La Cisl resta “fredda” sui referendum del lavoro

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Daniela Fumarola, segretaria organizzativa Cisl – Ufficio stampa Cisl

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Per i referendum sul lavoro la strada si preannuncia molto in salita per il raggiungimento del quorum. Alle difficoltà, dopo la bocciatura del più “mobilitante” quesito sull’autonomia differenziata, si aggiunge ora la freddezza, se non la vera e propria ostilità, della Cisl che certo non solleciterà i suoi iscritti a recarsi alle urne. Lo conferma Daniela Fumarola, attuale segretaria organizzativa della Cisl e candidata numero uno alla successione di Luigi Sbarra alla segreteria generale.

Quella dei referendum promossi dalla Cgil è una battaglia che sosterrete anche voi?
Noi abbiamo un giudizio differente sul Jobs act, su cui peraltro la Consulta è intervenuta più volte restringendo notevolmente il campo dell’applicabilità dei licenziamenti. Una riforma non priva di lacune applicative, ma necessaria in molte parti. Ha contrastato la pratica delle dimissioni in bianco, ha colpito le false partite Iva, ha esteso e reso universali gli ammortizzatori sociali, ha incentivato il contratto di lavoro a tempo indeterminato e introdotto un progetto nazionale sulle politiche attive. Pensare di potere tornare agli strumenti del passato in un contesto socio economico completamente cambiato è totalmente illusorio.

Quali sono per voi, invece, le priorità per il lavoro?
Il problema prevalente nel mercato del lavoro è nella sua qualità, nella capacità dell’occupazione di generare valore aggiunto e quindi alti salari. La chiave di volta sta nel potenziamento delle competenze e nella capacità di allineare l’offerta alla domanda sui territori. Bisogna dar vita a una rete universale di protezione e promozione della persona che lavora o che cerca lavoro. Significa offrire ad ogni individuo, a prescindere dalla natura del rapporto di lavoro, sostegno al reddito, formazione continua, orientamento. La vera sfida sta lavorare insieme per un nuovo Statuto della persona nel mercato del lavoro.

La legge sulla partecipazione, da voi promossa, è in discussione alla Camera. Alcuni emendamenti della maggioranza, però, sembrano volerla già svuotare, eliminando l’obbligo di avere un rappresentante dei lavoratori nei Cda delle aziende pubbliche. C’è questo rischio?
Non vediamo il rischio, e dovesse pure saltare l’obbligatorietà nelle realtà pubbliche, resterebbe la facoltà di arrivare ad esprimere rappresentanza nei board per via pattizia, esattamente come per le aziende private. Detto questo, vigileremo contro eventuali colpi di mano e chiediamo alle forze di maggioranza e opposizione di preservare lo spirito e i contenuti del nostro progetto. Va detto che gran parte degli emendamenti presentati tengono conto delle osservazioni e dei vincoli economici e legislativi posti dalla Ragioneria dello Stato e dal Tesoro. Prendiamo atto, ma terremo la guardia alta perché tutte e quattro le articolazioni della partecipazione – gestionale, organizzativa, finanziaria e consultiva – siano preservate.

Ieri avete chiuso la raccolta dei dati sul tesseramento, qual è lo stato di salute della Cisl?
Nel 2024 registriamo una crescita di quasi 70mila associati tra i lavoratori attivi, che portano complessivamente i nostri iscritti a 4.163.327. Un risultato che è frutto di un lavoro capillare, quotidiano, di grande passione da parte di ogni federazione, di ogni presidio orizzontale e verticale, dell’intero sistema dei servizi. Ma questa crescita della Cisl, me lo lasci dire, è anche il frutto del coraggio e dell’opera preziosa e instancabile che ha svolto in questi anni Luigi Sbarra, che ha condotto la Cisl nel solco di un sindacalismo autonomo e riformista, prossimo e innovativo. In una parola: moderno.

Il trend è di crescita solo tra i pensionati o anche fra gli attivi?
I lavoratori attivi sono aumentati nell’ultimo quadriennio di ben 171.948 associati e ad oggi rappresentano il 61,26% degli iscritti complessivi alla Cisl. Il dato significativo è che mentre tra i pensionati registriamo negli ultimi anni una leggera flessione fisiologica di adesioni, dall’altra abbiamo una percentuale di lavoratori attivi iscritti con un’età inferiore ai 30 anni per il 24,46% e con un’età inferiore ai 35 anni per il 31,44%. Sono dati che confermano il trend positivo soprattutto tra i giovani che entrano nel mercato nel lavoro. E dietro a ogni delega c’è una storia, una persona che ha scelto di camminare con noi, di riconoscersi nei nostri valori e di affidarsi alla Cisl per rappresentare i propri diritti e le proprie speranze.

Con la Cgil, però, dalla manovra alla partecipazione sembra di ritornare ai tempi della rottura sulla scala mobile a metà anni Ottanta. Addio anche all’unità d’azione?
L’unità d’azione del sindacato resta un fattore importante e necessario se si basa sulla proposta, sui contenuti e non sulla protesta sterile, antagonistica e spesso collaterale all’opposizione politica. L’attacco della Cgil alla legge sulla partecipazione “a difesa della contrattazione” è paradossale, considerando che la nostra proposta è tutta incentrata sulle relazioni industriali e che la critica arriva da chi chiede ai partiti di legiferare sulle principali materie lavoristiche, incluso salario, organizzazione del lavoro e rappresentanza. Che unità si può praticare con queste distanze? Bisogna lavorare insieme per modernizzare le relazioni sindacali e rispondere alle nuove esigenze dei lavoratori e delle famiglie. Ma per farlo, occorre riconoscere e rispettare la storia e le motivazioni dell’altro. Non porre diktat illudendosi di esercitare una inesistente egemonia.

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