Dopo le sentenze della Cassazione che hanno annullato le multe per mancanza di omologazione, arrivano le «linee guida» ai prefetti per resistere in giudizio. Ora un tavolo tecnico e nuove procedure per evitare perdite milionarie e ricorsi in massa
La diatriba sulla validità delle multe rilevate con gli autovelox si arricchisce di un nuovo capitolo. Al centro di tutto, c’è quella che dovrebbe essere una sottigliezza tecnica, ma che si è trasformata in un nodo gordiano il 19 aprile scorso, quando la Corte di Cassazione ha stabilito che i verbali per eccesso di velocità non sono validi se gli apparecchi utilizzati erano approvati ma non omologati. Per gli Ermellini, infatti, approvazione e omologazione non sono sinonimi: la prima certifica la conformità del dispositivo alle norme, mentre la seconda prevede un controllo più approfondito. Una sentenza «storica», perché nessun autovelox in Italia risulta omologato: manca proprio il decreto che indichi chiaramente la procedura da seguire. Tradotto: migliaia di automobilisti, da aprile, hanno promosso ricorsi per annullare le sanzioni, sperando di farle dichiarare carta straccia. La Suprema Corte, tra l’altro, ha ribadito questa posizione anche in due successive sentenze, ribaltando il parere del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che, nel 2020, aveva affermato come approvazione e omologazione fossero sostanzialmente equivalenti. Di fronte al «terremoto» provocato dalla sentenza, però, molti Comuni avevano deciso di «spegnere» le apparecchiature di rilevamento della velocità per evitare di finire in centinaia di contenziosi.
La circolare e i ricorsi
Ed è qui che interviene il documento del Viminale ai prefetti richiamando un parere ricevuto dall’Avvocatura dello Stato, lo scorso 18 dicembre, secondo cui gli enti locali possono resistere in giudizio contro gli automobilisti, sostenendo «la piena omogeneità tra le due procedure, di omologazione e di approvazione». Un principio che l’Avvocatura invita a suffragare con documenti mai esaminati dalla Corte, in quanto non prodotti nei giudizi già conclusi. La strategia suggerita è chiara: va depositato anche «il decreto di approvazione dello specifico strumento di rilevazione indicato nel verbale di accertamento e, soprattutto, eventuali decreti di omologazione di strumenti, altri e diversi da quelli volti a verificare il superamento dei limiti di velocità».
Le reazioni e il tavolo
«Questa circolare è una notizia certamente positiva – spiega Luigi Altamura, comandante della polizia Locale di Verona e componente per Anci in Viabilità Italia – perché il ministero dell’Interno obbliga le prefetture a difendere i verbali prodotti da tutti gli organi di polizia stradale che usano gli apparecchi di controllo velocità, con un modello di memoria e ribadendo quanto già scritto dal ministero dei Trasporti con la parificazione delle procedure di omologazione e approvazione. Ora attendiamo il decreto sull’omologazione a cui si sta lavorando anche al tavolo interistituzionale Mit-Anci». La circolare, inoltre, annuncia l’istituzione di un tavolo tecnico con rappresentanti del Ministero dell’Interno, dell’Anci e dell’Avvocatura Generale dello Stato. L’obiettivo dichiarato è uniformare le procedure per l’approvazione e l’omologazione degli strumenti di rilevazione della velocità. La finalità è evitare il ripetersi di simili controversie ma le conseguenze sono già in atto con centinaia di verbali che sono sul tavolo dei giudici italiani. Cosa accadrà se le sezioni della Cassazione continueranno a ritenere, malgrado questa circolare, che omologazione e approvazione non siano la stessa procedura? Le amministrazioni locali potrebbero perdere milioni di euro di entrate derivanti dalle sanzioni, con ripercussioni dirette sui bilanci.
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