Temperature in aumento, intense precipitazioni con piene e inondazioni, siccità e incendi. Da un decennio anche la Slovenia sta mostrando le conseguenze dei cambiamenti climatici in corso, con il 2024 che segna per il paese l’anno più caldo della storia
Il 2024 anche per la Slovenia è stato l’anno più caldo della sua storia. Come riporta in un suo reportage il Delo, uno dei maggiori quotidiani del paese, è la terza volta di fila che si supera il record stabilito l’anno precedente. La temperatura media ha raggiunto gli 11,3 gradi, ovvero 1,8 gradi in più rispetto a quanto rilevato nel periodo tra il 1991 e il 2020.
Non va meglio nemmeno con il mare, che non è mai stato più caldo di così con i suoi 18,6 gradi di media. Il picco è stato raggiunto a luglio e poi ad agosto, quando la temperatura dell’acqua ha superato i 30 gradi. Il risultato sono condizioni atmosferiche bloccate, con periodi inusitatamente lunghi di bel tempo, che inaridiscono la terra e favoriscono gli incendi.
Il più catastrofico della storia risale al luglio del 2022 quando in 17 giorni andarono in fiamme oltre 3700 ettari di terreno, gran parte boschivo, sul Carso a ridosso del confine italiano. Nelle operazioni di spegnimento parteciparono oltre 26mila pompieri e volontari arrivati da tutto il paese e da sette altre nazioni. Ad alimentare le fiamme il caldo, il vento e la lunga assenza di precipitazioni, ma anche le esplosioni di quasi seicento bombe, residuati bellici della Prima e della Seconda guerra mondiale. Alla fine, dai boschi andati in fiamme gli artificieri ne hanno recuperate oltre 3100 rimaste inesplose.
Quello fu l’anno della grande siccità. Le cittadine della costa rischiarono di rimanere senz’acqua. Dovette intervenire l’esercito che approvvigionò l’acquedotto del Risano trasportando l’acqua con le cisterne sette giorni su sette da fine luglio a fine agosto. All’epoca non mancarono critiche all’indirizzo dello Stato e degli amministratori locali, che non avevano provveduto a collegare il bacino idrico della Costa con quelli del resto del paese. La Slovenia è ricchissima d’acqua, ma d’estate, durante i mesi più caldi ed in assenza di pioggia, al sud si fa fatica a far fronte alle esigenze delle aziende e della popolazione.
Quello appena concluso è stato comunque un anno dove la portata dei fiumi è stata superiore alla media. Non ci sarebbe stato un significativo aumento delle precipitazioni, ma una variazione della loro intensità. Del resto, la presenza di aria più calda significa maggiore quantità d’acqua nell’atmosfera e precipitazioni che possono essere concentratissime e provocare disastri.
Nell’estate del 2023 una catastrofica inondazione ha colpito la Slovenia centro orientale. La piena dei fiumi, alimentati da improvvise piogge torrenziali, ha spazzato via edifici, ponti e strade. Si è trattato della più grande catastrofe naturale che si ricordi. Interi paesi sommersi dal fango e alcune aree sono rimaste a lungo isolate.
La risposta della popolazione è stata fantastica, alle squadre di soccorso si sono presto aggiunte decine di migliaia di volontari, che si sono messi a spalare fango e ad aiutare la popolazione a ripristinare condizioni di vita decenti. Al momento si lavora ancora per sanare i danni, ma l’alluvione è servita anche ad aprire il dibattito sul dissesto idrogeologico, dove in alcuni casi si è anche costruito in zone che teoricamente avrebbero dovuto essere considerate alluvionali.
Per decenni nulla è successo, ma i cambiamenti climatici hanno portato i nodi al pettine. Sulla costa c’è chi riflette su quello che potrebbe succedere se dovesse innalzarsi il livello del mare.
A Pirano, Isola e Capodistria l’alta marea già oggi non manca di invadere sempre più spesso gli scantinati al pianoterra ed i sistemi di difesa sono ancora carenti. In montagna invece la neve scarseggia dove il ghiacciaio del Tricorno, la montagna simbolo per gli sloveni, è praticamente scomparso, mentre i centri sciistici arrancano per far funzionare gli impianti.
Intanto si assiste a fenomeni mai visti prima. Un paio d’anni fa un vero e proprio tornado si è abbattuto su Bistreza una cittadina della Slovenia sud orientale a ridosso del confine croato, mentre grandinate, forte vento ed altri fenomeni atmosferici estremi sono stati registrati anche in altre parti del paese.
Che le cose non stessero andando bene lo si era capito già un decennio prima, quando nel 2014 una eccezionale gelata accompagnata da allagamenti mise in ginocchio la parte nordoccidentale del paese. Distrutti ettari ed ettari di bosco, ma anche molti tralicci della rete elettrica, con vaste zone rimaste al buio e al freddo. Ci volle tempo per riparare il tutto, intanto alla popolazione vennero forniti generatori di corrente per far fronte all’emergenza.
Sul fronte della tutela ambientale sarebbe comunque ingiusto dire che non si sta facendo nulla. Il governo si è posto l’obiettivo di arrivare entro il 2050 alla neutralità climatica, cioè, vorrebbe equilibrare le emissioni di gas serra con quello che la natura può riassorbire.
Dal 2005 al 2023 l’emissione di gas nocivi è stata ridotta del 29%. Miglioramenti si registrano praticamente in tutti i comparti ad eccezione di quello dei trasporti, dove invece gli scarichi sono aumentati notevolmente. Il paese non sta ancora andando verso l’elettrico.
Dopo l’iniziale entusiasmo la percentuale di auto elettriche vendute è in diminuzione. Ad ottobre si è registrato un calo del 77% rispetto a quelle comperate allo stesso mese dell’anno precedente. Gli esperti non hanno dubbi e dicono che l’auto elettrica sarà il futuro anche in Slovenia.
Inizialmente, anzi sembrava che questa strada fosse stata imboccata con decisione. Finito l’appassionamento iniziale ci si è presto resi conto però che questo tipo di veicolo è ancora troppo caro e che il paese non offre l’adeguata infrastruttura per la ricarica.
Le sovvenzioni aiutano, ma non abbastanza e quindi questa scelta continua a rimanere quella di una d’élite, almeno sino a che sul mercato non arriveranno modelli più piccoli e convenienti. Questo però non è un problema che riguarda soltanto la Slovenia.
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