La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 1269 depositata il 13 gennaio 2025, intervenendo in tema di utilizzabilità della messaggistica contenuto nel telefono cellulare, ha ribadito il principio secondo cui “la messaggistica archiviata nei telefoni cellulari non può più essere considerata alla stregua di un mero documento, liberamente acquisibile senza la garanzia costituzionale prevista dall’art. 15 Cast., ma richiede l’assoggettamento alla disciplina dell’art. 254 cod. proc. pen. che impone la necessità di un provvedimento dell’autorità giudiziaria, necessariamente motivato al fine di giustificare il sacrificio della segretezza della corrispondenza, senza la possibilità di accesso diretto da parte della Polizia Giudiziaria, che ha solo il potere di acquisire materialmente il dispositivo elettronico ma senza accesso diretto al suo contenuto, analogamente a quanto previsto per l’invio della corrispondenza postale dall’art. 254, comma 2, cod.proc. pen., e fermo quanto disposto dall’art. 353 cod. proc. pen. sull’apertura dei plichi o di corrispondenza con l’autorizzazione del pubblico ministero quando ciò sia necessario per l’assicurazione elementi di prova che potrebbero andare persi a causa del ritardo.“
Per gli Ermellini va estesa anche alla messagistica “la garanzia di cui all’art. 15 della Costituzione, che tutela la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, consentendone la limitazione «soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria» si estende «a ogni strumento che l’evoluzione tecnologica mette a disposizione a fini educativi, compresi quelli elettronici e informatici» e rimane valida finché la comunicazione conservi carattere di attualità e di interesse per i corrispondenti, venendo meno solo quando il decorso del tempo o altra causa abbia trasformato il messaggio in documento “storico”, cui può attribuirsi un valore restrospettivo, affettivo, collezionistico, artistico, scientifico o probatorio.“
Per il Supremo consesso ” l’acquisizione delle chat è avvenuta con il consenso di chi aveva il diritto di disporne, atteso che trattandosi di una attività svolta dalla polizia giudiziaria nei confronti di un soggetto, già gravato da elementi indiziari tali da giustificare l’acquisizione della posizione di indagato, il consenso che si assume essere stato prestato liberamente dall’indagato non può supplire alla carenza di un provvedimento emesso dall’autorità giudiziaria, di autorizzazione preventiva o di convalida successiva dell’atto di indagine posto in essere, invece, in totale autonomia dalla polizia giudiziaria.”
2025-01-23T08:05:40+01:00
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