Marche, sul fronte dei rifiuti 46 milioni dal Pnrr: tutte soluzioni tampone

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ANCONA I rifiuti ci seppelliranno, recita lo slogan a effetto. No, meglio pensare che sfrutteranno la filiera dell’economia piuttosto che sollecitare gli appetiti della malavita. I caratteri roboanti dei titoli fagocitano la quotidianità e la pubblica opinione, come le cataste d’immondizia che accerchiano le città. Nell’attesa che si apra il tempo delle bonifiche, e della vera transizione ecologica, il triangolo, ormai consunto, raccolta-trasporto-smaltimento in discarica si perpetua. Accade così che, in questo interregno, il Piano regionale di gestione dei rifiuti, con gli special puntati sulla necessità di realizzare un termovalorizzatore, intercetta quello nazionale di ripresa e resilienza, in un acronimo Pnrr, per sostenere una serie di operazioni intermedie.

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Il segmento

Azione. Il punto d’incontro si materializza, lungo due linee di intervento, in 33,6 milioni di euro. Tradotto in pratica, il primo segmento di finanziamento – “ammodernamento e realizzazione di nuovi impianti di trattamento/riciclo dei rifiuti urbani provenienti dalla raccolta differenziata” – prevede un tesoretto da 19,62 milioni di euro. La geolocalizzazione delle risorse rimanda a Fermo, San Benedetto del Tronto e Offida. Nel primo caso si tratta di contributi, ovvero di 17,45 milioni, che oltre ad assecondare la mission prevedono la meccanizzazione della rete. Spostandosi sulla Riviera delle Palme e salendo su, verso il borgo delle merlettaie, con 2,1 milioni si realizzano, o si riqualificano, le stazioni di trasferenza, quei luoghi destinati a ospitare provvisoriamente il transito della spazzatura, o le strutture logistiche.

Il documento

Il passaggio obbligato è la lettura in filigrana di queste ripartizioni di traguardi&obiettivi. Della serie: il documento di Palazzo Raffaello, approvato lo scorso ottobre in giunta, passato al setaccio dei territori, ora è approdato in Commissione. Un percorso propedeutico al “visto si stampi” del Consiglio regionale. Un’epoca sospesa, questa appena descritta, che si accosta all’altra, più stringente: la normativa europea prevede che, dal 2035, meno del 10% del pattume dovrà finire in discarica. Pena: la procedura d’infrazione e le conseguenti sanzioni che la regione inadempiente deve pagare.

I territori

L’estrema sintesi è deduttiva: è inutile gettare al vento denari per creare discariche, nonostante quelle disseminate sul territorio abbiano una insufficiente capacità di smaltimento, siano già quasi sature, e il fabbisogno ne indichi una necessità pari a 2 milioni di metri cubi entro il 2028. Inevitabile scivolare sul corollario che segue: nel breve periodo questa carenza cronica comporterà la necessità di trasferire le scorie in altre regioni, con l’incremento dei costi e la Tari, la tassa sui rifiuti, alle stelle. Non è sufficiente neppure migliorare le performance sul fronte della differenziata, poiché le Marche sono già tra le più virtuose d’Italia. Voltare pagina, per squadernare principi ecosostenibili, non pare proprio una mossa agevole. Ecco allora che interviene in soccorso la seconda linea di finanziamento, che riguarda impianti per materiali assorbenti, cioè pannolini, fanghi di acque reflue, rifiuti tessili e di pelletteria. Le coordinate indicano Tolentino, Ascoli Piceno e Fermo, per un valore di 14 milioni di euro.

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Il capitolo

Altro giro, altra parabola, sempre targata Pnrr: siamo al capitolo “miglioramento e meccanizzazione della rete di raccolta differenziata dei rifiuti urbani”. I fondi richiesti, e concessi, ammontano a 13 milioni di euro: 14 progetti sono concentrati nella provincia di Ascoli e solo uno a Montefortino, nel Fermano. L’elenco è lungo e screziato: isole ecologiche, intelligenti o informatizzate; software e hardware, per ottimizzare la gestione; installazione di cassonetti condominiali con calotte per la misurazione dei rifiuti indifferenziati. Oltre al valore della creatività, le proposte restano costrette nel perimetro dei rimedi dalla scadenza obbligata, sui quali incombono il diktat europeo – quel meno del 10% di pattume in discarica dal 2035 – e il Piano regionale dei rifiuti, che concentra i riflettori sul termovalorizzatore. Particolare stuzzicante: quella parola, che scalda gli animi, è ormai un sinonimo di “inceneritore”, ed è usata solo in Italia. In Europa, e nelle norme comunitarie, è “incinerator” e basta. Per le voci a favore, oltre a smaltire tutto ciò che non è riciclato o riciclabile, attraverso la combustione produce energia che può essere destinata a fornire elettricità oppure teleriscaldamento.

Il nodo

I detrattori spingono sul fattore produzione di CO2: quella pratica immetterebbe nell’ambiente più del doppio di anidride carbonica per chilowatt/ora di quanto accada in media, oggi, con le altre fonti energetiche disponibili. In attesa che si sciolga il nodo, di certo, tra Corinaldo, Fano, Tolentino, Fermo o Ascoli, dove sarebbe previsto l’impianto, nessuno lo vorrebbe sotto casa. Ci si mette anche la politica a complicare lo scenario: il Pd che lo sostiene nel Lazio, nelle Marche indugia. Se i rifiuti non ci seppelliranno, gli scontri ideologici daranno una spallate decisiva.





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