Firenze, la clinica Prosperius presa in affitto da una start up di Roma: «Ma ora il rilancio»

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di Giulio Gori

Tra 6 mesi la «Ma.Cro» dovrà procedere con l’acquisto

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La clinica Prosperius-Villa Cherubini passa di mano, dalla storica famiglia Bigazzi alla romana Ma.Cro Lifescience, una start up privata nata dall’Università La Sapienza di Roma. L’accordo per l’affitto del ramo d’azienda era stato firmato venerdì scorso, ma è stato reso pubblico ieri quando è diventato formalmente valido.

Per la storica clinica privata fiorentina, dal 2018 in via di San Domenico, che si occupa di degenza e di diagnostica è una svolta decisiva, dopo la crisi che era diventata manifesta dalla fine del 2023: l’aumento dei costi e la fine di parte delle convenzioni con la sanità pubblica non avevano più fatto tornare i conti. E, se non ci fosse stato il passaggio di testimone, entro la fine di questa settimana i bilanci sarebbero finiti nelle mani del giudice che avrebbe persino potuto aprire lo scenario del fallimento.




















































Nei mesi scorsi la famiglia Bigazzi — il fondatore Mario nel 2018 ha passato il testimone alla figlia Benedetta dopo il trasloco dalle sedi di via Masaccio e viale Rosselli — aveva messo in vendita la clinica, con molte realtà che avevano bussato alla porta ma con solo due offerte arrivate: una, secondo indiscrezioni, da parte di Lifenet Helthcare (realtà nell’orbita di Exor della famiglia Elkann che ha già rilevato l’Istituto Fanfani) e l’altra di Ma.Cro Lifescience. A prevalere, convincendo i Bigazzi, è stata la seconda, che costituirà due nuove società (una per Prosperius e una per Villa Cherubini) per le quali dopo sei mesi scatterà l’obbligo di acquisto.

Al tavolo di negoziazione controllata aperto un anno fa c’erano anche la Camera del lavoro di Firenze, le Rsa aziendali e la Funzione pubblica, la Filcams Cgil e la Nidil della Cgil. Per il sindacato a parlare è Mauro Faticanti: «Siamo soddisfatti perché a prendere in mano Prosperius-Villa Cherubini è una realtà sanitaria vera, che fa innovazione e trials clinici, e non una realtà magari più interessata all’immobile», che vista la posizione invidiabile poteva suscitare appetiti turistici. Inoltre, «l’operazione è guidata da Vincenzo Panella (già ai vertici della sanità pubblica dell’Umbria, poi dg dell’Asl di Roma e del Policlinico Umberto I, ndr) che ha definito la parte della diagnostica della clinica come un pezzo pregiato e ha garantito il mantenimento dei posti di lavoro, un centinaio di persone, compresa una quindicina di partite Iva. Certo, in questi primi mesi gli investimenti non potranno essere importanti, ma una volta fatta l’acquisizione c’è da pensare a rilanciare la degenza, che ha 167 posti letto, ma solo una cinquantina in convenzione con la Regione: per farla funzionare serve riempire i posti “privati privati” e lo si può fare solo portando grandi nomi della chirurgia. Come sindacato, non possiamo garantire per Ma.Cro Lifescience, ma la rete di relazioni su cui Panella può contare ci dà fiducia».

Se la famiglia Bigazzi non parla — anche se filtra che sarebbe convinta di aver lasciato la clinica a una realtà affidabile — la Regione commenta con Valerio Fabiani, consigliere speciale per il lavoro e le crisi del governatore Eugenio Giani: «Si salvaguarda un’azienda storica con una proiezione verso il futuro, visto l’interesse che l’investitore, Ma.Cro Lifescience, start up dell’Università La Sapienza, ha nell’ambito delle nuove tecnologie nella ricerca scientifica, un settore nel quale la Toscana è all’avanguardia». 


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