Inizia l’inversione di rotta sulle politiche ambientali e di salvaguardia dei diritti
Sostenibilità: finisce un ciclo?
L’annuncio di Meta dell’eliminazione dei programmi di fact-cheking e di diversità e inclusione , ha avuto una grande eco mediatica nei giorni scorsi. Meno visibile al di fuori dei canali specializzati, ma segno di uno stesso vento che cambia, è stata la decisione di Black Rock, colosso della gestione dei risparmi con oltre 11 miliardi di dollari di patrimonio, di uscire dalla Net Zero Asset Manager Initiative, l’alleanza degli investitori globali impegnati nel contenimento della diffusione della Co2 attraverso la diffusione di buone pratiche. A chiudere il cerchio, la FED, ovverosia la banca centrale degli USA, ha annunciato il ritiro dall’Ngfc, il network delle banche centrali e dei supervisori per la finanza verde.
L’impressione è quella di vivere la fine di un ciclo (ad essere sinceri, mai decollato del tutto). L’epoca dell’impegno per la sostenibilità e l’attenzione crescente alle persone ed al pianeta, oltre che del profitto, sembrava inarrestabile, ed invece le cose stanno andando in un’altra direzione.
La strada da percorrere sarebbe ancora (molto) lunga, tuttavia, il contesto politico vede prevalere forze disinteressate ai temi della sostenibilità e della cura dei diritti.
Voi siete qui
Non sono tanto le recenti decisioni delle imprese private a farci riflettere. Tantomeno lo sono le posizioni del nuovo presidente USA che si insedierà a giorni.
A segnare il passo del cambiamento è la giravolta che la Commissione Europea sta compiendo.
La precedente Commissione europea, almeno nella prima parte del suo mandato, si è spesa molto nella costruzione di un contesto favorevole alla crescita degli standard ambientali e di tutela dei diritti.
Il Green Deal Europeo ha giocato un ruolo importantissimo avviando la c.d. legislazione di sostenibilità, ovverosia tutte le regole che rendono o, nel caso delle norme non ancora a regime, renderanno, i prodotti immessi sul mercato più sostenibili dal punto di vista ambientale.
Eppure, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, la stessa che aveva stimolato l’avvio di questo percorso, l’8 novembre scorso, ha annunciato una proposta di modifica di tre pilastri fondamentali del Green Deal europeo attraverso una legge omnibus: la direttiva sulla dovuta diligenza in materia di sostenibilità delle imprese (CSDD), la direttiva sulla rendicontazione della sostenibilità delle imprese (CSRD) e il regolamento sulla tassonomia. Il pacchetto c.d Omnibus è atteso per la fine di febbraio.
Dividendi record e diritti: una corsa al ribasso
Il 2023 ha fatto segnato un traguardo storico di dividendi societari. Aumenti da capogiro, con l’Europa (escludendo il Regno Unito) capace di contribuire per oltre 2/5 dell’aumento globale.
Tuttavia, mentre i profitti crescono, gli investimenti necessari per rendere le catene di approvvigionamento sostenibili restano gravemente insufficienti. Le aziende europee, in tutto il mondo, attraverso le loro complesse catene di approvvigionamento, continuano a incidere su una serie di diritti umani e libertà fondamentali, tra cui i diritti del lavoro, la libertà dal lavoro forzato e il diritto a un ambiente pulito, sano e sicuro.
Studi recenti infatti mostrano come la maggior parte delle aziende di settori chiave come abbigliamento, alimentare, estrattivo e tecnologico non riescano a soddisfare le aspettative di base in materia di diritti umani.
Dall’altra parte, il 2024 è stato l’anno più caldo da quando esiste una misurazione delle temperature, e di certo le grandi aziende non sono esenti da colpa.
Eppure, nonostante i rischi di violazioni di diritti e l’impatto sull’ambiente, le misure di sostenibilità ed in particolare quelle di trasparenza delle filiere, ossia le iniziative utili a verificare che tra il prodotto che acquistiamo e la produzione dello stesso non vi siano violazioni di diritti, tornano ad essere considerate un costo ed un elemento di complessità impossibile da gestire per le aziende.
Noi di ActionAid, in qualità di membri promotori della campagna Impresa 2030, ci battiamo da tempo per tutelare la legislazione in materia di trasparenza delle filiere (anche nota come Corporate Sustainability due diligence). Legislazione che, è bene ricordarlo, è frutto di una consultazione pubblica alla quale hanno partecipato oltre 500.000 persone.
Il dito o la luna
È evidente che l’interesse non è colpire una singola misura o un pacchetto di misure, come in questo caso.
Gli standard europei in materia di sostenibilità e salvaguardia altro non sono che una delle molteplici applicazioni concrete dei diritti sanciti dal Trattato sull’UE e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE.
Sono questi diritti ad essere al centro della controffensiva. Quelli che tutelano i diritti di chi lavora ma anche quelli che garantiscono che, ad esempio nei prodotti della filiera agricola, non siano stati utilizzati pesticidi vietati e, così facendo, tutelano la salute dei consumatori e di chi nelle piantagioni ci lavora.
L’UE non dovrebbe annullare i progressi già compiuti con il Green Deal, ma incoraggiare una corsa al rialzo e proteggere i diritti umani, l’ambiente e il clima.
Cosa chiediamo
170 organizzazioni hanno reso pubblica una lettera chiedendo, in qualità di membri della società civile, di difensori dei diritti umani e dell’ambiente, di sindacati e di attivisti per il clima, alla Commissione europea di proteggere attivamente queste leggi europee sulla responsabilità delle imprese e di riaffermare le norme che regolano la responsabilità delle imprese. Confermando, inoltre, la tempistica ufficiale per il loro recepimento e la loro attuazione assicurando la massima trasparenza sul processo Omnibus.
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