Caso Almasri, Piantedosi: «E’ stato espulso perché soggetto pericoloso»

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Redazione Politica

Il ministro dell’Interno risponde in Senato all’opposizione che incalza sui motivi della liberazione del comandante della polizia giudiziaria libica arrestato a Torino lo scorso 20 gennaio e subito rispedito in patria

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Scontro in Senato sul caso del rimpatrio in tempi molto veloci del comandante libico Almasri. «Perché Almasri è stato scarcerato? Perché gli è stata data assistenza per tornare in Libia malgrado sia accusato di reati gravissimi?», hanno incalzato le opposizioni, in particolare i senatori Giuseppe De Cristofaro (Avs) e Sandra Zampa (Pd). Il ministro dell’Interno ha ripercorso le tappe della vicenda e ha spiegato:  «Il cittadino libico Najeem Osema Almasri Habish è stato rilasciato nella serata del 21 gennaio «per poi essere rimpatriato a Tripoli, per urgenti ragioni di sicurezza, con mio provvedimento di espulsione, vista la pericolosità del soggetto. Il governo ha dato la disponibilità a rendere un’informativa di maggiore dettaglio sul caso in questione. Sarà quella l’occasione utile per approfondire e riferire su tutti i passaggi della vicenda, ivi compresa la tempistica riguardante la richiesta, l’emissione e l’esecuzione del mandato di cattura internazionale, che è poi maturata al momento della presenza in Italia del cittadino libico».

Il caso Almasri inizia il 18 gennaio con l’ordine di cattura emesso dalla Corte penale internazionale.  Il generale, che era già in Europa dal 6 gennaio, viene individuato a Torino, dove arriva per vedere la partita Juventus-Milan. La mattina del 19 viene arrestato in hotel. Ci sono varie interlocuzioni. Torino chiede a Roma cosa fare e a sua volta il procuratore generale di Roma interpella il ministero della Giustizia. Gli uffici di Nordio tardano a rispondere e l‘arresto non viene convalidato. Dallo scalo di Torino parte così un Falcon 900 dei Servizi Segreti che riporta Almasri a Tripoli. Una ripartenza che scatena le critiche delle opposizioni. 




















































Al di fuori dall’Aula del Senato, intanto, infuria la polemica. «Giorgia Meloni deve venire a rispondere in Aula perché in questa pessima vicenda non è possibile che non ci fosse un coinvolgimento diretto di Palazzo Chigi». Lo ha detto Elly Schlein, segretaria del Pd, parlando con i giornalisti in Transatlantico. «Meloni la smetta di nascondersi dietro ai suoi ministri, si prenda la responsabilità di venire a chiarire quello che è accaduto e perché lei che aveva dichiarato guerra ai trafficanti di esseri umani ha lasciato che ne fosse liberato uno in Italia e che fosse riportato in Libia a bordo di un aereo italiano» ha aggiunto Schlein.

Poco prima dell’intervento di Piantedosi, Alleanza Verdi Sinistra ha inscenato una protesta davanti Palazzo Chigi. «Attendiamo le dimissioni del ministro Nordio, che ha mentito al Paese», attacca il leader dei Verdi Angelo Bonelli, esponendo un cartello con l’immagine del libico e la scritta «Il boia nell’aereo di Stato». «Le questioni legate agli errori procedurali» sulla scarcerazione di Almasri «erano solo un alibi per consentire al trafficante di esseri umani, torturatore, stupratore di essere liberato e addirittura di essere accompagnato con un aereo di Stato», prosegue Bonelli che si rivolge alla presidente del Consiglio: «Giorgia Meloni, non dovevi combattere i trafficanti di esseri umani in tutto il globo terraqueo? E invece li riaccompagni con un aereo di Stato? È una vergogna, è Giorgia Meloni che deve venire in Parlamento e francamente siamo allibiti, scandalizzati dalle parole del ministro degli Esteri Tajani che ha detto che quello che dice la Corte Penale internazionale non è la bocca della verità».

«Siamo di fronte ad una vergogna di Stato», spiega invece il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni: «Il nostro governo – prosegue – umilia l’Italia di fronte al mondo e al diritto internazionale. Abbiamo prima
scarcerato, poi riaccompagnato col volo di Stato un torturatore, un assassino, un criminale di guerra accusato di crimini contro l’umanità
nell’aeroporto costruito utilizzando i migranti in schiavitù. E la costruzione di quell’aeroporto è uno dei capi d’accusa che pendono sulla testa di Almasri».

Intanto, emergono nuovi particolari sulla vicenda. La Corte penale internazionale avrebbe preso con una maggioranza di due a uno, a quanto si apprende, la decisione di spiccare il mandato d’arresto nei confronti del comandante libico Osama Njeem Almasri. È la Pre trial chamber l’organismo dell’Aja che, tra gli altri compiti, ha quello di decidere sui ‘warrant of arrest’, i mandati d’arresto chiesti dal ‘prosecutor’, il pubblico ministero. Nel caso del libico la richiesta risale allo scorso 2 ottobre. La Pre-trial chamber, composta da tre giudici (la romena Ioana Antonella Motoc, la beninense Reine Alapini-Gansou e la messicana Maria del Socorro Flores) ha dato l’ok ed il mandato d’arresto è stato spiccato sabato scorso. A quanto si apprende, la giudice messicana avrebbe votato contro. La decisione è quindi passata a maggioranza.

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23 gennaio 2025 ( modifica il 23 gennaio 2025 | 17:32)

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