La successione digitale tra logiche panproprietarie ed extrapatrimonialità

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[1] Inserito dall’art. 2, comma 1°, lett. f, d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101.

[2] Si veda Finocchiaro, Protezione dei dati personali ed eredità digitale, in Sesta (a cura di), Codice delle successioni e donazioni, 2a ed., Milano, 2024, p. 2069.

[3] Ivi, p. 2075 s.

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[4] V., ad esempio, Damiani, Dei legati, in Comm. Scialoja-Branca-Galgano, Bologna, 2020, p. 88; Martone, Note in tema di trasmissibilità a causa di morte di «dati personali» nel moderno scenario dell’“infosfera”, in Diritto delle successioni e della famiglia, 2023, p. 612.

[5] Sul punto sia consentito rinviare a Calvo, Testamento e contratto. Contributo allo studio degli acquisti post mortem, Napoli, 2024, p. 29 ss.

[6] Per una particolare applicazione del criterio ermeneutico qui suggerito sia consentito rinviare a Calvo, Vincoli di destinazione, p. 194 ss. Cfr. Deplano, La successione a causa di morte nel patrimonio digitale, in Perlingieri e Ruggeri (a cura di), Internet e Diritto civile, Napoli, 2015, p. 457.

[7] È stato bene chiarito che l’account rappresenta «il medium digitale, personale e riservato dell’utente, del diritto di accesso e godimento del servizio derivante dal contratto di utenza»: Marino, Mercato digitale e sistema delle successioni mortis causa, Napoli, 2022, p. 70. Con riguardo ai problemi di natura notarile che nascono da tale attribuzione testamentaria v. Spatuzzi, Patrimoni digitali e vicenda successoria, in Notariato, 2020, p. 407, il quale, tra l’altro, osserva come le formalità «richieste per la redazione di un valido testamento inevitabilmente portino a paventare la diffusione di dati sensibili come le credenziali di autenticazione dell’utente alle proprie sostanze digitali. È il caso, come detto, del testamento pubblico, da redigersi in presenza di due testimoni, ma anche dei testamenti olografo e segreto, che pur non palesati al tempo della registrazione, lo diverranno al tempo di apertura della successione. Per secondare le particolari esigenze di segretezza che emergono in tali contesti – oltre che per favorire quella flessibilità che si lega alla gestione delle credenziali – pare opportuno che tali dati siano collocati in un documento separato dal testamento, affidate ad un terzo o depositate in luogo sicuro, lasciando alla scheda di veicolare solo una relatio alle medesime». Si veda pure Deplano, La successione a causa di morte nel patrimonio digitale, cit., p. 453.

[8] V. Delle Monache, Successione mortis causa e patrimonio digitale, in Nuova giur. civ. comm., 2020, II, p. 464; Resta, La successione nei rapporti digitali e la tutela post-mortale dei dati personali, in Contr. impr., 2019, p. 87 s.

[9] Serve avvertire che, ai fini della nostra indagine, non rileva il concetto di patrimonialità in senso soggettivo: da questa angolatura v. lo studio, in chiave successoria, di Tuccillo, La successione ereditaria avente ad oggetto le carte, i documenti, i ritratti e i ricordi di famiglia, in Diritto delle successioni e della famiglia, 2016, 175 ss. Cfr. pure Delle Monache, Successione mortis causa e patrimonio digitale, cit., p. 468; Deplano, La successione a causa di morte nel patrimonio digitale, cit., p. 451 s.; Vesto, Successione digitale e circolazione dei beni on line. Note in tema di eredità digitale, Napoli, 2020, p. 107. Come – a ragion veduta – osserva Camardi, L’eredità digitale. Tra virtuale e reale, in Dir. inf., 2018, p. 83, la «prospettiva dominicale, infatti, mal si concilia con la funzione delle credenziali e con il loro essere semplicemente una modalità di esercizio di prerogative contrattuali, atteso che esse non hanno alcuna autonomia al di fuori di questa prospettiva, né in quanto tali alcun valore economico. Intanto le credenziali sono uniche ed esclusive per ciascuno dei rapporti cui si riferiscono, e vengono create al momento nel quale il contratto tra utente e provider si perfeziona; ancora, hanno la funzione di identificare l’utente del servizio contrattualmente stabilito, nonché di consentirgli l’accesso effettivo ai servizi e attribuirgli (la titolarità de)gli atti e le operazioni compiuti nella piattaforma, con tutte le relative conseguenze giuridiche in punto di diritti, obblighi e responsabilità. Esse dunque sono assoggettate alla “legge” del contratto cui si riferiscono e ne seguono la sorte, ed il loro valore è definibile soltanto per relationem, con riferimento cioè ai contenuti che “aprono”». Iorio, Identità digitale e trasmissione a causa di morte, in Diritto delle successioni e della famiglia, 2022, p. 117 s., ravvisa invece il legato di posizione contrattuale. Sulla qualificazione delle credenziali alla luce della teoria dei beni v. lo studio di Ramuschi, La successione mortis causa nelle credenziali informatiche, in Tecnologie e diritto, 2024, p. 81 s., il quale chiarisce che la «qualificazione, quale bene, della credenziale informatica, non contrasta con la sua a-patrimonialità: nel nostro sistema ordinamentale, connotato dalla “socialità”, il quale “legittima il superamento dell’indifferente giuridico”, il regime normativo (che sia rappresentato anche, e soprattutto, da princípi, e non già solamente da regole) “non può non concernere le utilità individuali e sociali”, sicché anche una credenziale informatica, ancorché, si rammenta, priva di valore patrimoniale, ben rileva, giuridicamente, come bene, in quanto inserita in un “regime di circolazione” (nella specie, per causa di morte) e in quanto bene connotato da un regime di vicende che lo interessano. La credenziale, insomma, pur essendo scevra da qualsivoglia valore patrimoniale, dev’essere considerata quale bene in funzione di una determinata utilità, “intesa quale idoneità a realizzare interessi rilevanti e meritevoli di tutela per l’ordinamento giuridico” nella specie, soprattutto, l’interesse (e il diritto) alla riservatezza».

[10] Damiani, Dei legati, cit., p. 90; Putortì, Patrimonio digitale e successione mortis causa, in Giust. civ., 2021, p. 163 ss., spec. par. 3.

[11] Gorassini, Lo spazio digitale come oggetto di un diritto reale?, in MediaLaws, 2018, 2, p. 59, secondo cui «c’è uno spazio fisico nel quale viaggiano algoritmi di bit; ma come qualificare i bit fisicamente dentro questo spazio? Sono “cose”? Da privatista cultore del diritto interno, sarei portato a dire con una qualche certezza che si tratta di beni: anche se fossero solo espressione di energia, in Italia esiste l’art. 814 c.c. (“si considerano beni mobili le energie naturali che hanno valore economico”); e anche se si potessero avere dubbi sulla naturalità dell’energia dei bit, essendo essi senz’altro possibile oggetto di diritti, sarei comunque coperto dal portato normativo dell’ultimo inciso dell’art. 813 c.c. (“le disposizioni concernenti i beni mobili si applicano a tutti gli altri diritti”)».

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[12] Ne dà conto Marino, Mercato digitale e sistema delle successioni mortis causa, cit., p. 79.

[13] Come osserva Thiene, I diritti morali d’autore, in Riv. dir. civ., 2018, p. 1534, nt. 63, l’art. 24, l. n. 633/41, «sembra assoggettare il diritto di pubblicare le opere inedite al regime successorio previsto per i diritti patrimoniali in generale, la componente ideale finisce col prevalere laddove si fa espressamente salva l’eventualità che l’autore abbia espressamente vietato la pubblicazione o l’abbia affidata ad altri».

[14] Marino, Mercato digitale e sistema delle successioni mortis causa, cit., p. 155.

[15] Il 65°considerando del reg. UE 2016/679 chiarisce peraltro che «dovrebbe essere lecita l’ulteriore conservazione dei dati personali qualora sia necessaria per esercitare il diritto alla libertà di espressione e di informazione, per adempiere un obbligo legale, per eseguire un compito di interesse pubblico o nell’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento, per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica, a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici, ovvero per accertare, esercitare o difendere un diritto in sede giudiziaria». Cfr. Cass. civ. 8 febbraio 2024, n. 3565, in Onelegale.

[16] Il tema è diffusamente sviluppato da Vesto, Successione digitale e circolazione dei beni on line. Note in tema di eredità digitale, cit., p. 46 ss. Si pensi, altresì, al trasferimento dei file conservati nel sistema iCloud. V. Trib. Milano 10 febbraio 2021, in Giur. it., 2022, p. 1363 ss., con nota di Spangaro, La successione digitale: la permanenza post mortem di aspetti della personalità. Cfr. inoltre Maniaci e D’Arminio Monforte, La prima decisione italiana in tema di “eredità digitale”: quale tutela post mortem dei dati personali?, in Corr. giur., 2021, p. 661 ss.; Mastroberardino, L’accesso agli account informatici degli utenti defunti: una prima, parziale, tutela, in Fam. dir., 2021, p. 625 ss.

[17] Il punto è utilmente còlto da Delle Monache, Successione mortis causa e patrimonio digitale, cit., p. 463, il quale, a completamento del ragionamento, soggiunge – e pour cause – che «Sembra dunque di poter dire, in ultima analisi, che le clausole contrattuali che prevedono la cessazione mortis causa del rapporto, nel caso di Facebook o in altri analoghi, siano tali da rispecchiare la natura del rapporto stesso, evidenziandone l’inidoneità a formare oggetto di successione. E ciò al di là della tematica relativa, in generale, alla validità dei patti di intrasmissibilità, i quali, nell’ambito che qui interessa, si tradurrebbero nel configurare il rapporto come sottoposto ad un termine finale coincidente con la morte del fruitore del servizio. Né può dunque porsi, in questa prospettiva, un problema di vessatorietà delle clausole in parola, esse rivelandosi confermative di una conseguenza che già discenderebbe dall’applicazione dei principi (art. 34, comma 3°, d. legis. 6.9.2005, n. 206)». V. anche Camardi, L’eredità digitale. Tra virtuale e reale, cit., p. 78 ss.; Marino, Mercato digitale e sistema delle successioni mortis causa, cit., p. 169, secondo cui «Per la natura personale del rapporto di social network depone la circostanza che la fruizione del servizio e dei contenuti digitali messi a disposizione dalla piattaforma sia plasmata sul profilo dell’utente e sulla sua rete di contatti e preferenze. L’individualità si ritrova anche nella generazione di digital contents ad opera di quel particolare utente, titolare dell’account, espressione della sua identità ed immagine personale». Pare dunque irrealistico contraddire la qualificazione personalissima del contratto sinallagmatico (sul punto si vedano i condivisibili spunti elaborati da De Francesco, Identità ed eredità al tempo della rivoluzione digitale, Torino, 2024, p. 85) fra utente e società che gestisce i social network, assodato che la piattaforma digitale messa a disposizione del particulier è elettivamente destinata a dare una visibilità virtuale e dematerializzata alle manifestazioni della sua individualità tramite immagini, filmati, pensieri, osservazioni, critiche, ecc. Talché, «qualora il contratto volto alla prestazione di servizi digitali risulti calibrato esattamente sulla persona dell’utente, titolare dell’account – com’è nel caso del contratto di social network – se ne debba escludere la trasmissibilità per causa di morte agli eredi, al di là di una valida ed efficace pattuizione contrattuale. Sulla base di queste considerazioni, ad un esito opposto deve pervenirsi per il contratto di cloud computing: come osservato, la prestazione del servizio di archiviazione e custodia di file offerto dal provider non è commisurata sulla persona dell’utente, risultando del tutto neutra rispetto alle caratteristiche individuali di quest’ultimo e ripetendosi eguale a se stessa quale che sia la controparte negoziale. Deve dedursi che, in linea tendenziale, possa predicarsi l’ereditabilità del rapporto contrattuale volto alla fornitura del cloud non ostandovi la natura personale del negozio, fatta salva la sussistenza di una valida convenzione di intrasmissibilità» (ivi, p. 170).

[18] Su questo argomento si veda, per tutti, De Martinis, Oblio, internet e tutele. L’inibitoria, Napoli, 2021, p. 1 ss., il quale utilmente chiarisce che il diritto all’oblio non si configura «come un diritto autonomo, destinato ad ampliare il catalogo dei diritti della personalità, dal momento che i diritti consolidati possono considerarsi sufficienti per accogliere le esigenze nuove inerenti alla protezione della persona […]. Il diritto all’oblio, infatti, quale che sia l’eccezione presa in considerazione, risulta sempre funzionale al diritto all’identità personale e quindi al diritto alla riservatezza e alla protezione dei dati personali. Unico è il bene giuridico tutelato da questi diritti, vale a dire l’identità della persona nelle sue molteplici forme e sfaccettature. Il quadro così delineato è inoltre arricchito dalla considerazione ulteriore che oggi l’identità può manifestarsi anche attraverso mezzi digitali e che nel mondo virtuale possono delinearsi una molteplicità di identità» (ivi, p. 13 ss.).

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[19] Cfr. Frosini, L’ordine giuridico del digitale, in Giur. cost., 2023, p. 377 ss., spec. par. 6, il quale ivi rileva che «È il principio fondamentale della dignità, infatti, che costituisce il fondamento costituzionale di tutti i diritti strettamente connessi allo sviluppo della persona: le particolari declinazioni della personalità umana, seppure siano autonomamente giustiziabili, sono riconducibili alla più generale espressione di dignità umana. Non vi può essere tutela dell’identità personale senza tutela della dignità, che si traduce nel diritto del singolo a vedere, comunque, rispettata la propria reputazione e il proprio buon nome, a non essere discriminato a causa dei propri orientamenti e dei propri stili di vita. È nella privacy-dignity che acquista rilievo il rispetto dell’identità di ogni persona, che non può e non deve essere trattata come se fosse un oggetto. La tutela della dignità dell’uomo passa (anche) attraverso il diritto all’oblio, ovvero il diritto a cancellare, ovvero a contestualizzare, i dati personali per vietare, come già detto, un travisamento dell’immagine sociale di un soggetto, per evitare che la vita passata possa costituire un ostacolo per la vita presente e possa ledere la propria dignità umana». Per quanto invece attiene alla costituzionalizzazione della protezione dei dati personali si veda De Gregorio, Social network, contitolarità del trattamento e stabilimento: la dimensione costituzionale della tutela dei dati personali tra prospettive passate e future, in Dir. inf., 2018, p. 462 ss.

[20] Si veda Thiene, I diritti morali d’autore, cit., p. 1537.

[21] Affiorano i tratti distintivi della vocazione anomala. Cfr. Tar Lombardia-Milano 31 maggio 2022, n. 1284, in Onelegale. In senso contrario si veda Iorio, Identità digitale e trasmissione a causa di morte, cit., p. 104 ss.

[22] Trib. Roma 10 febbraio 2022, in Onelegale; Trib. Milano 10 febbraio 2021, in Giur. it., 2022, p. 1363 ss. Cfr. Marseglia, L’eredità digitale ed il diritto d’accesso ai ricordi del figlio: quando l’amore genitoriale vince sui sovrani del web, in Diritto delle successioni e della famiglia, 2021, p. 451. In questa materia non è di certo possibile prescindere, con riguardo al diritto interno, dalla distinzione fra diritti iure proprio e diritti iure successionis. Si vedano Iorio, op. cit., p. 102 s.; De Francesco, La successione mortis causa nei rapporti contrattuali: spunti interpretativi sull’art. 2 -terdecies codice privacy e sull’eredità “digitale”, in Contr. impr., 2022, p. 667 ss.

[23] Cfr. Nastri, Mickey Mouse ed i profili successori del diritto d’autore, in Notariato, 2024, p. 56, il quale osserva che il diritto morale si estingue con l’autore, rinascendo in capo ai suoi parenti più prossimi, secondo regole estranee al diritto delle successioni. Talché, alla morte dell’autore – per quel che concerne i diritti extrapatrimoniali di cui ci stiamo occupando – non viene in essere alcuna vicenda modificatrice, in chiave soggettiva, della situazione giuridica. V. inoltre Morri, Il diritto d’autore. Le lettere missive ricevute dal de cuius, in Tratt. Bonilini, I, Successione ereditaria, Milano, 2009, p. 694 s.; Arcella, La tutela della personalità del defunto e la protezione post mortem dei dati personali, in Notariato, 2021, p. 608 s. In senso contrario si sono espressi Zaccaria, Diritti extrapatrimoniali e successione. Dall’unità al pluralismo nelle trasmissioni per causa di morte, Padova, 1988, p. 194 ss., e Marino, Mercato digitale e sistema delle successioni mortis causa, cit., p. 186 s., i quali intravedono i lineamenti tipici della vocazione anomala. Sennonché, l’art. 23, l. n. 633/41, protegge anche un interesse personale del soggetto attivamente legittimato; ebbene, tale interesse parrebbe del tutto estraneo alla circolazione iure successionis delle posizioni soggettive. L’argomento inerente alla legittimazione all’esercizio del diritto morale in esame è stato approfondito da Zaccaria, op. cit., p. 194 s.

[24] Sul tema della immaterialità del c.d. patrimonio digitale si vedano Marseglia, L’eredità digitale ed il diritto d’accesso ai ricordi del figlio, cit., p. 445 s.; Martone, Note in tema di trasmissibilità a causa di morte di «dati personali» nel moderno scenario dell’“infosfera”, cit., p. 600 s. L’argomento è stato approfondito, con riguardo al raffronto con le tradizionali categorie civilistiche, da Gorassini, Lo spazio digitale come oggetto di un diritto reale?, cit., p. 53 s.; si veda inoltre Deplano, La successione a causa di morte nel patrimonio digitale, cit., p. 452.

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[25] In tal senso cfr. Marino, Mercato digitale e sistema delle successioni mortis causa, cit., p. 67, il quale ritiene che «la diade patrimoniale/non patrimoniale, classicamente impiegata per discernere il trasmissibile dall’intrasmissibile per causa di morte, non rappresenti un efficace strumento selettivo delle situazioni soggettive devolvibili mortis causa e nella conseguente definizione del regime successorio in ambito digitale».

[26] Cfr. De Francesco, La successione mortis causa nei rapporti contrattuali: spunti interpretativi sull’art. 2 -terdecies codice privacy e sull’eredità “digitale”, cit., p. 670, secondo cui i «dati personali e le informazioni conferite dall’utente nel proprio account rappresentano dunque un complesso asset – commisto di reciproci diritti e facoltà e di elementi personali e patrimoniali non nettamente distinguibili fra loro – che certamente possono cadere in successione: in questa prospettiva riconoscere agli eredi il diritto di accedere all’account per poter recuperare i dati si pone quale logica e necessaria conseguenza». Si veda anche Barbierato, Osservazioni in tema di «eredità digitale», in Resp. civ. e prev., 2022, p. 2107 s.; Marino, Mercato digitale e sistema delle successioni mortis causa, cit., p. 64. Il tema è già stato sfiorato supra.

[27] Invece, ad avviso di Marino, op. cit., p. 222, la vicenda successoria anomala è in ogni caso ravvisabile, perché la legittimazione dell’erede in questa materia sarebbe derivata dal de cuius.

[28] Resta, I diritti della personalità, in Tratt. Bonilini, I, La successione ereditaria, cit., p. 736 s.

[29] Delle Monache, Successione mortis causa e patrimonio digitale, cit., p. 463.

[30] Cfr. Iorio, Identità digitale e trasmissione a causa di morte, cit., p. 102; Nardi, «Successione digitale» e successione nel patrimonio digitale, in Diritto delle successioni e della famiglia, 2020, p. 960 s.

[31] BGH, 12 luglio 2018, in Neue Juristische Wochenschrift, 2018, p. 3178. Segnatamente, l’accesso all’account non potrebbe ritenersi precluso né dai diritti della personalità del defunto, né dalla riservatezza delle telecomunicazioni, né infine dalla disciplina sulla protezione dei dati personali. Cfr. V. Confortini, L’eredità digitale (appunti per uno studio), in Riv. dir. civ., 2021, p. 1188 ss.

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[32] Si vedano i rilievi di Resta, La successione nei rapporti digitali e la tutela post-mortale dei dati personali, in Contr. impr., 2019, p. 91, e di Marino, Mercato digitale e sistema delle successioni mortis causa, cit., p. 170 ss.

[33] «In particolare, dal principio di universalità della successione (§ 1922 BGB) si fa discendere la conseguenza che un account di social network, al pari di tutte le altre posizioni contrattuali, è suscettibile di devoluzione e acquisto mortis causa»: Resta, op. loc. citt.

[34] È appena il caso di osservare che tale corrispondenza cartacea – ma lo stesso discorso vale con riguardo ai diari, agli appunti, alle memorie personali et similia cui fa riferimento l’art. 93, l. n. 633/41 – in quanto appartenente alla categoria delle res corporales (ex art. 810 e 812, ultimo comma, c.c.), ancorché non abbia un valore di mercato ma soltanto affettivo o morale, cade in successione, rientrando fra i beni mobili arricchenti il compendio ereditario: si veda Trib. Bergamo 19 settembre 2002, in Foro it., 2003, I, p. 2501. In detta situazione, oggetto del trasferimento iure successionis è la titolarità di cose prive di un obiettivo valore di scambio (ciò, peraltro, non significa ovviamente che esse siano del tutto prive di valore economico; un valore, per quanto modesto, è ravvisabile, come peraltro viene confermato dagli oggetti commerciati nei mercatini di cose antiche o usate). Sicché, la res in esame rileva in virtù della sua idoneità a incorporare o rappresentare un valore anzitutto extrapatrimoniale o affettivo. La situazione che viene alla ribalta pare dunque composita, perché a fronte del trasferimento delle menzionate cose a favore dei successori (testamentari o legittimi), si staglia il diritto personalissimo volto a proteggere da un lato onore e dignità dell’autore (ed eventualmente del destinatario) della chartula incorporante le espressioni del suo personalismo, dall’altro i medesimi beni della vita dei familiari. Soffermandoci su quest’ultimo lato della medaglia, è agevole scorgere l’emersione di un diritto extrapatrimoniale spettante alle persone indicate nel capoverso dell’art. 93 cit. iure proprio e non già iure successionis. In definitiva, è dato ravvisare la seguente specificità: al valore morale del bene, tutelabile iure proprio dai familiari, viene ad affiancarsi il rilievo patrimoniale del medesimo, che – come avvertimmo – astrae dal suo reale e documentabile valore di scambio. Cfr. Tuccillo, La successione ereditaria avente ad oggetto le carte, i documenti, i ritratti e i ricordi di famiglia, cit., p. 181.

[35] Si rammenti il già evocato caso della nota scrittrice di origine iraniana.

[36] Marino, Mercato digitale e sistema delle successioni mortis causa, cit., p. 171.



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