Un viaggio nel Sud trent’anni dopo Sergio Zavoli, tra difficoltà e speranza

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Salvo Guglielmino.

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Per gentile concessione dell’editore Rubbettino, pubblichiamo l’introduzione del saggio-inchiesta L’altro Sud. Storie di eroi del quotidiano di Salvo Guglielmino, giornalista, scrittore e responsabile nazionale dell’informazione della Cisl, dedicato al Mezzogiorno e alle sue potenzialità.

 

di Salvo Guglielmino

Ogni volta che mi capita di rivedere le immagini di Viaggio nel Sud, la famosa inchiesta di Sergio Zavoli, andata in onda per cinque puntate da gennaio 1992 su Rai Uno, mi chiedo se le condizioni economiche e sociali del Meridione siano migliorate o meno negli ultimi trent’anni.

In effetti, scorrendo i dati del reddito delle famiglie, o prendendo a riferimento le condizioni di vita, la disoccupazione, le diseguaglianze sociali, il livello di istruzione, le infrastrutture, i servizi, le libertà civili, su ciascuno di questi fattori essenziali, rimangono ancora evidenti i ritardi storici del Mezzogiorno, non solo dal resto del Paese, ma soprattutto dallEuropa. Per non parlare del clima di illegalità e di ricatto malavitoso che nel Sud prolifica nel sottosviluppo e nella povertà, continuando a condizionare e controllare larghe fasce del territorio e delleconomia meridionale.

Negli ultimi venti anni circa due milioni e mezzo di persone hanno lasciato le regioni meridionali, prevalentemente giovani e donne con alta scolarizzazione. Nei prossimi cinquanta anni si stima che la popolazione meridionale passerà dagli attuali 19,8 milioni a circa 12 milioni, con una diminuzione del quaranta per cento. Nelle otto regioni del Sud Italia ci saranno sempre meno bambini, sempre meno studenti, sempre meno uomini e donne che lavorano. Intere città e straordinari borghi delle aree interne scompariranno. Una emigrazione di massa, simile a quella dei primi anni del secolo scorso. Di cui si parla, purtroppo, ancora troppo poco.

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È un quadro legato, in maniera indissolubile, alle difficoltà evidenti a trovare un lavoro sicuro, di qualità e ben retribuito, a investimenti pubblici e privati insufficienti, una pubblica amministrazione poco modernizzata e ai ritardi nella progettazione e realizzazione delle opere pubbliche, allinadeguatezza delle reti idrica, elettrica e digitale, allinsufficienza (in certi casi inesistenza) di treni ad alta velocità, autostrade, aeroporti, dissalatori, termovalorizzatori, servizi sanitari e socio assistenziali capillari ed efficienti.

Tuttavia, se la situazione rimane problematica, non tutto è così irrimediabilmente fermo e immobile al Sud.

Sono nate negli ultimi anni migliaia di aziende, piccole e grandi, in tutti i settori produttivi, tante giovani start up, dimostrando che nel Mezzogiorno si può investire e si possono raggiungere livelli elevati di innovazione, qualità e competitività, grazie al contributo determinante di milioni di lavoratori meridionali.

Si è estesa, ancora di più, la rete attiva e solidale di tante espressioni della società civile, costituita da sindacati, associazioni, società sportive, terzo settore, cooperative sociali, migliaia di persone di tutte le età che insieme alle scuole ed alle parrocchie operano nel Sud Italia con coraggio, contro lillegalità, il degrado sociale delle periferie, labbandono scolastico, lemarginazione, lo sfruttamento del lavoro. Questa è la vera ricchezza del nostro Paese. È quella che il sociologo Giuseppe De Rita definisce la società di mezzo, sostenendo che «non è leconomia, né lintervento dallalto che fa sviluppo, ma lazione del sociale che parte dal basso». “Eroi del quotidiano”, per usare unespressione cara al Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che si battono, ogni giorno, nel territorio per il riscatto sociale delle regioni meridionali. Con generosità, umanità, speranza.

La copertina del libro-inchiesta


La copertina del libro-inchiesta “L’altro Sud. Storie di eroi del quotidiano” (Rubbettino).

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Esiste, insomma, un Mezzogiorno positivo, una realtà operosa e dinamica che non si fa incantare dalle sirene della politica, dai nuovi populismi o da inutili revanscismi, da chi, spesso in maniera benaltristica, promette più assistenzialismo, ricette velleitarie, leghismi alla rovescia o nostalgici ritorni a una nazionalizzazione delle produzioni.

Ecco perché in questo mio racconto, un viaggio intimo e personale, ho cercato di dare voce a un altro Sud. Un mondo nuovo, veloce, trasparente, che ha preso in questo ultimo decennio il sopravvento sullantico. Una galassia che crede nell’industria sostenibile, nell’agricoltura di qualità, nelle grandi potenzialità del turismo, nell’artigianato e nel terziario come una grande opportunità, che sa valorizzare i prodotti locali, il patrimonio architettonico e paesaggistico, le tradizioni popolari.

A poco serve il vecchio ritornello del meridionalismo piagnone, di quanti stancamente predicano che la responsabilità dei malanni del Mezzogiorno è dei governi che si sono susseguiti negli ultimi settantanni. O peggio di coloro che ripropongono retoricamente la vecchia tesi accusatoria: «Sono stati i meridionali a non saper crescere, ma la colpa è dei settentrionali che li hanno sfruttati». Sono frasi fatte, inutili gattopardismi, fredde analisi sociologiche. Bisogna invece voltare pagina, valorizzare le eccellenze e i segnali positivi e inconfutabili di crescita del Sud sul piano del pil, dellexport, delloccupazione stabile, del turismo internazionale, della rigenerazione urbana, dell’innovazione tecnologica, della vitalità del sistema universitario. Sono tutti indizi di un possibile miglioramento della capacità competitiva dell’economia meridionale, come hanno saputo cogliere importanti istituzioni indipendenti come la Banca dItalia, lIstat e, non ultima, la Svimez. Ma occorre stimolare istituzioni, partiti, corpi sociali, a fare squadra e a collaborare con responsabilità e fiducia per dare continuità allo sviluppo economico e sociale di questa area geografica oggi sempre più centrale in Europa e nel mediterraneo. Bisogna favorire gli investimenti italiani ed attrarre capitali stranieri, progettare e spendere bene i fondi nazionali e del Pnrr, sfruttare le opportunità della Zes unica, valorizzando il ruolo indispensabile della contrattazione.

Prima di parlare dell’attuazione del principio Costituzionale dell’autonomia differenziata, occorre garantire i livelli essenziali dei servizi, delle prestazioni sociali e delle infrastrutture, in modo uniforme da Aosta a Lampedusa.

Realizzare, insomma, quella «coesione nazionale». Di cui tante volte ha parlato con serietà e determinazione Sergio Mattarella. Perché senza una stabile crescita del Mezzogiorno, l’Italia non avrà mai quel tasso di espansione necessaria per competere con gli altri Paesi e far scendere il peso del suo debito pubblico.

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Per fare tutto questo, bisogna consentire alle persone di restare nel Sud e di fare figli, investire sulla formazione e sull’immenso capitale umano, dare la possibilità a chi vuole vivere nei luoghi in cui si è nati di poter avere un lavoro dignitoso, regolare e ben pagato. Per offrire l’occasione di tornare a chi è andato via, o attrarre, con le giuste condizioni, chi è alla ricerca di investire nel Mezzogiorno. Questa è oggi la nuova questione meridionale. È una sfida difficile ma necessaria, che richiede una forte propensione al cambiamento. E una grande responsabilità per un obiettivo comune: unire il nostro Paese, costruendo un futuro migliore. Per tutti.





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