un’eredità che non si può dimenticare

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Alle celebrazioni di questi giorni mancano il coraggio burbero e l’onestà intellettuale del celebrato. Nell’ergersi a campione della democrazia minacciata dal populismo, Craxi ha dato la stura a un populismo cinico e amorale. Un’eredità che non si può tacere, con tutto il rispetto per la sua fine drammatica

Nelle celebrazioni di Craxi cui stiamo assistendo in questi giorni manca il coraggio burbero e l’onestà intellettuale del celebrato. Onesto e sgradevole Craxi fu, per esempio, quando parlando il 14 maggio 1984 al Congresso PSI di Verona commentò così i fischi rivolti dai militanti socialisti a Enrico Berlinguer tre giorni prima: «So bene che non ci si indirizzava a una persona, ma a una politica, che noi giudichiamo profondamente sbagliata, e se i fischi erano un segnale politico che manifestava contro questa politica io non mi posso unire a questi fischi solo perché non so fischiare».

Nella politica di Berlinguer che Craxi e i suoi giudicavano profondamente sbagliata c’era il disegno di un’alleanza con la Democrazia cristiana, o almeno con alcune sue parti, e l’attenzione sulla questione morale, che era al centro della famosa intervista a Scalfari del 1980. Tutte cose che si dovrebbero ricordare oggi, dalle parti del cantiere intento a costruire il centro cattolico del Pd.

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Onesto e brutale Craxi fu nel discorso del 1992, quello sul vuoto politico ricordato su queste pagine da Marco Damilano. L’onestà non stava, però, solo nella chiamata in correità dell’intero arco parlamentare, che a molti piace ricordare. Stava anche e soprattutto nel tipo di visione delle relazioni fra etica e politica che Craxi delineava in quel discorso. Per lui, la crisi morale dei partiti al governo, una crisi messa in luce soprattutto dai procedimenti giudiziari per corruzione, creava pericoli per la democrazia: «Un finanziamento irregolare ed illegale al sistema politico, per quanto reazioni e giudizi negativi possa comportare e per quante degenerazioni possa aver generato, non è e non può essere considerato ed utilizzato da nessuno come un esplosivo per far saltare un sistema, per delegittimare una classe politica, per creare un clima nel quale di certo non possono nascere né le correzioni che si impongono né un’opera di risanamento efficace, ma solo la disgregazione e l’avventura». 

Le questioni etiche, insomma, vanno risolte, ma isolandole dalla politica, secondo Craxi. Non hanno valore o significato politico. Darglielo significa disgregare il sistema politico democratico e aprirsi ad avventure autoritarie. Da un lato, Craxi diceva una cosa giusta, cioè denunciava l’uso distruttivo che il populismo può fare, ha sempre fatto e avrebbe fatto a partire da quegli anni, della critica morale ai politici. Dall’altro, però, egli trascurava la rilevanza democratica che una corretta critica morale della politica può avere. Lo faceva per giustificare quello che non si poteva giustificare allora e non mi pare si sia giustificato oggi, nonostante i prezzi anche personali pagati da Craxi e dalla sua famiglia e il notevole coraggio dell’uomo.

Che la politica debba essere finanziata è una necessità soprattutto in democrazia, per evitare che solo gli abbienti possano essere eletti e influenzare gli eletti. Per questo abolire o limitare il finanziamento alla politica è una risposta sbagliata, che porta al populismo oligarchico che vediamo dispiegarsi oltre Oceano.

Etica e democrazia

Ma la trasparenza assoluta del finanziamento e l’accountability dei politici sono parimenti importanti per la democrazia, se non di più. In altre parole, se il finanziamento è occulto e deviato, se i finanziatori non sono noti e i contributi finiscono nei patrimoni personali dei politici si ha un’ingiustizia non solo morale, ma anche politica. Anzi, si ha un’ingiustizia morale – una menzogna, un uso privato della cosa pubblica, per fini abietti – che ha significato politico, perché costituisce un’interruzione della fiducia e della rappresentanza democratiche.

La contrapposizione fra democrazia ed etica pubblica o fra primato della politica e moralismo è falsa: la democrazia necessita di etica pubblica, cioè di rispetto per la verità, di trasparenza, di imparzialità. Nel mescolare così torbidamente le acque, nell’ergersi a campione della democrazia minacciata dal populismo, Craxi ha combattuto un presunto populismo moralista dando la stura, come si è visto, a un populismo cinico e amorale, che ha inquinato pesantemente la vita pubblica del nostro paese. Lo ha fatto con onestà e chiarezza, ma ha commesso un errore, teorico e morale. È questa un’eredità che non si può dimenticare, né si deve tacere, con tutto il rispetto per la fine drammatica, le sofferenze personali e gli eventuali meriti politici dell’uomo. Se non si ricorda quest’eredità, e se ne prende le distanze, sarà difficile chiedere le dimissioni di Santanchè, per esempio, o giudicare i mille conflitti di interessi e le enormi mancanze di trasparenza di questo governo. Il plauso di Tajani e La Russa alla memoria di Craxi sono atti interessati e pelosi. Può avere senso politico non allinearsi a loro.

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