Numerosi conti bancari mai rivelati emergono dagli archivi: le indagini di Neil Barofsky scuotono Zurigo
Una recente indagine condotta da investigatori indipendenti negli Stati Uniti ha rivelato che uno dei principali istituti bancari svizzeri, la Credit Suisse, ora parte di UBS, ha custodito informazioni cruciali su diversi conti bancari legati ai nazisti. Un archivio significativo di documenti, rinvenuto all’interno dei vecchi depositi dell’istituto bancario, che suggerisce un possibile grave insabbiamento da parte della banca elvetica durante le indagini degli anni ’90. Queste indagini portarono Credit Suisse Group e Union Bank of Switzerland (UBS) a pagare oltre un miliardo di dollari come risarcimento alle vittime dell’Olocausto. Si tratta di un lungo elenco dei conti bancari contrassegnato con la dicitura “American blacklist” (lista nera americana), designazione usata per identificare coloro che hanno avuto rapporti commerciali e finanziari con i nazisti e con i cosiddetti partner “Axis”: le imprese internazionali che hanno collaborato con il regime tedesco durante la Seconda Guerra Mondiale.
I primi segni di un insabbiamento
All’inizio degli anni ’90, si intensificarono le pressioni sulle banche svizzere affinché rintracciassero i conti bancari delle vittime dell’Olocausto. Critiche sempre più forti furono rivolte al presidente di UBS, Robert Studer, accusato di aver gestito in modo superficiale e inefficace le indagini. Poco dopo, arrivò l’accordo: le banche svizzere, Credit Suisse e Union Bank of Switzerland (UBS), accettarono di pagare 1,25 miliardi di dollari per risolvere una causa collettiva legata ai conti dormienti delle vittime dell’Olocausto e alle loro attività durante la Seconda Guerra Mondiale. Un’intesa accettata con riluttanza dalle due banche elvetiche, ma ritenuta necessaria per evitare ulteriori danni economici derivanti dall’assenza di collaborazione. Grazie soprattutto alla mediazione del giudice statunitense Edward Korman, l’accordo fu raggiunto, scongiurando il rischio di essere ulteriormente compromessi da prove che, in sede giudiziaria, avrebbero aggravato la posizione degli istituti bancari coinvolti. Tuttavia, anche se molto lentamente, qualcosa sembra finalmente venire alla luce. Potrebbero essere gli elementi a cui si riferiva il giudice Korman negli anni ’90? Al momento è difficile dirlo. Ma le recenti scoperte di Neil Barofsky, ex procuratore americano incaricato da Credit Suisse tra il 2020 e il 2021, aprono nuovi scenari molto interessanti.
Paul Volcker ha supervisionato il gruppo incaricato negli anni ’90 di trovare il valore dei conti dormienti o sacheggiati © Imagoeconomica
L’indagine sui conti nazisti
Neil Barofsky, partner dello studio legale “Jenner & Block”, ha avviato un’indagine sui conti nazisti all’interno di Credit Suisse dopo che il “Simon Wiesenthal Center”, un’organizzazione internazionale con sede a Los Angeles dedicata alla memoria dell’Olocausto, ha trovato diverse informazioni su clienti nazisti, che non erano mai state divulgate nonostante le indagini portate avanti negli anni ‘90. Poi, due anni fa è accaduto qualcosa che ha sollevato i sospetti della commissione del Senato americano: Credit Suisse ha deciso di licenziare Barofsky, interrompendo immediatamente le sue indagini sui vecchi conti bancari. Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, che ha seguito la vicenda sin dall’inizio, i dirigenti della banca elvetica hanno minimizzato le sue scoperte, accusandolo di aver oltrepassato i limiti imposti all’indagine. Fortunatamente, Barofsky è stato reintegrato alla fine del 2023, dopo il salvataggio d’emergenza di Credit Suisse da parte di UBS. In una lettera inviata al Senato americano a dicembre 2024, l’ex procuratore ha dichiarato che Credit Suisse e il nuovo proprietario UBS hanno deciso di aprire completamente i loro archivi e assegnare oltre 50 persone per supportare le indagini. Ciò che Barofsky ha scoperto poco dopo è impressionante e potrebbe, in parte, spiegare il motivo del suo licenziamento. Infatti, – secondo quanto riportato dal “Wall Street Journal” – Barofsky ha individuato “segni di un insabbiamento” orchestrato da Credit Suisse, volto a occultare informazioni cruciali sui conti legati ai nazisti.
I file e le prove dei conti segreti ritrovati da Neil Barofsky
“L’indagine ha identificato decine di individui e persone giuridiche collegate alle atrocità naziste, i cui rapporti con Credit Suisse – ha scritto Barofsky nella sua lettera alla commissione del Senato americano – non erano stati precedentemente identificati, oppure erano stati solo parzialmente ricostruiti. La piena natura del coinvolgimento della banca non è stata ancora segnalata pubblicamente”. A supporto delle sue dichiarazioni, Barofsky ha presentato al Senato americano diverse fotografie scattate nei vecchi depositi della banca a Zurigo: intere stanze colme di scatole impilate fino al soffitto, insieme a vecchi libri mastri, computer e dischi rigidi contenenti i dati dei clienti. Sepolti in questi archivi, sono state ritrovate circa 3.600 scatole contenenti informazioni sui clienti, tra cui quelli contrassegnati dal timbro “American blacklist”. Inoltre, nel corso delle indagini riprese dopo il reintegro di Barofsky, sono emersi diversi elementi che sembrano confermare il tentativo della banca svizzera di occultare prove e informazioni relative ai conti nazisti. “Alcune parti dei file – ha spiegato Barofsky – erano già state incluse in revisioni precedenti, ma non erano mai state scansionate, indicizzate o sistematicamente analizzate”. E aggiunge: “I commenti interni dei dirigenti bancari negli anni ’90 presenti su una bozza di rapporto del panel, indicavano che il documento era ‘piuttosto sterilizzato’, ma si riteneva meglio lasciarlo così com’era. L’approccio generale di Credit Suisse alle indagini esterne – ha precistato Barofsky – è stato quello di condividere solo le informazioni strettamente richieste, evitando di fornire ulteriori approfondimenti”. È inoltre emerso che Credit Suisse ha omesso di condividere molte altre informazioni chiave, comprese quelle relative a un conto bancario controllato da ufficiali delle SS naziste, appartenenti all’unità paramilitare d’élite di Adolf Hitler. Tra le scoperte figura anche un “intermediario svizzero”, la cui identità non è stata ancora rivelata.
Foto di copertina © Imagoeconomica
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