dal Louvre nessun appello per trovarle un posto

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Categorie: Opinioni / Argomenti: GiocondaLeonardo da VinciLouvreMusei

L’idea di ospitare la Gioconda in Lombardia lanciata dall’assessora alla cultura? Senza senso: il Louvre non ha lanciato alcun appello per trovare una sede alternativa per il capolavoro di Leonardo da Vinci.

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Siamo seri: non esiste alcun appello per la ricerca d’una collocazione diversa per la Gioconda, come ha fatto intendere stamattina, in una nota, l’assessora alla cultura della Regione Lombardia, Francesca Caruso. Nessuno, al Louvre, s’è ancora sognato di chiedere aiuto, a maggior ragione all’estero, per cercare qualche soggetto che si faccia carico d’ospitare la Gioconda. L’idea dell’assessora, diffusa attraverso una nota e rilanciata stamani da un gran numero di testate, è quella di “ospitare questa opera che rappresenta al meglio l’arte e la cultura italiana ed è un patrimonio dell’intera umanità”, “in attesa delle decisioni del governo francese in merito a spostamenti o ristrutturazioni”.

L’assessora Caruso, pronta ad accogliere appelli immaginari, ritiene che l’eventuale ospitalità “avrebbe un significato ancor più forte se proiettata in vista delle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026. Sarebbe il miglior mondo per rendere fruibile questo splendore del genio italiano al grande pubblico che verrà in Lombardia e deciderà di visitare le opere di Leonardo da Vinci in quello che amo chiamare ‘circuito vinciano’”. Non si comprende quale legame dovrebbe avere la Gioconda con le Olimpiadi invernali del prossimo anno, né si capisce perché la Regione Lombardia, anziché promuovere quello che ha già sul territorio, dovrebbe radunare folle attorno a un feticcio andando peraltro contro la direzione auspicata dalla stessa direttrice del Louvre, Laurence des Cars: il problema, secondo Des Cars, è che l’opera, “elevata allo status d’icona, esercita un fascino che non si è affievolito nel corso dei decenni”, e che a causa di questo “fervore popolare, il pubblico accorre in gran numero alla Salle des États senza che vengano fornite le chiavi per comprendere l’opera e l’artista, mettendo così in discussione la missione di servizio pubblico del museo”.

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Leonardo da Vinci, La Gioconda (1503-1513 circa; olio su tavola, 77 x 53 cm; Parigi, Louvre)

L’idea di fare promozione territoriale attraverso una delle opere più famose del mondo, oltre a essere vetusta e superata (oggi qualunque ente turistico che sa d’avere un feticcio sul proprio territorio tende a voler promuovere semmai il patrimonio meno considerato), non terrebbe neppure conto del fatto che l’eventuale esibizione della Gioconda è contraria a qualunque buona pratica culturale moderna. Perché questo sarebbe l’esposizione del dipinto fuori da una cornice solida, fuori da una mostra di robusto impianto scientifico (ed è difficile immaginare una nuova mostra di Leonardo a soli sei-sette anni dalla sbornia leonardesca del 2019, dell’anno del cinquecentenario, quando s’è detto pressoché tutto quel che c’era da dire e quando s’è esposto tutto l’esponibile): un’esibizione, niente più. Legittima solo se ritiene che le opere d’arte siano fenomeni da baraccone.

Non solo: proporre la Lombardia come sede temporanea per la Gioconda dimostra anche una sostanziale negligenza delle vicende del Louvre. Chi segue le vicissitudini del museo francese (e nel novero dovrebbe teoricamente rientrare anche chi s’occupa di musei per mestiere o per incarico) sa che il Louvre sta pensando da tempo di ricollocare il dipinto di Leonardo da Vinci. Ma non in una sede a caso: ad aprile scorso, Laurence des Cars faceva sapere che il museo sta prendendo in considerazione l’idea di spostare il dipinto in una sala dedicata, sempre all’interno del Louvre. Una sala che bilanci lo status d’icona globale assunto dalla Gioconda con le esigenze del pubblico che intende vedere senza grossi intoppi i dipinti ora conservati nella Salle des États, la cui visione è resa difficile, alle volte pressoché impossibile, dalle folle che assediano il ritratto di Leonardo da Vinci. Non si parla tanto delle Nozze di Cana del Veronese, quanto piuttosto dei dipinti disposti lungo le pareti laterali della sala: vedere bene quelli più vicini alla Gioconda è impresa non da poco.

Difficile immaginare un Louvre che si privi del suo dipinto più famoso in attesa dei lavori che dovrebbero portare al completamento della nuova sala. Che l’opera verrà spostata, sembra essere ormai fuori discussione: nel frattempo, tuttavia, non si capisce perché la Gioconda dovrebbe lasciare il Louvre. Più facile invece immaginare i risultati più concreti che otterranno le dichiarazioni dell’assessora Caruso: qualche titolo sui giornali, qualche tweet o qualche post dei buzzurri convinti che una eventuale esposizione della Gioconda in territorio italiano ci sia dovuta, qualcuno che le dirà che la sua idea non ha senso, che non è niente più di un tentativo per raccogliere populisticamente il consenso di chi mal tollera l’idea che ci siano opere italiane in terra francese. Si lasci allora in pace la Gioconda. Ci sono argomenti più seri.

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Federico Giannini

L’autore di questo articolo: Federico Giannini

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Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Al suo attivo anche docenze in materia di giornalismo culturale (presso Università di Genova e Ordine dei Giornalisti), inoltre partecipa regolarmente come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).





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