il ‘Moro Bis’ proiettato al Rouge et Noir

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Attilio Bolzoni: “Sul tema mafia siamo tornati indietro. Prima di Falcone e Borsellino. Depistaggi continuano”

Quarantacinque anni dopo, l’uccisione di Piersanti Mattarella presidente della Regione siciliana e fratello del capo dello Stato, è un caso non ancora chiuso. Lo riapre, proprio nell’anniversario dell’agguato, un docufilm di Giorgia Furlan (“Magma. Mattarella, il delitto perfetto”), un’indagine incalzante su quello che viene descritto come il delitto più grave dopo quello di Aldo Moro. Mattarella era il suo erede in Sicilia e aveva ripreso la linea di un rinnovamento della vita politica e di convinte aperture verso il Pci. Il docufilm – prodotto da Mauro Parissone per 42° Parallelo, Antonio Campo dell’Orto e Ferruccio De Bortoli – è stato presentato ieri a Palermo, al cinema Rouge et Noir. Tra gli ospiti vi era anche lo storico giornalista Attilio Bolzoni, figura che guida il docufilm che, arricchito da numerose inedite accompagna il pubblico negli anni più bui della storia della prima repubblica: testimonianze come quella della segretaria di Piersanti Mattarella, Maria Trizzino, Letizia Battaglia – che per caso si ritrovò a riprendere l’attuale capo dello Stato mentre cercava di soccorrere il fratello appena colpito sotto casa – , e il sociologo Pino Arlacchi, degli ex presidenti della commissione antimafia, Rosy Bindi e Luciano Violante.
Lo scenario del delitto Mattarella è complesso. Come lo era il clima a quel tempo: fatto di indifferenza generale, oppurtunismi, silenzi.

Un clima che, secondo Bolzoni, è tornato a vivere nel tempo presente: “Sul tema mafia credo che siamo ripiombati indietro nel tempo perché, dopo i morti, dopo le tragedie di questa città, dopo i feriti che ancora sanguinano, non pensavo che si potesse dimenticare quello che è accaduto a Palermo. Penso che sulla mafia oggi ci sia indifferenza. I segnali sono tanti: si è tornati a prima di Giovanni Falcone e l’informazione su questo banalizza tanto” ha detto il giornalista parlando nel corso di un dibattito dopo la presentazione del docufilm. “Non c’è solo la mafia nel delitto Mattarella – ha detto – La mafia è sempre la stessa, non c’è una mafia punto due o punto tre. La matrice del delitto Mattarella non è però solo rossa o solo nera, né solo mafiosa“, ha ribadito Bolzoni puntando il focus sui depistaggi passati e futuri.
Il volersi concentrare solo sulla mafia vuol dire depistare, vuol dire portarci da un’altra parte. Ma non c’è solo la mafia”.
Io “vedo i depistaggi che continuano ancora oggi. Poi vedo le indagini che scompongono le stragi. Io invece le vedo tutte insieme: non vedo la strage di via Mariano d’Amelio da una parte e le altre scomposte con quelle del 1993 in continente, a Firenze, a Roma. Provenzano e Leoluca Bagarella, e i Ganci, i Madonia di Resuttana; ma possibile che tutto questo grande dramma nazionale dipenda da questi qua? Quindi, visto che non faccio indagini ma faccio articoli e libri, scrivo quello che mi pare”.

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Il problema è che, quando si parla di Chinnici, tutti parlano di Brusca. Io, se penso all’omicidio di Chinnici, non penso a Brusca. Io penso ai Salvo, perché mi ricordo che è stato il primo a indagare sui Salvo, che erano il polmone finanziario di quella che era la corrente più inquinata del partito di allora, della Democrazia Cristiana, quello che comandava. Dopo 40 anni si cerca sempre di individuare le responsabilità su quel gruppo, quel gruppo di mafiosi che non erano nemmeno mafiosi nel senso tradizionale del termine”. Allargando il campo Bolzoni ha parlato anche della strategia della tensione: “I treni, le bombe, Piazza Fontana, Piazza della Loggia. Quella strategia della tensione dal Nord si è esposta al Sud e li abbiamo chiamati delitti eccellenti. Ma è sempre un modo per destabilizzare”. “Ci siamo trovati di fronte ad un vulcano di carte da analizzare – ha detto invece la regista Giorgia FurlanLa squadra che ha realizzato il film e gli stessi autori sono tutti molto giovani, molti di loro non erano nati quando è stato ucciso Mattarella o quando è stato rapito Aldo Moro. Erano tutti fatti distanti ma che, per noi, generazioni che non c’erano all’epoca, erano avvenimenti essenziali da riscoprire. Abbiamo compreso che l’Italia è una terra di confine fra due blocchi e che la Sicilia è confine del confine”.

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Nel docufilm, oltre alla ricostruzione di una testimonianza resa possibile grazie all’intelligenza artificiale della voce di Giovanni Falcone, tratta da una seduta segreta della commissione antimafia, Maria Grazia Trizzino ha raccontato “di un incontro tra Mattarella e Rognoni – spiega la regista – in seguito al quale mi è giunto spontaneo chiedermi quale fosse stato il contenuto di quell’incontro“.
Sono passati anni dall’omicidio del Presidente della Regione Mattarella e suo fratello Sergio, oggi Presidente della Repubblica, non sa ancora, non chi sono i mandanti dell’omicidio di suo fratello, ma non sa nemmeno chi è stato. Vi sembra normale?” ha domandato in conclusione Bolzoni.

Foto © ACFB

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