lei ha anche approfondito in un rapporto specifico presentato alle istituzioni il cosiddetto “turismo delle radici”: può essere questa un’area importante su cui investire per attrarre un nuovo segmento di viaggiatori alla ricerca dei luoghi legati in qualche modo alle loro origini?

«I turisti delle radici sono emigrati e loro discendenti che visitano la patria di origine per riconnettersi, appunto, alle proprie radici. Sono viaggiatori curiosi e attenti, che non si considerano turisti e desiderano sentirsi membri della comunità locale e vivere esperienze autentiche a contatti con i residenti. Si tratta di una forma di turismo sostenibile, sia in termini ambientali che socio-culturali, che si interessa spesso a luoghi poco conosciuti, le ‘destinazioni minori’. Il turismo delle radici può, dunque, rappresentare uno strumento per combattere lo spopolamento e la disoccupazione che affliggono tanti piccoli comuni italiani.

Negli ultimi anni abbiamo realizzato molti studi su questo fenomeno e tante pubblicazioni. Con Tiziana Nicotera sono co-autrice oltre che del “Primo rapporto sul turismo delle radici in Italia”, realizzato con un contributo del Ministero degli Affari Esteri, anche di un nuovo volume dal titolo “Turismo delle radici. Strategie e politiche di marketing”, edito da Egea. Questo libro rappresenta una assoluta novità nel panorama dello studio di questo tipo di turismo ed è un valido strumento per gli operatori, poiché è incentrato sul marketing strategico e operativo. Analizza tutti gli aspetti del marketing, dalla segmentazione del mercato alle esperienze e attrattive per il turista delle radici, compresa l’intersezione fra questa e altre forme di turismo e di emigrazione, fino alle leve del marketing mix e all’analisi quantitativa della domanda, con uno sguardo alla futura evoluzione del fenomeno. La parte teorica del volume è completata da esempi e case study, utili a imprenditori, professionisti, amministratori locali e altri soggetti coinvolti nell’offerta per i viaggiatori delle radici».

Nel Forum Turismo 2025 – Destination Management Domani, lei interverrà nella tavola rotonda Attrattori Turistici: Integrazione del patrimonio culturale nella promozione turistica: la ricchezza culturale e paesaggistica delle regioni del Meridione rappresenta un valore economico “immateriale” sufficientemente valorizzato, dal suo punto di vista?

«No, come accennavo in precedenza, le destinazioni meridionali hanno ancora un grande lavoro da fare per valorizzare risorse territoriali e attrattori turistici poco conosciuti, in particolare alcuni elementi del proprio patrimonio materiale e immateriale, culturali e naturali. Ciò richiede un approccio sistemico e strategico, ossia una programmazione di medio-lungo termine che coinvolga tutti gli attori interessati. Purtroppo, spesso un approccio di questo tipo manca e, di conseguenza, gli operatori non conoscono a fondo attese e preferenze dei turisti attuali e potenziali e non sanno esattamente a quali target di mercato indirizzare i propri sforzi di marketing. Questa visione, che definirei ‘miope’, di finalità e obiettivi strategici determina una notevole confusione e la sovrapposizione di iniziative che alle volte sono orientate a pubblici differenti e sono anche in contrasto fra loro. Il risultato è un’immagine confusa e poco efficace e una modesta competitività turistica a livello nazionale ed internazionale, con grande spreco di risorse».

Qual è il ruolo del destination management?

«Dovrebbe in primo luogo occuparsi del processo di pianificazione strategica, coinvolgendo tutti gli stakeholder e coordinando l’insieme degli elementi che dà vita ad una destinazione turistica. Il ruolo di leader nel settore turistico del destination manager determina la necessità, in particolare, che questa figura coordini gli stakeholder affinché siano tutti orientati verso gli stessi obiettivi, i medesimi target di mercato e posizionamenti non contrastanti. Dovrebbe anche promuovere la destinazione e realizzare tutte le attività di marketing necessarie a tale fine. Dovrebbe, infine, fare in modo che l’ambiente sia adatto a favorire uno sviluppo turistico sostenibile in termini di infrastrutture, sviluppo delle risorse umane, sviluppo del prodotto e delle tecnologie ecc. Quindi, quello del destination management è un ruolo che va al di là della sola pianificazione strategica di marketing, a cui spesso le Dmo si limitano».

>>> FORUM TURISMO 2025 – “Destination Management domani” – INFORMAZIONI E PROGRAMMA QUI – REGISTRATI QUI.

Sonia Ferrari

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