Banche europee: quest’anno 123 miliardi di dividendi e buyback

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Nel 2025 le banche europee potrebbero restituire quasi 123 miliardi di euro ai loro azionisti sotto forma di dividendi e buyback per il secondo anno consecutivo. È quanto hanno calcolato gli analisti di UBS, secondo cui gli istituti di credito pagers ben 74,4 miliardi di euro di dividendi e 49 miliardi di euro in riacquisti azionario nel corso della stagione delle trimestrali.

A favorire la generosa politica delle banche sono i profitti eccezionali ottenuti durante il periodo in cui i tassi di interesse sono stati aumentati dalla Banca centrale europea e la necessità di compensare gli azionisti dopo che i pagamenti erano stati tagliati durante la pandemia.

Per oltre un decennio, le aziende di credito hanno sofferto i tassi estremamente bassi imposti a seguito della grande crisi del 2008 per risollevare un’economia europea moribonda. L’impennata dell’inflazione nel 2022 ha costretto la BCE a una serie di strette che hanno incrementato la redditività netta da interessi delle banche europee. Questo perché gli istituti hanno adeguato i tassi più alti ai prestiti alle imprese e ai mutui alle famiglie molto più rapidamente di quanto hanno fatto con i depositi dei risparmiatori.

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L’arrivo del Covid-19 aveva indotto l’autorità monetaria a suggerire lo stop alle remunerazioni degli azionisti, in un contesto in cui l’economia in ginocchio avrebbe potuto infliggere un colpo letale al sistema finanziario dell’eurozona. Tuttavia, proprio in quel momento è venuta fuori la solidità della struttura bancaria del Vecchio continente. Così le banche hanno aspettato il momento propizio per restituire denaro ai soci.

 

Banche europee: ecco chi remunera di più

Stando alle previsioni di UBS, la banca europea che distribuirà i maggiori pagamenti agli azionisti è il colosso britannico HSBC con 19,3 miliardi di euro. Il denaro sarà così ripartito: 11 miliardi in dividendi; 8,3 miliardi in buyback. A seguire troviamo la più grande banca francese, BNP Paribas, con 11,6 miliardi di euro, suddivisi tra 5,5 miliardi di cedole e 6,1 miliardi di riacquisti. In terza posizione si colloca l’italiana Unicredit, che pagherà ai suoi azionisti 8,8 miliardi di euro tra dividendi (3,2 miliardi) e buyback (5,6 miliardi). L’istituto guidato da Andrea Orcel stacca di poco l’olandese ING, che restituirà 7,9 miliardi di euro sotto forma di dividendi per 3,9 miliardi e riacquisti per 4 miliardi. La spagnola Santander è la quinta del blocco con 5,6 miliardi di pagamenti distribuiti equamente tra cedole e buyback. Intesa Sanpaolo e BBVA verseranno solamente dividendi e seguono in classifica rispettivamente con una cifra di 5,5 e 3 miliardi di euro.

 

Vanno comprate le azioni?

Attratti dalle remunerazioni, gli investitori potrebbero indirizzarsi verso le azioni delle banche europee. Il dubbio è se i pagamenti eccezionali saranno sostenibili in una fase in cui le Banche centrali stanno tagliando i tassi di interesse e mettendo così sotto pressione il margine netto di intermediazione delle aziende di credito.

A giudizio di Jérôme Legras, managing partner di Axiom Alternative Investments, le banche continueranno a pagare dividendi e buyback perché l’effetto dei tassi in discesa sarà compensato da quello derivante dai minori costi di deposito e dalle commissioni più elevate, in particolare per le banche con forti attività nella gestione patrimoniale e nell’investment banking.

Tuttavia, c’è un aspetto che fa riflettere, ossia il fatto che le valutazioni delle banche europee in Borsa sono più basse rispetto a quelle delle banche americane. Ciò potrebbe derivare dalle preoccupazioni che la deregolamentazione degli Stati Uniti sotto la presidenza di Donald Trump finisca per rendere meno competitivi gli istituti del Vecchio continente, anche nel loro territorio.

Un monito in tal senso è stato lanciato dall’amministratore delegato di Unicredit, Andrea Orcel, al World economic forum di Davos. “Al momento, l’aspettativa è che gli Stati Uniti saranno molto più avanti dell’Europa in termini di minore regolamentazione. E dato che le banche statunitensi operano in Europa, questo ci metterà in una posizione di svantaggio competitivo”, ha detto.

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