Fratture da fragilità, convegno Iss: “Causano 100mila ricoveri e 10 miliardi di spesa l’anno”

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Roma, 24 gennaio – Come è ben noto, l’aumento dell’aspettativa di vita e l’invecchiamento della popolazione nel nostro Paese hanno prodotto una vera e propria transizione epidemiologica nel  panorama delle patologie emergenti: da una situazione in cui erano prevalenti le malattie infettive e carenziali, si è passati a una preponderanza di quelle cronico-degenerative. E in Italia, così come nei Paesi più ricchi, il maggior carico di malattia (noto nella letteratura internazionale come Gbd, global burden of disease), misurato in anni di vita aggiustati per disabilità (Daly disability-adjusted life years), è attribuibile alle patologie cardio e cerebrovascolari e ai disturbi neuropsichiatrici, tra cui la depressione, la malattia di Alzheimer e le altre forme di demenza, che sono poi quelle di cui comprensibilmente più si parla.

Capita così che problemi sanitari non meno rilevanti e “pesanti” da gestire anche sul versante delle conseguenze sociali ed economici, finiscono per rimanere in penombra. Accade, ad esempio, alle fratture da fragilità, quelle cioè dovute a un indebolimento dell’osso (causa prima l’osteoporosi), di cui poco si parla pur essendo un problema importante per la sanità pubblica, proprio in ragione del loro crescente peso sociale ed economico.

Il tema è stato affrontato nel corso del convegno L’impegno italiano per le fratture da fragilità, organizzato dall’Istituto superiore di sanità in collaborazione con l’Osservatorio Fratture da fragilità (Off Italia), durante il quale sono stati affrontati i temi dell’epidemiologia e della prevenzione del fenomeno e si è discusso dell’utilità dell’istituzione di un monitoraggio dedicato, che possa sfociare eventualmente in un registro ad hoc.

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“Le fratture da fragilità che interessano la popolazione di età avanzata e i pazienti affetti da malattie rare dell’osso rappresentano un serio problema di salute nella popolazione italiana” ha sottolineato il presidente dell’Iss Rocco Bellantone (nella foto). “Attualmente, si stima che le fratture da fragilità possano impattare sulla spesa sanitaria del nostro Paese per un importo di circa 10 miliardi di euro all’anno con un possibile trend in crescita legato all’invecchiamento”.

Ogni anno 100mila ricoveri per fratture del femore

Secondo uno studio presentato durante il convegno il 4% della popolazione italiana è in una condizione di fragilità, una percentuale che aumenta con l’età, al punto che oltre il 50% degli over 65 è considerato ‘pre-fragile’. I siti principali per le fratture da fragilità sono polso, omero, vertebre e femore, e in particolare queste ultime sono tra quelle più debilitanti e pericolose. Uno studio sulle schede di dimissione ospedaliera ha rilevato che ogni anno sono circa 100mila i ricoveri per fratture del femore negli over 65 in Italia. Il dato è risultato in forte in crescita dal 2001 al 2015, mentre dopo questo periodo i valori sono stabili (con l’eccezione di un calo negli anni del Covid), un fenomeno che potrebbe essere associato a una maggiore sensibilità nell’adottare misure di prevenzione.

Dallo stesso studio emerge anche che se il numero assoluto è costante, l’incidenza, cioè il numero di fratture su 100mila abitanti, è in calo: per gli over 80, le fratture sono passate da 2500 a 1500 tra il 2001 e il 2023. Il trattamento tramite dispositivi (protesi o fissazione) è l’opzione preferita, continua a crescere e copre circa l’85% dei casi nel 2023. Proprio a proposito dei farmaci, è stato presentato uno studio basato sul rapporto Osmed dell’Aifa che registra una percentuale significativa di bassa aderenza alle terapie, superiore al 10% negli uomini e più bassa, poco sopra il al 6%, nelle donne.

“Il problema delle fratture da fragilità è importante da sempre. Non esiste famiglia italiana che non sia stata toccata dalle conseguenze di una frattura da fragilità in un familiare” sottolinea Maria Luisa Brandi (nella foto), presidente dell’Osservatorio sulle fratture da fragilità. “Il problema emerge oggi perché siamo arrivati ad avere i famosi baby boomers che si fratturano. E sono tanti e continueranno ad aumentare nel prossimo decennio. Eppure la frattura di femore sarebbe l’evento cronico in età avanzata più prevedibile. Basterebbe usare quanto a nostra disposizione. Lo abbiamo scritto nelle linee guida ma la continuità assistenziale dopo una frattura da fragilità la vediamo in meno del 20% dei casi”.

Verso un registro nazionale per le fratture da fragilità

Nel corso del convegno sono stati presentati gli obiettivi della possibile collaborazione tra Iss e Off Italia al fine di esplorare la fattibilità del registro delle fratture da fragilità. Le finalità del registro riguarderebbero una migliore codifica della patologia, la definizione della sua natura e storia naturale e il suo monitoraggio, al fine di intervenire nel migliore dei modi per la sua prevenzione e trattamento.

“Il registro, oltre ad aiutare meglio l’entità del fenomeno nel nostro Paese, può essere un formidabile strumento programmatorio che consentirà anche di misurare l’efficacia degli interventi messi in campo e capire come aiutare al meglio i pazienti”  ha detto il direttore generale dell’Iss Andrea Piccioli (nella foto). “Certamente nel futuro si svilupperanno tecniche sempre meno invasive e il soggiorno in ospedale diventerà sempre più breve. La multidisciplinarietà sarà una delle chiavi di volta di questo sviluppo del futuro”.

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Per la costruzione del registro si può partire dal lavoro già fatto. “Il Registro italiano ArtroProtesi raccoglie nelle regioni partecipanti i dati delle fratture di femore trattate con protesi che rappresentano mediamente il 30% di tutte le fratture di femore”  ha spiegato Marina Torre, responsabile scientifica del Registroitaliano protesi impiantabili (Ripi). “Abbiamo progettato il registro Ridis che raccoglierà le fratture vertebrali. Con un adeguato rafforzamento, questa infrastruttura potrebbe essere la base per un’ipotesi di futuro Registro delle fratture da fragilità. L’approvazione dei regolamenti e un’adeguata infrastruttura informatica sono indispensabili per assicurare la piena operatività dei registri sull’intero territorio nazionale”.



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