Fentanyl in medicina, il caso Tommassini fa discutere. Dopo il racconto choc del coreografo e danzatore Luca Tommassini sul rifiuto del fentanyl come terapia del dolore dopo un’operazione al cuore, arrivano le prime reazioni degli anestesisti Siaarti: “La disinformazione fa più male. C’è differenza tra l’uso terapeutico e l’abuso illegale del fentanyl”
A scatenare il dibattito è stata un’intervista al Corriere della Sera del famoso coreografo Luca Tommasini – ha lavorato con Paola&Chiara e Giorgia, è direttore artistico di Laura Pausini e dirige il corpo di ballo di ‘Viva Rai2! – che ha rivelato di essere stato essere stato dipendente dal fentanyl: “Lo presi per un altro intervento e sono dovuto uscire dalla dipendenza”. A “salvarlo” dai problemi cardiaci è stato l’amico e collega Fiorello. Ecco cosa sta succedendo nel dibattito sui farmaci antidolorifici e le cure palliative usati in ospedale.
“Compiuti i 50, invece di rallentare, ho aumentato le sfide. Gli ultimi due anni sono stati incredibili, – ha raccontato il coreografo – tra il tour mondiale con Laura Pausini e la trasmissione con Fiorello all’alba. A un certo punto ho iniziato ad avere degli scompensi psico-fisici piuttosto forti. Ma non potevo fermarmi. Finché un giorno Fiorello, che per me è famiglia, mi mette una mano sul braccio, come fa lui, mi guarda e mi dice: ‘È il cuore‘ e ‘ti ho già prenotato l’appuntamento con il mio cardiologo’. E ci sono andato, altrimenti si arrabbiava”. Dopo la visita, l’operazione a Natale.
Tommassini rivela poi alcuni dettagli del post intervento: “Quando mi hanno estubato, ho provato un dolore infernale. Ero tutto ‘rotto’ davanti. Piangevo, urlavo. A un certo punto, sento che stavano per somministrare il Fentanyl. Ho urlato ancora più forte: ‘Non datemelo, ho sepolto troppi amici per il Fentanyl‘. Io stesso ne sono dovuto uscire, dopo un’operazione che mi fecero a Los Angeles. Ne diventi subito dipendente'”.
“Demonizzare il medicinale che ha importante ruolo terapeutico rischia di compromettere accesso a cure per migliaia pazienti”, dicono gli esperti della ‘Società italiana di anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva’ (Siaarti). “Le parole di Tommassini – riporta una nota Siaarti – descrivono il fentanyl come ‘la droga peggiore perché è legale’, un’affermazione che, basata su un’esperienza personale, rischia di generare disinformazione e timori infondati nei pazienti trattati con questo oppioide, ignorando l’importante ruolo terapeutico che questa molecola svolge nella gestione del dolore”.
Il fentanyl – chiariscono gli specialisti – se utilizzato secondo rigorosi protocolli clinici e sotto la supervisione di professionisti sanitari esperti, rappresenta uno strumento terapeutico essenziale per il controllo del dolore acuto e cronico.
“La narrazione generalizzante e allarmistica su un farmaco come il fentanyl può scoraggiare i pazienti dall’accedere a terapie efficaci e salvavita”, sottolinea Elena Bignami, presidente di Siaarti. “È fondamentale ribadire che esiste una netta distinzione tra l’uso terapeutico regolamentato, che permette una gestione sicura del dolore migliorando significativamente la qualità della vita dei pazienti, e l’abuso illegale della sostanza, che rappresenta un problema sociale di rilevanza globale”.
“Demonizzare una molecola utilizzata quotidianamente in ambito clinico porta a stigmatizzare il trattamento del dolore, con il rischio di compromettere la qualità della vita di molti pazienti che necessitano di queste terapie”, aggiunge Silvia Natoli, responsabile dell’Area culturale dolore e cure palliative di Siaarti. “Il fentanyl, quando utilizzato secondo protocolli rigorosi e sotto la supervisione di professionisti qualificati – continua – rappresenta uno strumento terapeutico irrinunciabile”.
“Il fentanyl di cui parla Tommassini non deriva neppure dal mondo sanitario e si tratta di una sintesi illegale e pericolosa della molecola in laboratori clandestini che, come tali, non
garantiscono gli standard qualitativi e controllati della produzione del farmaco, risultando pertanto ancora più pericolosi perché impuri e a rischio di sovradosaggio”, conclude l’esperta.
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