Ucraina, l’Ue si ostina sulla linea delle armi. Kubilius: “Spendere 5-6% del Pil per la Difesa”. Kallas: “Prepariamoci alla guerra con Mosca”

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“La gente dice che sono un falco anti-Russia, allora dovremmo essere tutti falchi. Penso di essere semplicemente realista”. L’Alto rappresentante per la Politica Estera dell’Ue, Kaja Kallas, intervenuta alla conferenza annuale dell’Agenzia europea per la difesa (Eda), fa questa premessa prima di pronunciare parole che in Europa non si sentivano da tempo: “Non deve esserci alcun dubbio, in nessuno di noi, sul fatto che dobbiamo spendere di più per prevenire la guerra, ma dobbiamo anche spendere di più per prepararci alla guerra“. Come farlo è semplice: aumentare sensibilmente la spesa per la Difesa. A quantificare lo sforzo ci pensa un altro commissario europeo, quello alla Difesa Andrius Kubilius: “La Lituania destinerà nei prossimi anni il 5-6% del Pil alla Difesa. Io sono lituano e sarò dunque di parte, ma credo sia quello di cui abbiamo bisogno”.

Armarsi per combattere, un concetto che anche i leader più oltranzisti quando si parla di guerra in Ucraina, da Ursula von der Leyen a Mark Rutte, avevano abbandonato da diversi mesi. Adesso il refrain di Nato e Paesi Ue si era spostato sulla necessità di continuare a sostenere e armare Kiev per “costringere Putin a una pace giusta“. Nessuno, stando sempre alle dichiarazioni, si aspetta più di poter vedere i militari di Volodymyr Zelenski combattere alla pari con la corazzata del Cremlino dopo quasi tre anni di guerra, tantomeno di poter riconquistare i territori perduti. Lo ha ammesso lo stesso presidente ucraino. Ma Kallas sembra avere obiettivi più ambiziosi: “Non c’è assolutamente alcun dubbio che possiamo fare di più per aiutare l’Ucraina. Con il nostro aiuto, possono vincere la guerra“.

Vincere la guerra. Vista la situazione sul campo, con la Russia che continua a conquistare villaggi nell’Est e che, per stessa ammissione di diversi esponenti di governo europei, ultimo in ordine di tempo il ministro della Difesa Guido Crosetto, ha l’iniziativa del conflitto saldamente in mano, le parole di Kallas potrebbero sembrare una boutade. Sono invece tutt’altro: sono espressione di una posizione che in Ue esiste, specialmente tra i Paesi dell’ex blocco di Varsavia, e che viene portata avanti da colei che Ursula von der Leyen ha scelto come capo della diplomazia europea. Per questo, salvo smentite, le sue parole devono essere considerate la linea ufficiale di Bruxelles. E si tratta di parole dure, che non sembrano lasciare spazio a strategie diplomatiche: la Russia è “un Paese fortemente militarizzato che rappresenta una minaccia esistenziale per tutti noi. Stiamo finendo il tempo. Gli ucraini stanno lottando per la loro libertà e per la nostra. È il fronte della difesa dell’Europa. Serve un sostegno maggiore e più rapido per Kiev perché il solo linguaggio che la Russia comprende è quello della forza. Mosca resterà una minaccia esistenziale finché continueremo a sottoinvestire nella nostra difesa. La Russia non è invincibile, i guadagni territoriali limitati in Ucraina sono stati ottenuti con costi insostenibilmente alti, con un’economia che sta crollando. Il tempo non è dalla parte di Mosca, ma non è necessariamente dalla nostra parte, perché non stiamo facendo abbastanza”.

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Il punto di arrivo è sempre lo stesso: spendere di più per le armi, ancor prima di spendere meglio. “Dobbiamo migliorare le nostre capacità – continua l’ex premier estone -, abbiamo bisogno di un’industria della difesa che produca quello di cui necessitiamo. Dobbiamo prepararci al peggio, ma dobbiamo vederla anche come una opportunità per sviluppare una base tecnologica più robusta in Europa”. E per farlo non basta destinare al comparto della Difesa ‘solo’ il 2% del Pil, come da accordi Nato: “Il presidente Trump ha ragione a dire che non spendiamo abbastanza, è tempo di investire, abbiamo bisogno di investimenti dai Paesi membri e dal settore privato. Ma anche dal bilancio comune Ue”, con il quale “dobbiamo spendere più dell’1%. Dobbiamo inviare un messaggio che prendiamo sul serio il nostro impegno per la difesa europea. L’anno scorso, i Paesi Ue hanno speso collettivamente una media dell’1,9% del Pil per la difesa. La Russia spende il 9%. Spendiamo miliardi per le nostre scuole, l’assistenza sanitaria e il welfare. Ma se non investiamo di più nella difesa, saremo tutti a rischio”.

Sulle stesse posizioni anche Kubilius: “L’economia di guerra russa funziona a pieno ritmo. Le fabbriche lavorano giorno e notte, producendo armi e munizioni. La Russia ha raddoppiato le spese per la guerra da prima dell’invasione su larga scala. Quest’anno spenderà il 40% della spesa federale per la difesa e la sicurezza. Il 9% del suo Pil. Al momento le lacune nelle nostre capacità di difesa sono molto, molto gravi. Le carenze di materiale militare, se confrontate con l’economia bellica russa, sono colossali. Non possiamo più permetterci un approccio frammentato, un approccio incrementale. Abbiamo bisogno di ‘big bang’ per aumentare la produzione e l’acquisizione della difesa”.

Le sue parole sono un insieme di dichiarazioni, anche errate, e proposte che non sono una novità. C’è dentro l’idea di una spesa comune per la Difesa, la lettura distorta dei dati sulla spesa militare russa rispetto a quella europea già proposta da von der Leyen e l’idea del segretario generale della Nato, Mark Rutte, di tagliare il welfare europeo, ossia pensioni, sanità e altri servizi, per finanziare lo sviluppo, la produzione e l’acquisto di altre armi. “Dal primo giorno, l’Ue e i suoi Stati membri sono stati al fianco di Kiev – ha continuato Kallas – Abbiamo fornito ben oltre 130 miliardi di euro in totale (quasi 134 miliardi). Quasi 50 miliardi di euro di supporto militare. Avremo addestrato 75mila soldati ucraini entro la fine del mese prossimo. Abbiamo adottato le sanzioni più ampie che abbiamo mai imposto. La Russia deve assumersi la responsabilità delle sue azioni, deve pagare”.

Kallas, figlia e nipote di due donne deportate dall’Estonia alla Siberia durante la Seconda Guerra Mondiale, sostiene che “l’unica lingua che parla Putin è quella della forza. L’Ue ha forza. Le economie dei Paesi Ue insieme sono 17 volte più grandi di quella russa. Dobbiamo forzare la sua mano per mostrargli che perderà. E fermarlo prima che attacchi uno dei nostri”. Lo si deve fare con le armi, come detto, ma anche con nuove sanzioni: “Stiamo lavorando al sedicesimo pacchetto di sanzioni. Vediamo che l’economia russa inizia a soffrire”, dato che Mosca non è riuscita a continuare il suo impegno “in Siria” per sostenere il regime di Bashar al-Assad.

Non solo spesa a oltranza, però. Pur non rinnegando il ruolo centrale della Nato come organizzazione difensiva auspica anche lei un maggior coordinamento interno in Ue, cosa alla quale, confermano fonti europee a Ilfattoquotidiano.it, si sta lavorando a lungo termine anche in ottica di maggiore autonomia rispetto al Patto Atlantico: “È tempo di riunirci di nuovo. Così come abbiamo integrato le nostre economie in passato, oggi abbiamo bisogno di integrazione nella difesa e interoperabilità sul campo. Non abbiamo bisogno di un esercito europeo. Abbiamo bisogno di 27 eserciti europei capaci e in grado di lavorare efficacemente insieme per scoraggiare i nostri rivali e difendere l’Europa. Preferibilmente con i nostri alleati e partner, ma da soli quando necessario”.

X: @GianniRosini



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