“Non riconoscete l’esito delle elezioni farsa in Bielorussia”: l’appello dell’Eurocamera contro Lukashenko

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Dall’inviato a Strasburgo – A giudicare dal clima di brutale repressione e dal basso profilo dei quattro sfidanti ‘sulla carta’, alle prossime elezioni in Bielorussia – che si terranno domenica 26 gennaio – trionferà ancora una volta Alexandr Lukashenko, che a Minsk governa dal lontano 1994. Il Parlamento europeo non perde tempo e con una risoluzione adottata oggi (22 gennaio) a larghissima maggioranza chiede a Bruxelles, agli Stati membri e alla comunità internazionale di “non riconoscere la legittimità del dittatore in carica“.

Il testo non legislativo è stato approvato con 567 voti a favore, 25 contrari e 66 astensioni. Tra i contrari, una folta schiera di eurodeputati non iscritti e sei membri del gruppo di estrema destra Europa delle Nazioni Sovrane (Esn). Si sono astenuti invece 23 eurodeputati del gruppo dei Patrioti (PfE) e 21 della Sinistra europea, tra cui la delegazione del Movimento 5 Stelle. Ma per la stragrande maggioranza dell’Aula, le elezioni presidenziali imminenti sono già “una farsa”, svelata dall’intensificarsi delle violazioni dei diritti umani contro gli oppositori del regime in vista dell’appuntamento elettorale e dalla presenza di quattro candidati “pro-forma” che sfideranno Lukashenko.

Oltre allo storico alleato di Vladimir Putin, correranno per la guida del Paese Oleg Gaidukevich (Partito Liberal-Democratico di Bielorussia), Alexander Khizhnyak (Partito Repubblicano del Lavoro e della Giustizia), Sergei Syrankov (Partito Comunista della Bielorussia) e l’indipendente Hanna Kanapackaja. Fatta eccezione per quest’ultima, gli altri tre sono leader di partiti che appoggiano pubblicamente il regime di Lukashenko. Sono gli unici partiti graziati da Lukashenko dopo i moti di protesta del 2020, quando le autorità bielorusse arrestarono 65 mila persone, chiusero oltre 1.700 organizzazioni della società civile e bandirono appunto tutti i partiti politici tranne quelli pro-Lukashenko.

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Gli eurodeputati hanno espresso grave preoccupazione per la situazione degli oltre 1.200 prigionieri politici in Bielorussia. Secondo il centro per i diritti umani Viasna, con sede a Minsk, negli ultimi mesi le detenzioni e gli atti di repressione si sono moltiplicati: solo nel mese di novembre, sarebbero state arrestate oltre 100 persone con l’accusa di estremismo. Ma in tutto il 2024 le autorità bielorusse hanno utilizzato il guanto di ferro per soffocare il dissenso: il numero di processi politici è aumentato del 50 per cento, con almeno 5.890 casi e i giornalisti attualmente in carcere sarebbero 45.

La leader dell’opposizione bielorussa in esilio, Svetlana Tsikhanouskaya e Roberta Metsola al Parlamento europeo, 12/12/24

Con l’avvicinarsi delle elezioni, secondo Viasna e il Comitato bielorusso di Helsinki permangono un “clima repressivo di minaccia, paura, pressione e persecuzione”. L’opposizione bielorussa in esilio, guidata da Sviatlana Tsikhanouskaya, ha già definito questa elezione un’auto-nomina di Lukashenko.

Il testo adottato oggi dall’emiciclo di Strasburgo invita l’Ue e i Paesi membri a “continuare a indagare sulle violazioni dei diritti umani nel Paese”. Gli eurodeputati hanno inoltre sottolineato la “complicità” del regime di Lukashenko nella guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina e condannato la “deliberata subordinazione” di Minsk a Mosca. Infine, l’Eurocamera ha chiesto a Bruxelles e ai partner internazionali di “ampliare e rafforzare” le sanzioni contro i responsabili della repressione in Bielorussia.

Le sanzioni europee, adottate progressivamente a partire dal 2021, sono state prorogate fino al 28 febbraio 2025. Colpiscono già 287 individui e 37 entitàresponsabili di repressione e intimidazioni contro manifestanti pacifici, membri dell’opposizione e giornalisti nonché di irregolarità commesse nel processo elettorale, tortura di detenuti e di altre violazioni dei diritti umani. Nell’elenco c’è lo stesso Lukashenko, il figlio Viktor, consigliere per la sicurezza nazionale, alti funzionari del ministero dell’Interno, il procuratore generale e altri esponenti della magistratura, diversi imprenditori di spicco e imprese che sostengono il regime.



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